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La scomparsa di Angela Bottari, la donna che uccise il "delitto d'onore"

  • Vice
  • 16 nov 2023
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 1 gen

di Vice

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E' scivolata verso la morte martedì sera, come scrivono i quotidiani oggi, 16 novembre. Angela Bottari, "la liberatrice delle donne" come titola La Repubblica aveva 78 anni, tre quarti dei quali spesi a lottare per la parità di genere, che noi oggi sappiamo senza fine, perché trascende il piano legislativo o le solenni dichiarazioni di intenti, ma ha valore soltanto se si conquista giorno dopo giorno, con cocciutaggine, ingoiando il boccone amaro di umilianti arretramenti o cedimenti, e sconfitte anche violente. Molto violente, soprattutto negli ultimi anni.

Angela Bottari, messinese, deputata per tre legislature dal 1976 al 1987, eletta nelle liste del Partito comunista italiano, fin dall'inizio della sua militanza politica aveva messo in conto tutto questo. Ma era una donna determinata. E sapeva che lo doveva essere più che mai, difendendo la sua femminilità, proprio all'interno del Pci siciliano, antropologicamente ancora poco incline, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, a liberarsi di un maschilismo che affondava le sue radici da quella stessa terra in cui "fioriva" come reazione naturale e culturale "il delitto di onore". Cioè, il massimo dell'abominio giuridico per una donna, sempre o quasi sempre vittima dei comportamenti del maschio.

Di qui nacque la forza di Angela Bottari che con le sue iniziative legislative rese quel delitto per ciò che era: rozzamente "disonorevole", vergognoso e offensivo non soltanto per la donna, ma per la dignità di un popolo intero. E lo riportò ad essere visto dalla giusta angolazione culturale e sociale: una miseria retrograda, senza se e senza ma, solo e unicamente un omicidio privo di attenuanti.

La svolta avvenne per gradi. L'anno successivo all'ingresso in Parlamento, era il 1977, fu proprio Angela Bottari a presentare la prima proposta di legge contro la violenza sessuale. Un atto d'orgoglio anche carico di simbologia soprattutto per una donna siciliana, perché si percepiva l'eco di un grave fatto di cronaca avvenuto dodici anni prima: il rapimento ad Alcamo della diciottenne Franca Viola compiuto dall'ex fidanzato, figlio di un mafioso. Franca subì violenze fisiche e psichiche, ma seppe resistere a tutto, anche alle pressioni esterne successive alla sua liberazione. E divenne il manifesto vivo e fiero della ribellione della donna al cosiddetto "matrimonio riparatore", portando il suo rapitore in Tribunale e, senza mai abbassare gli occhi, nonostante i tentativi di screditarla e umiliarla degli avvocati difensori, lo seguì con lo sguardo che non esprimeva vendetta, ma senso della giustizia, mentre ascoltava la sentenza di condanna. Fu così che Franca Viola divenne per le donne l'emblema della resistenza coraggiosa alle convenzioni ipocrite dell'epoca.

Convenzioni fatte volare in mille pezzi dalla legge 442 del 1981, che abrogò il delitto d'onore e il matrimonio riparatore, sotto la quale spiccava in testa la firma di Angela Bottari, persona sensibile e coraggiosa nella battaglia continua per i diritti sociali e la dignità della donna che lascia un grande vuoto non soltanto tra chi l'ha conosciuta.



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