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La “dittatura” dimenticata degli antibiotici

di Germana Zollesi|


Si parla sempre più frequentemente di dittatura sanitaria probabilmente per sottolineare l’imposizione di norme e comportamenti anche contro la volontà dei singoli, non certo nel suo significato originario di accentramento, in via straordinaria e temporanea, di tutti i poteri in un solo organo, in quanto è palese che a “comandare”, in questa fase pandemica, non è uno solo, ma semmai sono in troppi.

A decidere sui vaccini, per esempio, sono gli organismi internazionali, le singole nazioni (in Italia anche le Regioni), le società scientifiche, le multinazionali del farmaco, i social, etc. Ma le polemiche di questi giorni, hanno reso quasi invisibile un problema altrettanto reale: quello della “costrizione” indotta al consumo di antibiotici nelle società occidentali. In Italia, 10 mila morti ogni anno per la “forza” dei batteri

I dati forniti dall’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) certificano come ogni anno 700 mila persone nel mondo muoiono a causa di infezioni riconducibili a batteri resistenti agli antibiotici. Secondo le stime del Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle malattie (ECDC), il fenomeno è presente anche in Europa con 33 mila morti, di cui oltre 10 mila riguardano il nostro Paese. Il problema è altrettanto presente anche nel settore veterinario, dove l’uso imprudente degli antibiotici comporta la comparsa sempre più frequente della resistenza antibiotica in varie specie animali. Qualcosa in questo settore è stato fatto se si pensa che negli ultimi anni, secondo i dati ESVAC (Sistema di sorveglianza europea per il consumo di antimicrobici), in Italia, nell’ultimo decennio, si è registrata una riduzione di oltre il 30% delle vendite di antibiotici per animali, ma l’Italia, rimane a livelli di consumo superiori a quelli registrati dalla media UE. Da anni si è perseguito un rafforzamento della sorveglianza delle vendite e dell’uso dei medicinali veterinari in generale, e di quelli contenenti agenti antibiotici in particolare, con azioni coordinate dal Piano Nazionale di contrasto dell’antimicrobico-resistenza (PNCAR 2017-2020). Persino la pubblicità si è accorta del fenomeno tant’è che sottolinea come rappresenti un punto di forza non ricorrere ad un uso eccessivo agli antibiotici. Sarebbe però altrettanto deleterio che questi non venissero somministrati quando necessari. Non essendosi andata a creare un’eccessiva tensione mediatica si è potuto lasciare ai singoli professionisti veterinari la discrezione nel decidere la soluzione più opportuna e alle società scientifiche di elaborare sempre nuove soluzioni, più razionali delle precedenti, ma senza mai l’illusione che queste possano definirsi definitive (consci che qualsiasi espediente è sempre migliorabile). Il Sistema di Sorveglianza nazionale dell’antibiotico-resistenza

Se da un lato è certa la correlazione tra il consumo eccessivo e inappropriato di antibiotici e l’insorgenza del fenomeno della resistenza, presente sia nel mondo umano, sia in quello animale, si fatica ancora a tramutare in atteggiamenti concreti il livello di conoscenze raggiunto. Da anni, sotto l’impulso delle scienze epidemiologiche si è attivato il “sistema di Sorveglianza nazionale dell’antibiotico-resistenza” e il “sistema di Sorveglianza delle CPE” collegati al EARS-Net (European Antimicrobial Resistance Surveillance Network), che pubblica i dati a livello europeo in Surveillance Atlas of Infectious Diseases. Scopo del monitoraggio è verificare la diffusione e l’evoluzione delle infezioni sostenute dai patogeni sorvegliati e di permettere lo sviluppo di strategie di contenimento adeguate, a livello locale, regionale e nazionale. In Italia, le proporzioni di resistenza delle otto specie batteriche responsabili di infezioni gravi in ospedale (Staphylococcus aureus, Streptococcus pneumoniae, Enterococcus faecalis, Enterococcus faecium, Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Pseudomonas aeruginosa e Acinetobacter spp.) alle principali classi di antibiotici, anche se in calo, continuano a mantenersi più alte, rispetto alla media europea. Preoccupa, nello specifico, l’antibiotico-resistenza (ABR) di alcuni tipi di batteri che mostrano profili di resistenza multipla, come per esempio nel 76% degli isolati di Acinetobacter spp., il 33% degli isolati di K. pneumoniae, il 15% degli isolati di P. aeruginosa e l’11% degli isolati di E. coli. A ciò si aggiunge le possibili complicanze dell’abuso di antibiotici nel corso della degenza ospedaliera durante la pandemia di COVID-19 che potrebbe portare a una diffusione accelerata della resistenza antibiotica (COVID-19 è causata dal virus SARS-CoV-2 e, pertanto, gli antibiotici non dovrebbero essere usati per prevenire o curare questa malattia, a meno che non siano presenti infezioni batteriche concomitanti). Osservare scientificamente e sistematicamente questi fenomeni è un imperativo indispensabile per lo sviluppo della medicina, finché l’interpretazione di qualche norma (tradendone il suo originale significato) non bloccherà/ritarderà la ricerca per rispettare la privacy (forse del virus!), il consenso informato (dei pazienti prima di essere contaminati!), dei costituzionalisti (per verificare il pericolo di derive dittatoriali!) e via di questo passo. Studiare i fenomeni epidemiologici non comporta l’istituzione di un Grande fratello che spia tutto e tutti così come proporre una diffusione dei programmi di vaccinazione non rappresenta un caso di trattamento sanitario obbligatorio di massa. Quello che non si capisce è come sia passato sotto silenzio il fatto che per decenni, compiacendo agli interessi delle multinazionali del farmaco, siamo stati intossicati da sovradosaggi di ogni tipo. Non deve così stupire se, con i pericoli generati dalla pandemia, possa apparire ai più decisamente fuori luogo sollevare dubbi di tutti i tipi a puro scopo identitario per sostenere l’esistenza di una cripto-dittatura sanitaria a causa dei vaccini.

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