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"Petrolio, dollari e armi: la ricetta migliore per continuare ad ucciderci"

Aggiornamento: 26 dic 2023

di Giorgio Ardito


L'azione del premier di Israele Benjamin Netanyahu non ha più alcuna giustificazione: l'operazione di guerra dell'IDF è un crimine che rasenta il genocidio. E va fermato proprio nell'interesse del diritto dello Stato di Israele e del suo popolo di esistere. Il resto sono soltanto diplomatismi da azzeccagarbugli di seconda serie. Dunque, in prima battuta, intervenga l'ONU con una forza d'interposizione fornita soprattutto dall'Unione Europea. In seconda, si deve lavorare affinché gli USA smettano di camminare su quei binari di politica estera che favoriscono soltanto nazionalismi esasperati e producono morti e odio. E' necessario dire basta al diritto di veto all'ONU delle cosiddette grandi potenze. Nessun sconto alle politiche neo imperialiste di USA, Russia, Cina. L'Italia deve farsi ascoltare e far cessare la stagione dell'acritico appiattimento su politiche decise dai soliti noti.

Il Paese si deve impegnare affinché ogni popolo abbia il diritto a una terra, in pace e cooperazione con i vicini, a partire da israeliani, palestinesi e ucraini. Il 2024 inauguri una stagione di non violenza e di pace: chiediamolo con tutta la nostra voce in ogni sede, in ogni momento. E sottraiamo spazio ai venditori di armi e di morte. Che si ritrovano a stringere amichevolmente la mano ai principali responsabili della pace mondiale. Oggi come ieri, in un processo di identificazione tra "armaioli" e capi di governo che già sul finire degli anni Novanta, come denunciava il grande scrittore uruguaiano Eduardo Galeano (1940-2015), tendeva a indebolire la pace e a favorire "redditizie carneficine". E ancora oggi come ieri, cambiano (soltanto in parte) i burattini, mentre i burattinai sono sempre gli stessi. Anzi, questi ultimi, dall'Arabia Saudita all'Iran, per rimanere in Medio Oriente, sono più forti nelle violazioni dei diritti umani, con una sicurezza che deriva loro dallo scambio di petrolio in cambio di dollari e questi ultimi in cambio di armi...

Eduardo Galeano diede forma a quei pensieri con l'articolo Il mercato delle armi e i grandi della terra, pubblicato su l'Unità del 12 dicembre 1997, che a distanza di quasi trent'anni sono più che mai attuali proprio se li confrontiamo con le vicende odierne che vede impantanato l'Onu, l'organismo mondiale che dovrebbe essere il primo custode della pace, letteralmente ostaggio del diritto di veto.

"[...] Durante l’era della distensione, perché è questo il nome che danno al periodo storico iniziato nel 1946, sono morte in guerra non meno di 22 milioni di persone. Non manca mai un conflitto armato, piccolo o grande che sia, ad uso dei consumatori di notizie televisive. Ma gli informatori non informano e i commentatori non commentano, visto che nessuno risponde alla domanda più terra terra: in questa guerra, chi vende le armi? Chi si sta arricchendo col dolore della gente? Chi ci guadagna in questa tragedia? E’ un silenzio colpevole. In piena globalizzazione, con l’economia controllata da gigantesche multinazionali che estendono le loro molteplici attività nei luoghi più disparati, ciò che è vantaggioso per una parte lo è anche per il tutto. Quello che fa bene all’industria degli armamenti, fa bene all’umanità.

[...]I dati dell’Istituto Internazionale di studi strategici mostrano che sono quattro i principali produttori di armamenti nel mondo: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Russia. E sono, casualmente, gli stessi paesi che, insieme alla Cina, hanno diritto di veto nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Tradotto in pratica, diritto di veto equivale a potere decisionale. L’Assemblea generale dell’Onu, che rappresenta tutti gli altri paesi, formula indirizzi; ma chi decide realmente è il Consiglio di sicurezza. L’Assemblea parla o tace, il Consiglio fa o disfa. Ossia: quattro potenze, le cui economie dipendono in larga misura dall’industria bellica, hanno in mano le redini del massimo organismo internazionale. Ma l’Onu, stando al suo atto costitutivo, avrebbe il compito di difendere i diritti umani, l’amicizia tra le nazioni e la cooperazione internazionale. Il risultato di tutto questo? E’ semplice: per ogni dollaro che le Nazioni Unite spendono nelle missioni di pace, il mondo ne investe duemila in spese di guerra. Diceva bene Theodor Roosevelt: «Nessuna vittoria della pace è grandiosa come la vittoria della guerra». E nel 1906 gli diedero il Nobel per la pace".

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