La Chiesa non sta a guardare: Repole (ri) sprona la politica
Aggiornamento: 18 feb
di Luca Rolandi
Ringrazia collettivamente i presenti, ma non fa sconti a nessuno monsignor Roberto Repole all’incontro promosso dalla Pastorale del Lavoro e dalle storiche associazioni cattoliche che riflettono sulla società e la politica. L'Arcivescovo di Torino, infatti, ha ricordato a tutti di praticare la virtù che lo accompagna da quando è diventato vescovo, la pazienza. Al Teatro Juvarra, ieri, sabato 17 febbraio, davanti ad amministratori cittadini e di provincia, leader di partito, assessori e sindaci, Repole è entrato nel merito dei temi in modo diretto.
“Sulla politica negli anni è caduta una grave forma di discredito, pericolosa per la democrazia, diventando nell’orizzonte mediatico un possibile bersaglio. Sono altri a guidare il mondo globale, un’economia senza regole che si riduce ad economicismo”. Per chi si dedica alla politica servono dunque preparazione, passione, capacità di dialogare e uno stile che non può essere quello del conflitto permanente o la ricerca del potere e del consenso fini a sé stessi. Spesso il politico che arriva da esperienze ecclesiali si sente solo. E questo è un grave limite perché al contrario chi è impegnato in politica ha bisogno di essere sostenuto, in relazioni più autentiche e solide, con momenti confronto e formazione nonostante gli impegni, le agende e le urgenze dell’ordinario incedere della quotidianità.
La politica è decisione, responsabilità, visione ma soprattutto relazione sociale, tra le persone per contrastare una società sempre più orientata all’individualismo e dove esistono solo diritti e sono spariti di doveri “bisogna avere consapevolezza che di soli diritti senza coniugarli con i doveri si chiude ogni prospettiva sociale e una comunità muore”. Su temi decisivi della società post-moderna, plurale e secolarizzata mons. Repole insiste sui concetti di laicità e identità in una accezione di apertura e dialogica, non certo come scudo protettivo verso gli altri. “Essere cristiani non è una menomazione della nostra intelligenza, ma un tesoro da coltivare perché spesso si è ignoranti della propria cultura”.
Il vescovo cita tre volte Benedetto XVI, poi il filosofo Paul Ricouer e Gustavo Gutierrez, teologo della liberazione “non si tratta di dare voce a chi non ce l’ha, ma di permettere a chi non ce l’ha di prenderla”, riprende anche il motto degli scout, cioè lasciare il mondo migliore di quello che ci è stato donato. Il politico è consapevole di non poter sceglierei mai il bene in assoluto, ma deve assumersi la responsabilità della scelta nello spazio pubblico che vale per tutti i cittadini, quelli che votano e quelli che non votano più, senza cadere nella trappola della dittatura della maggioranza.
Temi complessi come quello della laicità e l’identità non presentate come realtà fissate e incapaci di evolvere sono stati presentati nelle riflessioni di mons. Repole che ha ricordato come le istituzioni politiche cambino e anche la Chiesa è profondamente cambiata rispetto ai decenni passati. Nessuna nostalgia del passato e possibilità di un ritorno ad un'unica aggregazione, ma sicuramente coerenza, stile, dialogo, corresponsabilità per i credenti in politica nel difficile rapporto con un mondo che è cambiato in profondità. Il mondo è profondamente diverso da quello di alcuni decenni, anche se i bisogni e le speranze restano inalterate: giustizia, pace, vita degna, solidarietà che vuole dire partire dagli ultimi da chi è dimenticato e non ha ruolo in una società che spesso esclude e non condivide. Conoscere le proprie radici per valorizzare e accogliere le differenze è fondamento di una società plurale, multiculturale e interreligiosa.
Nei percorsi umani dentro i quali si è immersi, nell’età dell’intelligenza artificiale e del digitale, la politica deve essere capace di decidere. Ricorda Repole sempre avendo in mente che al centro resta la persona nella sua misteriosa irrepetibilità e unicità. Il tema dei giovani, infine, sta a cuore a mons. Repole “a loro non bisogna chiedere di seguirci ma indicarci la strada perché saranno loro a raccogliere il testimone di un pianeta che va salvato”. Un confronto senza filtri da apprezzare e che impegna coloro che sono impegnati nella politica e per tutti coloro che fanno politico in modo indiretto pur non essendo rappresentati di istituzioni per dare senso e responsabilità senza sconti e senza pregiudizi all’azione politica la più alta forma di carità secondo l’espressione di due Papi, Pio XI e Paolo VI.
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