La solitudine di una piazza
di Menandro|
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Roma, piazza San Pietro, il centro della cristianità in un giorno qualunque nell’era della pandemia. La solitudine della piazza è la solitudine di tutti che ci spoglia di immagini familiari e abituali o di ricordi strettamente personali, di viaggi nella Città Eterna con l’immancabile passaggio in via della Conciliazione brulicante di fedeli, curiosi, e lunghe file di torpedoni. Così dietro la solitudine di piazza scorgi una vita claudicante, resa invalida dalla pandemia. Peggio della guerra: dai ricoveri, dopo i bombardamenti, si usciva, si respirava per recuperare la speranza. Oggi, invece, giustamente ti si chiede di rientrare, di rispettare gli orari. Un’autodisciplina doverosa per sé e per evitare che ognuno di noi diventi una bomba per l’altro. Il virus non cade dal cielo, non terrorizza con le sirene d’allarme, non fa rumore, non accelera il battito del cuore, ma si limita a circolare invisibile e a creare confusione sociale, perché da più di un anno autorizza a dire tutto e il contrario di tutto. Anche a dire no ai vaccini, come se si trattasse di una scelta di natura privatistica che può incidere sulle scelte (benevoli) del virus medesimo…