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Punture di spillo: Torino, “no al predissesto”

a cura di Pietro Terna|


La città di Torino è in difficoltà per molte ragioni e soprattutto per la simultaneità di molti dei problemi che la affliggono. Proviamo a metterne a fuoco alcuni, ben sapendo che di fronte a situazioni di grande complessità non esistono risposte semplici; tantomeno, semplicistiche.

Il primo problema lo si misura facilmente con una passeggiata nelle vie commerciali e osservando le tante serrande abbassate in pieno giorno. Non è un problema che ha colpito solo Torino e l’Economist di questa settimana titola1 “Future of cities – The true cost of empty offices”. La riduzione delle attività e il lavoro da casa hanno svuotato le città. Tanti lavori, già di per sé non solidissimi, sono svaniti, dimostrando la poca consistenza delle previsioni sulla moltiplicazione dei posti di lavoro2nei servizi a basso valore aggiunto per effetto della crescita dell’high tech.

Per Torino, il problema è molto aggravato dalla grande decrescita del comparto automobilistico, accompagnata dalla chiusura di molte attività produttive in altri comparti e dalla riduzione dell’occupazione tradizionale nelle banche e nelle assicurazioni. Fisiologia e patologia: fisiologia, perché i fenomeni di ridimensionamento sono comuni a tutto il mondo occidentale; patologia, perché il terziario innovativo invece cresce altrove, con nuovi lavori richiesti, e perché la dimensione dell’auto era tanto massiccia da generare la cosiddetta company town. Questo ultimo aspetto si è presentato chiaramente a Detroit, dove però una reazione3 è via via emersa, con un notevole contributo della politica cittadina.La formazione della struttura economica della nostra città, con la crescita accelerata degli anni ’60 e ’70 e ancora, sia pur rallentata, degli anni ’80, ha prodotto un’intrinseca fragilità. Una città, come agglomerato di persone, produce molte merci e sevizi per l’uso locale, ma molti altri beni li deve acquistare dall’esterno. Se quell’agglomerato di persone si dedica prevalentemente alla produzione di un bene durevole (l’automobile, per Torino), con il 99% degli acquirenti all’esterno, si determina un grandissimo interscambio di beni. È facile comprendere che, sparendo quella produzione, ma restando la popolazione che traeva da essa il sostegno economico, si presenta un problema gigantesco di riconversione. Torino, pur con molte difficoltà, grazie alla crescita di attività nell’informatica, nei servizi ad alto valore aggiunto e di interesse non solo locale, alle manifestazioni artistiche, al turismo, alla formazione superiore con la presenza di una popolazione di studenti in arrivo dall’esterno, a eventi straordinari come le olimpiadi del 2006, ha cambiato in gran parte il proprio sistema produttivo e quindi le ragioni di scambio con l’esterno. Ha anche cambiato la sua immagine, da città grigia a città gradevole e vivibile. Ora però la trasformazione produttiva è ulteriormente in accelerazione: nell’immediato, con l’acquisizione di FCA da parte di PSA, che opera con il proprio indotto, in particolare il gigante4 Faurecia; in una prospettiva non lontana, con la transizione verso l’auto elettrica, che modifica profondamente la filiera produttiva. Una reazione può provenire dalla nuova amministrazione della città che, da poco insediata, sta varando il bilancio preventivo per il 2022. Lo fa reagendo alla mancanza di risorse e di personale e, prima di tutto, scongiurando quel rischio di predissesto che la Corte di Conti ha più volte fatto balenare. Il predissesto sarebbe esiziale: bloccherebbe tutto. Nel tempo i Comuni hanno perso prima l’ICI e poi l’IMU sulla prima casa, con azioni di Berlusconi (esenzioni), Monti (IMU invece di ICI), Letta, Renzi. Azioni forse anche giustificate in sé, ma tutte in negativo per le finanze locali. A loro volta, i trasferimenti compensativi si sono fatti via via più esigui. Ora Torino ha acquisito entrate straordinarie da Roma, entrando a far parte del gruppo dei comuni in forte deficit o molto indebitati (il nostro caso, con un indebitamento che è stato utile per la trasformazione di Torino, ma che ora blocca le risorse). Alle entrate straordinarie così ottenute occorre affiancare fondi propri per il 25%: ecco il motivo dell’aumento delle imposte sul reddito. Torino vede anche, in prospettiva, i fondi per la seconda linea della metro, indispensabile per i cittadini e per rendere la città più attraente verso nuove iniziative economiche.

Ora servono idee, tante, di ogni tipo. Non scelte negative, non “no a tutto” come negli ultimi anni, quando all’inesperienza si è purtroppo sommata la presunzione di saper fare, portandoci ad un blocco totale. Idee che ci consentano di pensare in grande, in particolare smettendo finalmente di discutere se la nuova ferrovia tra Torino e Lyon serve o non serve. Michel Barnier5, ministro trasporti francese e poi commissario europeo, già alla fine degli anni ’80 immaginava una regione transnazionale con Lione, Parigi, Marsiglia, Ginevra e Torino per cui6: “Dans le cadre du développement d’un réseau ferroviaire européen, le Lyon Turin constitue le maillon manquant qui va permettre la mise en réseau de 5000 km de lignes nouvelles et relier ainsi 250 millions d’européens”. Il presidente degli industriali di Torino e del Piemonte, Sergio Pininfarina, operava nella stessa direzione. Pensare in grande ora vuol dire immaginare Torino come un polo avanzato di quel sistema transnazionale. Ragionando come Città Metropolitana, anzi metromontana, vuol dire valorizzare la Val di Susa come meravigliosa porta d’accesso alla nostra nazione. _______

1https://www.economist.com/finance-and-economics/the-true-cost-of-empty-offices/21807703 2L’idea si è diffusa anche a seguito delle analisi di Enrico Moretti. In realtà, lo studioso italiano attivo a Berkeley, ha sempre espresso molte cautele nel presentare i suoi risultati; cautele travolte dalle semplificazioni della comunicazione. In https://www.gsb.stanford.edu/insights/enrico-moretti-geography-jobs 3 Si veda: Detroit. Viaggio nella città degli estremi, di Giuseppe Berta, il Mulino, 2019. 4Sulla Porta di Vetro, agosto 2020, ma purtroppo attuale:https://www.laportadivetro.org/indotto-auto-un-patrimonio-su-cui-investire/; per Faurecia vedere https://www.faurecia.com 5https://it.wikipedia.org/wiki/Michel_Barnier e in particolare, per quel che ci riguarda https://controverses.minesparis.psl.eu/prive/promo05/C05B4/projetEnjeux.html 6“Come parte dello sviluppo di una rete ferroviaria europea, la Torino Lione è l’anello mancante che permetterà la messa in rete di 5000 km di nuove linee e collegare così 250 milioni di europei”. Devo il flashback che mi ha portato a questa citazione all’amico Sergio Marchini, già consigliere regionale.

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