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Punture di spillo. Silicon Valley Bank, storia di un fallimento

Aggiornamento: 16 mar 2023

a cura di Pietro Terna

È forse la prima volta che conosciamo i dettagli di una corsa agli sportelli [1] condotta con la super-velocità consentita dai mezzi informatici: è il caso della Silicon Valley Bank, fallita[2] sabato 11 marzo. Il sito web della banca è ancora attivo e ne elenca, a https://www.svb.com, le meravigliose capacità e le splendide prospettive, ma la SVB non esiste più. Aveva a disposizione gli imponenti depositi dei clienti, ma con lo sgonfiarsi della bolla delle big tech aveva anche visto svanire le occasioni di impiego nelle attività produttive. Ha quindi usato la liquidità per acquistare titoli di Stato, il cui valore è crollato[3] con l’aumento dei tassi di interesse. La perdita è virtuale sino a che quei titoli non sono venduti, perché alla scadenza sono rimborsati a valore pieno, ma se è necessario venderli...


L'azione "disinteressata"... del miliardario Peter Thiel

La corsa virtuale agli sportelli: il panico è stato diffuso da Founders Fund, la società di venture capital [4] del miliardario di estrema destra Peter Thiel che ha ordinato ai sui clienti di dirottare i fondi a altre banche e ha ritirato tutto il suo denaro depositato presso la SVB; contemporaneamente una newsletter del mondo del venture capital ha diffuso la notizia dei problemi finanziari della SVB; infine, un partecipante di una chat di oltre duecento dirigenti del settore tecnologico ha diffuso timori sulla tenuta della banca e tutti si sono affrettati a ritirare i loro depositi. Ecco la crisi di liquidità e quindi il fallimento.

Sintetica la spiegazione quantitativa dell’Economist[5] del 10 marzo: i depositi della SVB sono quadruplicati dal 2017 al 2021, passando da 44 miliardi di dollari a 189, mentre i prestiti crescevano soltanto da 23 miliardi a 66. Gli impieghi in titoli di Stato sono stati quindi molto rilevanti e effettuati proprio nel periodo dei tassi molto bassi. Nel 2022 la raccolta di fondi del venture capital si è inaridita e i clienti hanno ridotto i depositi – attratti dai maggiori rendimenti in altre forme di impiego – che sono passati dai 189 miliardi della fine del 2021 ai 173 di fine 2022, forzando la SVB a vendere in grande perdita i titoli di Stato.


L'analisi del New York Times

Destino o imprudenza o errori e da parte di chi? Severo il New York Times del 15 marzo[6] “Mentre il suo leader esaltava l'innovazione e il futuro della tecnologia, la banca ha prestato meno attenzione alla gestione del rischio ed è stata colta di sorpresa dai cambiamenti economici”. All’inizio della settimana del fallimento, l’amministratore delegato della banca, Gregory Becker (con benevola osservazione, un cognome predestinato alle cadute fallimentari, pensando al suo omonimo tennista Boris Becker), aveva raccontato con enfasi a una platea di investitori, di analisti di Wall Street e di dirigenti del settore tecnologico, che il futuro dell'industria tecnologica era scintillante, così come la posizione della Silicon Valley Bank al suo interno.

Vittime innocenti del rialzo dei tassi? Non tanto, perché sottovalutare il rischio da parte di chi amministra beni di altri, come è il caso di una banca, è colpa grave che diventa dolo se si cerca di evitare i controlli. Quando nel 2018 Trump aveva firmato la legge che ha ridotto il controllo per molte banche cosiddette regionali – regionali solo come forma, la SVB partecipava in massa al finanziamento di startup in India –, Becker era stato un forte sostenitore di quella scelta, proprio per eliminare i controlli per le banche come la sua.

La SVB aveva speso più di mezzo milione di dollari in attività di lobbying, impiegando ex collaboratori dell'allora leader della maggioranza repubblicana della Camera, e ora suo speaker, Kevin McCarthy. Certo non è sufficiente la mancanza di controlli per determinare un atto doloso, occorre commetterlo: in questo caso la volontà di aumentare i profitti ha fatto dimenticare l’elementare prudenza di coprirsi dal rischio di un rialzo dei tassi che era assai prevedibile.


Gli effetti su Credit Suisse

Ad aggravare i problemi è stata la politica ondivaga della banca centrale statunitense, la Fed, sfociate nell’aumento dei tassi di interesse cui ha dovuto accordarsi la BCE, per scongiurare la svalutazione dell’euro sul dollaro e soprattutto per contenere le critiche dei paesi cosiddetti frugali, Germania e vicini del Nord. Dunque: prima la liquidità senza freni, in quanto si è tentato in ogni modo di tenere a galla l’economia durante la pandemia, poi il grande equivoco del confondere l’inflazione da costi con l’inflazione da domanda.

Quando i prezzi hanno iniziato a salire, soprattutto in l’Europa, ma anche negli Stati Uniti, la spinta proveniva dai prezzi delle forniture per effetto del ritardo con cui la catena produttiva globale si era rimessa in moto. Esempio emblematico, i componenti elettronici, i cosiddetti chip, spariti e con prezzi alle stelle e ora, solo dopo pochi mesi, sovrabbondanti. Tanta liquidità e poi rialzo dei tassi: lo sfondo perfetto per la crisi della SVB.

La presidente della Fed, Janet Yellen, dopo aver proclamato che non avrebbe aiutato la banca, ha poi convenuto con l’amministrazione Biden di salvare i depositanti, bloccando, speriamo, il dilagare della crisi, che però intanto aveva già colpito le sempre volubili borse.

Mentre questo spillo era già in preparazione, la preoccupazione di concentra su Credit Suisse – banca un tempo prestigiosa, ma con un passato recente piuttosto “turbolento” – che ha ora chiesto aiuto[7] alla Banca Nazionale Svizzera: 54 miliardi di franchi svizzeri (50 miliardi di euro), la richiesta, per evitare il crollo. Intanto, in apertura, la borsa di Tokio ha lasciato sul terreno percentuali risibili, mentre Piazza Affari ha aperto in rialzo, attendiamo la reazione dei mercati occidentali con la speranza che non ci siano altre sorprese.

Una nota per noi italiani: è interessante il confronto[8] tra il caso SVB e quello del Monte di Paschi di Siena, due banche che erano “tutto” per il loro territorio; un confronto che denuncia pregi e anche gravi difetti di quei modelli di attività che univano munificenza, partecipazione, innovazione, noncuranza del rischio.


I piani della Banca d'Inghilterra

E ora? Aspettiamo la prossima crisi? Nella settimana precedente a quella del disastro della SVB, il Financial Times ha rilanciato il tema dell’innovazione monetaria con il titolo[9] “Why Britcoin would be taking a liberty”, con il termine Britcoin che non è un errore ortografico, ma il nomignolo attribuito dal quotidiano alla sterlina digitale che la Banca d’Inghilterra studia sempre più seriamente. Nel sottotitolo del FT si scrive apertamente che “I piani della Banca d'Inghilterra per una moneta digitale si sovrapporrebbero alle banche commerciali”. Quel che le banche temono è la fuga dei depositi, cui già si accennava tempo fa qui[10] nella Porta di Vetro. Ora lo scrive il Financial Times, il che fa una certa differenza!

Di che cosa si tratta: per la maggior parte dei depositanti, se gli euro o le sterline o i dollari sono in forma digitale e quindi custoditi in un portafoglio virtuale presso la banca centrale, non esiste più nessun motivo per avere un conto di deposito presso una banca e farsi tosare dalle spese: bancomat, carte di credito, altri strumenti elettronici di pagamento possono interagire direttamente con quel portafoglio presso la banca centrale; si possono anche disporre trasferimenti, come si fa con i bonifici bancari.

Chi finanzia allora gli investimenti? Infinite strutture operative già esistenti, o da creare, di finanziamento dell’attività produttiva e degli investimenti, con raccolta del risparmio tramite l’emissione di titoli obbligazionari o con altre possibili forme innovative oppure con provvista diretta dalle banche centrali, operazione quest’ultima condotta verso le banche negli ultimi anni, incontrandone la scarsa reattività.

In quel quadro, il governo della moneta diventerebbe diretto, con la politica espansiva o restrittiva tramite quella leva: in parte è ciò che propone[11] la New Monetary Theory. Dopo novant’anni dai suoi primi passi si potrebbe anche ritornare a esaminare seriamente il Chicago plan[12] formulato dopo la crisi del 1929 con l’obiettivo di eliminare la creazione di moneta da parte del circuito del credito.


Musica Maestro, ora, ma quale musica in questi mali tempi? Nel 1973, 50 anni fa, con The dark side of the moon, uscì Selling England by the Pound, penultimo disco dei Genesis con Peter Gabriel. Il primo pezzo si intitola Dancing With The Moonlit Knight[13] ed è quello che contiene il verso da cui prende il nome l'album. L'Inghilterra e forse il mondo erano già in vendita nel 1973 e Peter Gabriel fa un ampio ricorso a giochi di parole (uno per tutti: Queen of Maybe) e metafore per raccontarlo con ironia.


“Can you tell me where my country lies?”

Said the unifaun to his true love’s eyes

“It lies with me!” cried the Queen of Maybe

For her merchandise, he traded in his prize


Note

[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Panico_bancario [2] Ad esempio si veda https://jacobin.com/2023/03/silicon-valley-bank-collapse-financial-regulations-2008-bailout [3] Noterella per chi non conoscesse i calcoli dei rendimenti: se posseggo un titolo a rendimento fisso, con valore 100 e cedola 1, ho impiegato il mio risparmio all’1%; se i tassi di rendimento sul mercato passano dall’1% al 2%, nessuno mi dà 100 per avere il mio titolo. Se fosse senza scadenza, a vita infinita, il suo valore sarebbe divenuto 50; infatti un impiego di 50, con un interesse fisso pari a 1, rende il 2%. Se invece ha una scadenza ed è molto vicina, scenderà, ma non allontanandosi molto da 100, che è il valore che si ottiene con il rimborso finale; infine: tanto maggiore è la distanza dalla scadenza, quanto maggiore è la discesa del valore. Qui https://www.imparalafinanza.it/prezzo-di-una-obbligazione/ tutti i calcoli. [4] Investimenti in campi innovativi, spesso ad alto rischio, puntando a altissimi rendimenti nei casi di successo. [5] https://www.economist.com/finance-and-economics/2023/03/10/what-does-silicon-valley-banks-collapse-mean-for-the-financial-system [6] https://www.nytimes.com/2023/03/14/business/silicon-valley-bank-gregory-becker.html [7] Financial Times, inserendo in Google il titolo “Credit Suisse appeals to Swiss central bank for show of support” si ha un link per leggerlo; link che funziona una sola volta. [8] L’articolo, molto interessante, è uscito sul Financial Times: “SVB provided for tech when everyone else ignored us”. [9] “Perché Britcoin si prenderebbe una libertà”. [10] https://www.laportadivetro.com/post/vent-anni-dopo-l-euro-si-merita-di-guardare-avanti/




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