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Alexander Langer, da trent'anni una voce perduta per la pace

© European Union, 1998 – 2025
© European Union, 1998 – 2025

di Marco Travaglini

In questo tempo bastardo dove i giorni sono scanditi da morti e violenze dei conflitti in Ucraina, a Gaza e in più di altre cinquanta realtà del globo che coinvolgono quasi cento paesi e hanno costretto oltre cento  milioni di persone ad emigrare, a poca distanza da quel luglio di trent’anni fa, quando a Srebrenica venne consumato il terribile genocidio nel mezzo delle guerre balcaniche di fine secolo, il ricordo di Alexander Langer è più attuale che mai. Per certi aspetti, nel dibattito sociale e politico, Langer è oggi più conosciuto, e riconosciuto, di quando lo fosse in vita. Marco Boato - sociologo, giornalista, ricercatore universitario, più volte parlamentare, esponente di spicco di Lotta Continua, del Partito Radicale e dei Verdi, che condivise come amico e compagno tante iniziative di Langer, scrisse tempo fa un libro molto bello e prezioso che si intitolava Alexander Langer. Costruttore di ponti. In quelle pagine ritraeva il profilo di un autentico e coerente testimone del nostro tempo: le radici sudtirolesi, il rapporto con la Chiesa, la formazione, il Sessantotto, l’impegno politico e la conversione ecologica, la nonviolenza, l’impegno per il dialogo interetnico nella ex Jugoslavia e ovunque ne ravvedesse la necessità. Come ricordava il cardinale Loris Capovilla (storico segretario di Giovanni XXIII, papa Roncalli, morto centenario nel 2016) nella sua presentazione, “anche Alex ha perseguito ostinatamente la pace, e, insieme, la custodia del creato. Ha inseguito con tenacia questi ideali. Ne ha fatto la sua passione e la sua vita”.

Il tenace costruttore di ponti, intellettuale altoatesino pioniere della conversione ecologica auspicata dalla Laudato si’ di papa Francesco (in quanto pontefici, tutti i papi, nell’etimologia della parola e nella sostanza del fare, sono dei costruttori di ponti, come ha ribadito recentemente Leone XIV) spese gran parte dei suoi quasi cinquant’anni anni di vita al servizio degli altri nel segno del dialogo, della pace, della tutela dell’ambiente. Giornalista, traduttore, insegnante, Alex Langer nel 1989 fu eletto deputato al Parlamento Europeo e divenne il primo presidente del neo-costituito Gruppo Verde.

Uomo politico nel senso più nobile del termine, si impegnò fino allo stremo delle sue forze nella diplomazia della pace, a favore di relazioni più giuste tra i popoli, per la conversione ecologica della società, dell’economia e degli stili di vita. C’è una frase di Alex Langer che rende bene l’idea di cosa sarebbe necessario fare per vivere in modo più armonico il proprio tempo. Diceva che “il motto dei moderni Giochi olimpici è diventato legge suprema e universale di una civiltà illimitata: “citius, altius, fortius”, più veloci, più alti, più forti. Si deve produrre, spostarsi, istruirsi… competere, insomma. La corsa al più trionfa senza pudore, il modello della gara è diventato la matrice riconosciuta e enfatizzata di uno stile di vita che sembra irreversibile e incontenibile…

Se non si radica una concezione alternativa, che potremmo forse sintetizzare in “lentius, profundius, suavius”, più lento, più profondo, più dolce, e se non si cerca in quella prospettiva il nuovo benessere, nessun singolo provvedimento, per quanto razionale, sarà al riparo dall’essere ostinatamente osteggiato, eluso o semplicemente disatteso. Bisogna riscoprire e praticare dei limiti: rallentare i ritmi di crescita e di sfruttamento, abbassare i tassi d’inquinamento, di produzione, di consumo, attenuare la nostra pressione verso la biosfera, attenuare ogni forma di violenza.

Con questo motto non si vince nessuna battaglia frontale, però forse si ha il fiato più lungo”. Occorre avere oggi la piena e serena consapevolezza che mai come ora il suo pensiero è attuale e può dire molto alle nuove generazioni. Un testimone del nostro tempo, protagonista dell’ecologismo politico in Italia e nella dimensione europea e internazionale. Il suo dinamismo senza soste, diventato ancor frenetico dopo la caduta del muro di Berlino quando non risparmiò alcuna forza per contrastare i contrapposti nazionalismi, sostenendo le forze di conciliazione interetnica nei territori di quella che fu la Jugoslavia, la terra degli slavi del sud, rappresenta l’esempio e l’eredità che ha lasciato.

Alexander non tollerava le divisioni etniche. In Alto Adige nel 1981 e poi nel 1991 si era rifiutato di aderire al censimento nominativo per la dichiarazione del gruppo linguistico, perché riteneva che ciò rafforzasse una politica di lacerazione invece che di coesione. Spese tutto se stesso per un’idea e un progetto che si può riassumere nel bellissimo e sintetico concetto di don Primo Mazzolari: “pace, nostra ostinazione”. Fu coerente con questa impostazione fino all’estremo, fino alla fine. Quando ci si rende disponibili all’apertura nei confronti dell’altro senza remore, come Alexander Langer cercò di fare lungo l’intero arco della sua vita, la vulnerabilità diventa assoluta. Fu così che il pomeriggio del 3 luglio 1995, a 49 anni, si tolse volontariamente la vita impiccandosi a un esile albicocco al Pian dei Giullari, collina alle porte di Firenze. I pesi gli erano diventati insostenibili eppure, anche in quel momento in cui si sentiva “più disperato che mai”, avvertì il bisogno di rassicurare gli amici, scrivendo nell’ultimo dei suoi tanti bigliettini: “Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto”. L’ultimo sprazzo di luce nel buio, un invito che non si può rifiutare, continuando in ciò che è giusto”. Nell’impegno per la pace e l’ambiente, con la passione come spirito e il dialogo come missione.

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