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Osservando i nostri tempi

Generazione Z, generazione Alpha: tesori su fragili vascelli


di Domenico Cravero

Si definisce “generazione” un universo di persone vissute nello stesso periodo storico ed esposte a condizioni sociali simili. La ricercatrice americana Jean Twenge nelle sue numerose pubblicazioni ha analizzato i dati di milioni di persone provenienti dai sondaggi nazionali per mostrare come all’origine dei tratti unici di ogni generazione ci sarebbero soprattutto i cambiamenti tecnologici. La sua indagine prende in considerazione la complessità dei fattori alla base dei cambiamenti: genere, reddito, etnia, clima politico, sessualità, matrimonio, salute mentale e atteggiamenti religiosi. La sua analisi può rivelarsi utile per instaurare e mantenere un dialogo di stima e di ascolto reciproco con le nuove generazioni con le loro famiglie e con le istituzioni che le accolgono.


Esposizione precoce alla tecnologia

Il ricercatore australiano Mark McCrindle ha chiamato “Alpha” (la prima lettera dell’alfabeto greco) la generazione che succede alla generazione Z (l’attuale adolescenza), per indicare la prima generazione totalmente segnata dall’innovazione tecnologica e dai cambiamenti sociali da essa provocati. Sta quindi approdando nella preadolescenza (i nati nel 2012) una nuova popolazione, con caratteristiche inedite perché “nativa digitale” in assoluto. Queste ragazze/i non conoscono un mondo senza smartphone, senza social e intelligenza artificiale. Il fatto di essere stati esposti in modo precoce alla tecnologia ha implicazioni importanti per lo sviluppo cognitivo, sociale ed educativo. La familiarità della generazione Alpha con il digitale influenza il modo di apprendere e socializzare e stimola la creatività. Fin dall’infanzia questa generazione con facilità impara una lingua straniera, esplora il disegno elettronico e il coding, si esercita nella musica e nei video, sperimenta il fascino dei mondi virtuali e dell’Intelligenza Artificiale. Questo arricchimento di stimoli e di opportunità rende innovativi, espone a culture e idee diverse, aiuta a sviluppare una mentalità aperta e innovativa.

Sarebbe però riduttivo concentrarsi sul solo fattore tecnologico. Per entrare nei nuovi mondi dei ragazzi d’oggi è necessario fare riferimento anche ad un’altra condizione che segna a fondo la società: il contesto economico della competizione e del profitto, l'ideologia del benessere, l’estenuante pressione commerciale che si concentra in particolare sui nuovi possibili “clienti” (i più giovani) per plasmarli e fidelizzarli. Si passa dai legami che personificano ai beni che producono distinzione. Nei consumi, infatti, oggi si acquista uno stile di vita, si appartiene a un certo mondo. La società non offre più riti che permettono di raccontare pubblicamente la svolta della crescita e a rinsaldare l’autonomia; l’adolescente può impiegare molto tempo a trovare il suo nuovo ruolo nel mondo degli adulti. 


Adolescenza, età imperfetta

Senza riti, l’”iniziazione” è sostituita dall’adeguamento agli standard sociali, l’ammirazione è sostituita dall’autocompiacimento delle mode, l’auto-nomia (“darsi una norma”) è sostituita dall’indipendenza (fare ciò che si vuole). Dell’antica iniziazione rimangono le prove di coraggio, più rigorose e impegnative del passato, perché più alto è il rischio e l’ansia dell’eventuale insuccesso. Nella socializzazione pre-adolescente l'intensità della relazione familiare è riversata sul gruppo. La frequentazione, anche quando appare superficiale e disimpegnata, è sempre un'esperienza impegnativa: è il primo esporsi, fuori famiglia, di un individuo in mezzo ad altri individui (l’”autonomia personale”).

A dispetto di ogni apparenza (i genitori e più ancora gli insegnanti lamentano spesso le demotivazione scolastica di figli ed allievi) la riuscita scolastica, che è il primo ambito dell’autoefficacia, acquista oggi un’importanza centrale. Il terrore di non essere in grado di farcela, di non avere le risorse per affrontare i compiti che la società degli adulti si aspetta, si scatena a partire dai risultati scolastici. Il vuoto dell’accompagnamento degli adulti è subito occupato dal consenso dei pari e dalla conferma del leader, il fallimento scolastico è compensato dalle prodezze dell’eccesso e dall’ebbrezza della trasgressione. La festa della bell’età rischia così di guastarsi: un tempo così atteso, così ricco di fascino e di promesse diventa generatore di solitudine, di disagio relazionale, di delusione e disagio.

L’adolescenza, la bell’età, per statuto è un’età imperfetta. Per la generazione Alpha, essere bravi in tecnologia può non bastare per prevenire l’esposizione al cyberbullismo, il rischio della cattura dell’attenzione da parte dei media e la difficoltà a concentrarsi su compiti che non coinvolgono stimoli digitali. Più si rimane davanti agli schermi, meno si passa tempo con gli amici, meno si gioca, meno si attiva il corpo. Il sovraccarico di stimoli emozionali e informativi potrebbe, inoltre, rendere difficile la concentrazione su un’attività creativa. Abituati a comunicare attraverso chat e mondi virtuali, i nuovi pre-adolescenti rischiano di perdere qualcosa di fondamentale nei rapporti interpersonali diretti.

La generazione Alpha appare così, spesso, anaffettiva e scostante agli adulti (anche se è solo una maschera). La risoluzione dei conflitti, l’empatia e la capacità di leggere le emozioni degli altri sono abilità che si affinano soprattutto attraverso l’interazione reale. Poco abituati alle regole, a motivo di un’educazione rinunciataria, la generazione Alpha avverte una naturale resistenza alle imposizioni. Le immagini di terrore che provengono dai numerosi teatri di guerra, la modificazione del clima e i disastri naturali, la paure per malattie e contagi alimentano preoccupazioni, ansie e incertezze.

La distanza tra i metodi di insegnamento tradizionali e la realtà tecnologica in cui questi ragazzi vivono, inoltre, può essere troppo grande e questo può influenzare la motivazione allo studio. Nella noia essi avvertono che la loro intelligenza è sottovalutata. L’iper protezione familiare può limitare la loro capacità di sviluppare resilienza e pensiero critico. Secondo i dati delle inchieste sociologiche, solo una minoranza dei preadolescenti immagina per sé un futuro lavoro come dipendente. Svolgere un lavoro creativo, tuttavia, è un privilegio che presuppone di sapere bene cosa si vuole dalla vita e conquistarlo, non solo pretenderlo.

 

 

 

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