Quando Lea Massari scoprì il lato irritante di Mel Ferrer
- Vice
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Aggiornamento: 8 ore fa
Gli esordi della carriera dell'attrice scomparsa lunedì scorso
di Vice

Lea Massari, interprete raffinata di una cinquantina di pellicole e di popolari sceneggiati televisivi negli anni Settanta, è morta ieri l'altro, lunedì 23 giugno, nella sua casa di Roma. Era lontana dai teatri di posa da circa un trentennio. Ma con lei il cinema italiano perde un'icona, un volto amato e soprattutto ammirato per la signorilità e il suo garbo recitativo. La notizia è stata data dal quotidiano Il Messaggero a funerali avvenuti, secondo la volontà dei famigliari. Dopo le esequie nella cattedrale di Sutri (Viterbo), la salma è stata tumulata nel cimitero comunale, dove la famiglia possiede una cappella. Lea Massari aveva cominciato la sua carriera nel 1954, dopo alcune esperienza da indossatrice attraverso lo scenografo e comunista, amico di famiglia, Piero Gherardi, colui che l'avvicinerà al cinema.
Fu tutt'altro che tranquillo l'inizio dell'avventura nel cinema di Lea Massari, l'affascinante e brava attrice morta lunedì scorso a pochi giorni dal suo 92° compleanno (era nata a Roma il 30 giugno 1933). A ricordarlo, anni dopo, in un quadro di simpatica aneddotica, fu il regista che la diresse al debutto, Mario Monicelli. Fu lui a volerla nel 1954 sul set del film Proibito (foto in primo piano), tratto dal romanzo La Madre di Grazia Deledda, catapultandola in mezzo a due attori di rilievo: Amedeo Nazzari, divo degli anni Trenta e Quaranta, reduce dai successi commerciali dei melodrammatici Catene (1949), Tormento (1950) e I figli di nessuno (1951) e l'americano Mel Ferrer, attore, regista, produttore, ma soprattutto gasatissimo per il suo imminente quanto segreto matrimonio con la oramai diva Audrey Hepburn, che l'anno prima aveva girato a Roma Vacanze Romane con Gregory Peck, con il destino segnato da un esercito di futuri innamorati per Colazione da Tiffany.
E fu proprio il futuro marito della diva "gonfio e tronfio di superbia", come lo descrisse Monicelli, a comportarsi in maniera sgradevolissima con l'appena ventunenne Lea Massari, nata Anna Maria Massatani, nome d'arte Lea adottato in memoria del fidanzato Leo, morto in tragiche circostanze a pochi giorni dalle nozze. Una ferita mai rimarginata per una storia d'amore dichiarata sempre con estremo pudore e con la riservatezza che l'avrebbe caratterizzata per tutta la vita. Dal set di Proibito, nonostante l'inesemplare comportamento di Mel Ferrer, la neo attrice uscì convinta di essere sui binari giusti di una carriera che non le avrebbe negato soddisfazioni in Italia e all'estero, in questo caso con un un ritorno all'adolescenza trascorsa in giro per l'Europa dietro al padre ingegnere.
Nel 1955, la chiama Renato Castellani. Non uno qualunque, ma uno dei registi tra i più quotati a Cinecittà. Precursore del "neorealismo rosa", come è stato definito, vanta un Premio ex equo al festival di Cannes del 1952 con Due soldi di speranza e il Leone d'oro al Festival di Venezia con Giulietta a Romeo. A Lea Massari, affida il ruolo di protagonista insieme con l'esordiente Enrico Pagani, atleta di vertice dell'Olimpia Milano e della Nazionale italiana di pallacanestro, ne I sogni nel cassetto, un film cui il pubblico non fa regali al botteghino, ma che guardato in retrospettiva è anticipatore dei cambiamenti prossimi della società italiana e delle ribellioni giovanili.

Monicelli, Castellani, nel 1960 è Michelangelo Antonioni, il "padre" dell'incomunicabilità, a portare Lea Massari nel ruolo di Anna (nella foto a sinistra), un'interpretazione che le rimarrà cucita addosso per l'inquietudine che rimanda, sullo schermo de L'avventura. E' il primo film della trilogia sull'incomunicabilità cui seguono La notte e l'Eclisse, con cui il regista scrive una pagina nuova e a tratti incompresa del cinema italiano, dopo la stagione del Neorealismo e della sua parabola discendente; trilogia all''interno della quale cresce la bravura e la notorietà, insieme con il loro rapporto sentimentale, di Monica Vitti.
Nello stesso anno, Lea Massari gira con Mauro Bolognini La giornata balorda e nel 1961 con Sergio Leone per il genere peplum Il Colosso di Rodi. Ma è con Una vita difficile, film diretto da Dino Risi, non ancora il regista de Il sorpasso, che la bellezza di Lea Massari diventa folgorante, senza per questo ledere la sua bravura che riesce a farsi strada con naturalezza e discrezione in una sceneggiatura declinata nella sua costruzione anche ideologica sul personaggio di Silvio, cui Alberto Sordi restituisce una dimensione superba nell'esprimere la doppiezza umana e le contraddizioni dell'epoca. Per Una vita difficile Lea Massari è premiata con uno speciale David di Donatello, stesso premio che riceve per il film I sogni muoiono all'alba di Mario Craveri, Enrico Gras e Indro Montanelli, tratto da una pièce teatrale dello stesso Indro Montanelli sull'insurrezione a Budapest del 1956.
Gli anni Sessanta e la prima parte degli anni Settanta sono il perimetro professionale in cui Lea Massari ha dato il meglio di sé, anche con ripetute recitazioni in Francia, recitando accanto a grandi attori, da Jean Sorel ad Alain Delon, Jean-Paul Belmondo, Michel Piccoli, Gian Maria Volonté, e sotto la direzione di grandi registi. Su tutti Valerio Zurlini, che dopo l'infelice esperienza de Le soldatesse (1965) sotto il profilo delle relazioni interpersonali tra le attrici (sul set accadde di tutto, "antagonismi, odi, gravidanze, matrimoni", sono parole del regista), ma che non incise sul valore del film, accolto anzi come uno dei rari film storici onesti nel raccontare la repressione delle truppe italiane nei territori occupati durante la Seconda guerra mondiale, le chiese di interpretare nel 1972 La prima notte di quiete, protagonista Alain Delon, che le fece conquistare il primo dei suoi due Nastri d'argento.
Dal cinema al teatro e alla televisione (fu la Monaca di Monza ne I Promessi Sposi di Sandro Bolchi), in un triangolo di successi, tuttavia Lea Massari coltivò sempre la tendenza alla discrezione, preservando il suo privato da gossip e da cronache mondane ad uso e consumo di facili pettegolezzi, fino al definitivo ritiro dalle scene all'inizio degli anni Novanta. E in un'intervista sgombrò il campo da illazioni di risulta, ribadendo di non avere mai avuto flirt e relazioni amorose con colleghi. Uno stile a misura di una grande donna.
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