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PUNTURE di SPILLO. Responsabili dell’inflazione? Noi, con l’aiuto di qualcun altro

a cura di Pietro Terna

“Signor giudice, mi dichiaro colpevole, ho contribuito all’inflazione…”. Sono io che parlo, immaginandomi in tribunale. “A mia discolpa: ero combattuto tra verità e menzogna perché, dicendo la verità, ero colpevole”.

Nei primi anni ’70 dello scorso secolo, tra i miei compiti c’era quello di calcolare le tabelle settoriali delle correzioni da apportare alle retribuzioni per adeguarle, almeno in parte, all’inflazione. Si trattava della indennità di contingenza, terminologia che produceva domande che ora suonano come dei non sense: di quanti punti scatterà la contingenza?


Previsioni, non certezze...

Avevo preparato un complicato programma che, sulla base di regole minuziosissime, produceva un paccone di tabelle ogni trimestre; ma il programma richiedeva tempo per l’esecuzione, l’urgenza di spedire le tabelle per posta era sempre molto alta, per cui ci si impegnava a prevedere in anticipo l’aumento dei prezzi e quindi i probabili “scatti”, per avere tutto pronto in anticipo. La previsione era a breve e a medio termine, formulata riservatamente all’interno dell’ufficio studi dell’Unione industriale di Torino. Previsione riservata, ma non segreta, per cui molti telefonavano per sapere quale fosse l’aspettativa di aumento dei prezzi. Quel valore sarebbe stato immediatamente incorporato nei listini dei prezzi che, per vari motivi, si cambiano non più di una-due volte all’anno. Ecco che una previsione diventava sostanza, producendo un aumento dei prezzi e quindi inflazione. Se avessi mentito al ribasso, avrei rimosso un piccolo addendo dalla crescita dei prezzi e quindi anche dall’inflazione che è la misura di quell’aumento.


L'ambiguità della parola

Ho raccontato questa storia, assolutamente vera – tranne il dialogo con il giudice – per introdurre l’ambiguità della parola inflazione. L’inflazione è la misura dell’aumento dei prezzi. Scrivere su un quotidiano “aumenta ancora l’inflazione” con il significato “aumentano ancora i prezzi” è sbagliato, a meno che si intenda affermare che “aumenta l’aumento” e cioè che i prezzi corrono ancora più in fretta. Poi c’è la sostanza: scrivere “nei prossimi mesi crescerà l’inflazione”, qualsiasi cosa si intenda dire, significa contribuire all’aumento. Dopo aver letto la notizia, l’artigiano che veniva a casa per una piccola riparazione e chiedeva, rigorosamente in nero, 50 euro (“sa… ho dovuto spostarmi”) ora ne chiederà 60-70 (“sa… l’inflazione”) e in quel modo contribuirà a produrla.

Da dove inizia la spirale che si autoalimenta con l’aumento dei prezzi? Serve una causa iniziale. La prima figura[1] che accompagna lo spillo è tratta dall’Eurostat e mostra con estrema chiarezza che il motore della crescita dei prezzi, in questo ciclo inflazionistico, sta nei prezzi dell’energia. Prezzi il cui aumento è stato sorretto dalla guerra in Ucraina e anche dalle speculazioni che ne sono derivate, ma era già robustamente iniziato con la ripresa economica post Covid.

Sembra incredibile che fosse talmente inaspettata da aver preso alla sprovvista così tanti decisori economici dal lato dell’offerta, ma gli esempi si sprecano, ad iniziare dalla mancanza di microprocessori per mesi e mesi. Ora la buona notizia, evidente nel grafico, è che quei prezzi si stanno stabilizzando e si vede una svolta anche nella crescita dei prezzi dei beni alimentari. Se quella figura fosse riportata in tutti i quotidiani, e non una volta sola, l’effetto sulla dinamica dei prezzi sarebbe rilevante, limitando molti aumenti.


La mancata attenzione alle cause

Proprio mentre sto scrivendo, il Washington Post segnala l’uscita dell’articolo[2] “Inflation eased again in April, but prices are still rising fast”, che traduco “L'inflazione si è attenuata di nuovo ad aprile, ma i prezzi continuano a crescere rapidamente”. Tecnicamente perfetto, la crescita rallenta, in totale coerenza con il grafico europeo. Nell’articolo[3] leggiamo:

Il Bureau of Labor Statistics ha inoltre comunicato mercoledì mattina che i prezzi al consumo sono aumentati dello 0,4% rispetto a marzo. Sono stati compiuti progressi significativi sul fronte dell'inflazione rispetto alla scorsa estate, quando l'indice dei prezzi al consumo aveva raggiunto il 9,1% su base annua. Ma i politici temono ancora che l'inflazione possa diventare una minaccia permanente per i lavoratori e le famiglie, che devono anche affrontare condizioni di credito più rigide, l'aumento dei pagamenti dei prestiti e l'incertezza di una recessione.

Ecco che il tasso d'inflazione, che è un indicatore, una misura statistica, è tacitamente promosso allo statuto di un fenomeno ontologico che svolge un ruolo chiave nell’economia, che si tratti della definizione dei contenuti del “Documento di economia e finanza”[4] del governo o delle richieste dell’artigiano. Ringrazio un amico e collega, il professor Jack Birner, che spesso richiama la nostra attenzione su questo aspetto. Così l’inflazione pare essere radicata in modo astratto, senza attenzione alle cause, in quegli assolutisti che pretendono azioni meccaniche da parte delle banche centrali, alzando i tassi di interesse anche quando l’origine dell’aumento dei prezzi sta nei maggiori costi esterni. Il tutto provocando, en passant come si dice negli scacchi, qualche… fallimento di banche.


La variabile "profitti", secondo Fabio Panetta

Solo costi esterni? Certamente una parte del fenomeno inflazionistico recente è dovuta anche agli aumenti dei profitti delle grandi corporation. Cito Fabio Panetta – che fa parte del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea e che molti presagiscono sarà il nuovo governatore della Banca d’Italia alla scadenza di Ignazio Visco. È un documento ufficiale[5] della BCE:

"Si parla molto della crescita dei salari", ha detto Panetta in un'intervista di questa settimana (ultima di marzo, ndr). "Ma probabilmente non stiamo prestando sufficiente attenzione all'altra componente del reddito, ovvero i profitti".


Tutto si intreccia, in modo complicatissimo, e provoca deflagrazioni come quella disegnata qui nella seconda figura, prodotta per me da un’intelligenza artificiale[6] cui ho chiesto di disegnare “l’esplosione dell’inflazione e le persone, in stile di cartone animato”. Ora la musica, come è tradizione degli spilli: secondo il nostro dominus delle armonie, l’immagine giusta è quella del primo John Coltrane che nel 1960 incise Giant Steps. I passi da gigante[7] fanno riferimento alle quotidiane sperimentazioni del loro autore, che interpretava la musica come una sfida. Il pezzo è costruito su armonie complicatissime, da affrontare a grande velocità.

Dopo Giant Steps Coltrane però cercò strade diverse, come se la sorgente del virtuosismo si fosse esaurita e avesse sentito il bisogno di una nuova ispirazione, orientata alla spiritualità. Anche i giganti hanno bisogno di fermarsi e guardarsi dentro. Speriamo valga altrettanto per le banche centrali e i loro ispiratori.



Note

[1] Tratta da https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Inflation_in_the_euro_area [2]https://www.washingtonpost.com/business/2023/05/10/inflation-april-cpi-fed/ [3] The Bureau of Labor Statistics also reported Wednesday morning that consumer prices rose 0.4 percent over March. There’s been significant progress on inflation from last summer, when the consumer price index hit 9.1 percent on a year-over-year basis. But policymakers are still fearful that inflation could become a permanent threat to workers and families who are also facing tighter credit conditions, rising loan payments and uncertainty about a recession. [4] https://www.laportadivetro.com/post/punture-di-spillo-a-proposito-di-finanza-e-di-altri-diavolacci [5] https://www.ecb.europa.eu/press/inter/date/2023/html/ecb.in230401~ec65174af7.en.html [6] In questo caso https://www.bing.com/images/create [7] https://www.youtube.com/watch?v=30FTr6G53VU

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