"Premierato", nuova distrazione di massa del governo Meloni
di Pino De Michele*
Nel Disegno di Legge Costituzionale emanato dal Ministro per le Riforme Istituzionali del Governo [1], non vi si può non leggere la meritoria volontà di palazzo Chigi di dare un'impronta visibile del suo operato, fin qui molto flebile, anche per ragioni che sostanzialmente derivano dal passaggio di posizione da rendita protestataria a responsabilità dirette, in particolare per Fratelli d'Italia, il principale partito dell'area governativa cui appartiene la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Ma, al di là delle rispettabili intenzioni, i cinque articoli che caratterizzano il disegno di legge superano persino quell'ironico adagio rossiniano "c'è del bello e c'è del nuovo, ma ciò che è bello non è nuovo e ciò che è nuovo non è bello". Perché di bello e di buono per gli italiani non vi è nulla, se non la naturale predisposizione propagandistica del governo a credersi sempre in campagna elettorale, mentre si aggrava il debito pubblico e la crescita economica è più che mai balbuziente.
Del resto, ai dati ufficiali sull'andamento della nostra economia e alle indagini sociali - l'ultima del Censis, che denuncia l'aggravamento della condizione giovanile (un giovane su cinque né studia, né lavora), apre scenari inquietanti per il nostro Paese di disagio sociale, di ridotta prospettiva culturale e, da non sottovalutare per la manipolazione del pensiero delle masse, di alterità delle reazioni emotive individuali e collettive, la Presidente del Consiglio ha finora opposto o non soluzioni o soluzioni parziali.
Una di queste è la nota flat tax (tassa piatta), voluta per favorire l'elettorato che divide a mezzadria con la Lega di Salvini, ma alla quale non corrispondono altrettanti e pari provvedimenti per contrastare l'evasione e l'elusione fiscale, creare un'idea (minima) di educazione civica e di doveri verso lo Stato, e dare impulso, con nuove risorse, agli investimenti. Peraltro, non c'è campo prioritario del sistema di Welfare - se si guarda alla sua attività nella sua interezza e non a compartimenti stagni, in cui scompaiono le interrelazioni tra un provvedimento e l'altro, insieme con le ricadute sulla qualità della vita - in cui il governo riesca a distinguersi per equità ed equilibrio verso le classi sociali più provate dalla crisi, dal ceto medio a quelle meno abbienti.[2]
La riforma pensionistica, su cui il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini ha costruito parte delle sue fortune demonizzando la legge Fornero, è ancora in alto mare e non offre certezze né ai lavoratori, né ai datori di lavoro[3], mentre langue ogni serie ipotesi di politica industriale; la sanità pubblica, in debito d'ossigeno per numero di personale ospedaliero con riflessi mortificanti sulle liste d'attesa (un altro degli indicatori su come si crei un fossato tra ricchi e poveri anche nell'attesa di vita), è travolta dal "decisionismo" di favorire quella privata, un piano contro cui i medici hanno annunciato uno sciopero il 5 dicembre; la scuola del merito nei fatti è diventata quella del demerito, vuoi per gli abbandoni scolastici in crescita, vuoi per la precarietà e i vuoti che permangono nell'assegnazione delle cattedre degli insegnanti.
Ultima, ma non meno importante, la questione dei flussi migratori che continua ad essere gestita in forma emergenziale - tale è l'accordo con l'Albania - per vivificare la paura e l'insicurezza negli italiani, mentre la vera insicurezza deriva dalla criminalità organizzata che si infiltra nelle imprese e nelle pubbliche amministrazioni controllando e condizionando appalti e subappalti, che alimenta il voto di scambio, che deforma, precarizza, frammenta la dignità del lavoro per il proprio tornaconto a scapito delle norme di sicurezza, previdenziali e salariali.
Un quotidiano che si tocca con mano nei quartieri più degradati delle grandi città, in cui i migranti, irregolari, clandestini, in assenza di progetti e programmi di integrazione, diventano manovali del crimine, facile prede da arruolare per i lavori più sporchi. Sono immagini ben montate anche da un'informazione compiacente che sa perfettamente che nella traduzione politica la pellicola a colori si riduce in bianco o nero, perché il peggiore razzismo cresce sul colore della pelle. Una regia perfetta per avere sempre a disposizione l'arma di pressione della sicurezza.
A tutto ciò la presidente del Consiglio, tra una telefonata fake e l'altra, e con il carrello della spesa sempre più leggero per le famiglie italiane [4], ha privilegiato una decisa accelerazione sulla cosiddetta madre di tutte le riforme: il "Premierato forte". Una riforma spiegata dalla necessità di dare stabilità all'esecutivo ed evitare i governi "tecnici" non votati dal popolo, ma meno spiegata dalla necessità di rispondere ai problemi urgenti di quello stesso popolo di cui ha la pretesa di interpretare i bisogni, discrimine di ogni sana democrazia che si fonda sulla convivenza civile.[5] Sempre che la democrazia sia il fine ultimo del governo Meloni. Interrogativo non peregrino, che si affaccia ogni qual volta si utilizza l'aggettivo "forte" per sostanziare quella che è una forma istituzionale di governo, anziché nutrire le dinamiche democratiche, "gendarmi" dediti al controllo degli esecutivi e a tutela e difesa da eventuali derive autoritarie.
La stessa eliminazione dei Senatori a vita dà più l'impressione di rispondere ai canoni della propaganda, come è già stato rilevato su La Porta di Vetro [6], mentre è stata quasi oscurata la soglia necessaria per far scattare il premio di maggioranza, elemento non secondario per evitare che una minoranza si ritrovi a governare in virtù di un qualche artificio matematico. La stessa elezione diretta del premier, le norme per il doppio voto di fiducia iniziale al Governo, insieme con la possibilità di continuare il programma legislativo precedente, ma con un premier non sfiduciato, per arrivare alla discrezionalità in proprio di porre fine alla legislatura, contribuiscono a disegnare un quadro tanto confuso quanto pericoloso di ripartizione dei poteri che la Costituzione oggi affida in maniera chiara proprio al Parlamento e al Presidente della Repubblica, quest'ultimo garante dei processi democratici verso il Paese.
A pensare male, per usare la famosa locuzione andreottiana, ci si potrebbe domandare con un pizzico di cattiveria se il profilo della riforma meloniana non tenda inconsciamente a riprodurre le leggi eccezionali del fascismo che, nell'arco di due anni, a cavallo tra il 1925 e il 1926, smontarono e svuotarono lo Stato liberale, rendendo subalterno il Parlamento ai voleri del Capo dello Governo (Benito Mussolini) con l'emanazione a raffica di decreti legge, per poi seppellire definitivamente la Camera dei Deputati nel 1938 con l'introduzione della Camera dei Fasci e delle Corporazioni. Ma è soltanto cattiveria?
In effetti, il Disegno di Legge glissa sull'elemento cardine che ogni Costituzione democratica, e quella italiana non è da meno e la si considera tra le migliori del mondo, si regga su equilibri istituzionali delicati, ma fermi. Dopodiché, non vi è articolo che vieti modifiche o integrazioni a patto che non leda la cornice costituzionale che garantisce il bilanciamento dei poteri e il rispetto della democrazia attraverso la ricerca quotidiana della democrazia, anche se ciò può apparire un gioco di parole, e non attraverso fughe in avanti che danno l'impressione di andare all'indietro.
Nello specifico, per esempio, non sarebbe scandaloso discutere del cosiddetto “bicameralismo perfetto” (ovvero le stesse funzioni affidate alle due Camere), guardando a Germania o Francia, o affidando ad una sola Camera l'approvazione delle leggi e all'altra il compito di affrontare e votare i temi che riguardano le autonomie locali. Ma, in qualunque caso, le soluzioni non potranno alterare i principi e la visione che ebbero i Padri Costituenti di una Carta dei doveri, diritti e valori, nata dalla Resistenza e dal Referendum istituzionale del 2 giugno 1946.
Ultimo, ma non meno importante, sarà fondamentale lavorare per fare spazio a una riforma elettorale che cancelli il “Rosatellum” e che restituisca ai cittadini con il sistema delle preferenze l'opportunità di scegliere i propri rappresentanti. Forse, anche un primo passo verso la rinascita di partiti politici credibili e non espressione di comitati d'affari o a gestione personale.
* Presidente di Alleanza dei Democratici
Note
[1] Si veda in proposito https://www.laportadivetro.com/post/governo-meloni-maschera-caduta-si-ripropone-il-volto-dell-autoritarismo-per-ora
[2] https://www.laportadivetro.com/post/riforma-fiscale-continua-la-campagna-sconti-per-i-ricchi
[5] Secondo un recente sondaggio presentato da La7, la riforma istituzionale è all'ultimo posto nelle indicazioni degli italiani
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