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Natale 2022


L'auspicio è speranza. Speranza intramontabile che questo Natale possa diventare un sincero momento di incontro e di pace per l'umanità la cui bussola sembra impazzita, con movimenti tanto irrazionali quanto allergici ai valori della vita e della coesistenza pacifica tra i popoli. Le differenze di opinione, di fede, di cultura, devono ritornare ad avere un posto centrale nell'avvicinarsi, anziché come sta accadendo, nel promuovere distanze e diffidenze che si rivelano purtroppo letali.

Dal 24 febbraio, una guerra assurda che arriva da lontano, portata dalla Russia in Ucraina, prolungamento dell'incapacità di dialogare e della presunzione di risolvere le controversie internazionali nel sangue e nell'odio, ha rinvigorito l'incultura muscolare della forza, della violenza, delle armi, ma soprattutto ha alimentato l'idea nefasta e ottusa che sarà sufficiente andare testardamente avanti per avere un vincitore e un vinto, costi che quel costi (ma tutti si guardano bene da dire quanto e con quali effetti sul futuro), e imporre il proprio ordine internazionale contro la volontà dei popoli.

Nel contempo, elemento altrettanto grave, fin dal primo giorno l'aggressione della Russia all'Ucraina ha costretto gli individui a schierarsi, a prendere posizione, a dividersi anziché riunirsi, a rinunciare allo sforzo collettivo che nelle ore più gravi della storia umana si richiede agli spiriti liberi, chiamati a individuare soluzioni alternative in grado di fermare la corsa verso la follia che obnubila le menti.

Senza illusioni, dobbiamo riconoscere che quei calcoli di strategia politica e sociale quasi sempre premiano gli scopi e gli obiettivi dei potenti, di un gruppo ristretto di detentori del potere che condivide i profitti degli apparati militari industriali, delle grandi multinazionali e dell'alta finanza, le cui capacità di manipolazione delle masse sono direttamente proporzionali al degrado dell'istruzione e della cultura, degrado favorito con studiata e deliberata pianificazione per esercitare con maggiore facilità il controllo sociale, peraltro da decenni regolato dall'acritico consumismo che mistifica e altera la reale scala dei bisogni individuali e collettivi.

La regola aurea è sempre quella di mettere le masse all'angolo, il più ristretto possibile, per rendere come naturale il darwinismo sociale, tradotto, la guerra tra poveri, deprivata di ogni forma di crescita e emancipazione. Le statistiche sulla povertà sono la conferma che l'ascensore sociale è stato bloccato, ma non ai piani alti, come sarebbe stato auspicabile per redistribuire la ricchezza (che esiste ed è prodotta in cambio di salari minimi o da fame), ma nel sottoscala.

I popoli sono all'angolo in ogni parte del mondo. Le Primavere arabe ne sono un esempio con milioni di individui che continuano a soffrire e i governanti che continuano imperterriti ad arricchirsi e comandare con il pugno di ferro.

Come in Siria, da dieci anni in preda a una convulsa guerra civile che l'ha resa terra ad uso e consumo delle grandi potenze mondiali come personale risiko per stabilire quote di influenza minime, risibili e soprattutto instabili che ricordano molto da vicino i pochi palmi di terreno conquistati e persi da una trincea all'altra nella Grande Guerra al prezzo di migliaia di morti.

Come in Libano, dove la guerra è stata prontamente sostituita da un altro e altrettanto cinico sicario: l'epidemia di colera che sta contagiando e falcidiando velocemente la popolazione, surrogata anche dal più noto e potente degli alleati in queste situazioni, la fame.

Come in Egitto, dove il presidente Abdel Fattah al-Sisi nuota con abilità nel mare magnum delle contraddizioni e degli interessi economici italiani per sfuggire alle sue responsabilità nel torbido omicidio del nostro giovane connazionale Giulio Regeni e nella kafkiana trappola tesa allo studente egiziano Patrick Zaki, arrestato di ritorno in Egitto da Bologna, città d'elezione per i suoi studi universitari.

Come in Iran, dove il regime degli ayatollah non molla la presa sulla libertà negata a donne, studenti, lavoratori e uccide senza sosta nelle strade i manifestanti e sulla forca gli oppositori politici, dopo processi farsa.

Come in Afghanistan, dove i talebani "talebaneggiano" le donne vietando loro l'accesso alle Università, rievocando in loro vissuti di segregazione, anticamera per sopprimere del tutto l'istruzione.

Si potrebbe continuare all'infinito, ma è Natale, non azzeriamo l'iniziale auspicio della speranza, anche se miliardi di persone faranno fatica a gioire.


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