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L'industria delle condanne a morte in Iran: venti in un solo giorno

Aggiornamento: 3 mar


Il 26 febbraio scorso, secondo la signora Maryam Rajavi, presidente eletta del Consiglio nazionale della resistenza iraniana (NCRI), la Repubblica iraniana ha mandato al patibolo almeno venti detenuti. Un lugubre record per il regime degli ayatollah che lo scorso dicembre, come denunciato il capo delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, aveva eseguito una quarantina di condanne a morte in una sola settimana nel dicembre scorso. E ieri, 2 marzo, in una nota l'Organizzazione per i diritti umani Hengaw ha denunciato a febbraio la morte per impiccagione di 88 persone recluse nelle carceri iraniane. Una cifra che segna un incremento del 780 per cento rispetto al febbraio dello scorso anno, quando furono giustiziati solo 10 prigionieri. In particolare, il 24% dei giustiziati erano prigionieri curdi. Hengaw ha confermato l'identità di 81 prigionieri, mentre non si ha conoscenza degli altri sette.

Tra i giustiziati, tre erano donne, impiccate a Khorramabad, Sari e Shiraz dopo essere state condannate per omicidio. In questo periodo non sono state registrate esecuzioni di minori di 18 anni. Delle 88 esecuzioni, aggiunge Hengaw solo sei sono state riportate dai media ufficiali iraniani. Inoltre, 4 prigionieri sono stati giustiziati in segreto senza avvisare le loro famiglie o concedere loro una visita finale. Un prigioniero è stato giustiziato in pubblico a Esfarayen.

In proposito, la signora Rajavi (a sinistra in alto nella foto) ha ribadito che la continuazione delle relazioni politiche ed economiche con il regime iraniano deve essere condizionato  alla cessazione delle esecuzioni, della tortura e del terrorismo. Inoltre ha chiesto all'Alto Commissario delle Nazioni Unite, al Consiglio per i diritti umani e al Relatore speciale delle Nazioni Unite di intervenire immediatamente per salvare la vita dei numerosi prigionieri condannati a morte.

L'ecatombe prosegue per i più futili motivi, come ha denunciato ancora Amnesty International nei mesi scorsi, con le autorità che non esitano ad uccidere persone anche solo per i loro messaggi sui social media e per rapporti sessuali tra adulti consenzienti.

Secondo Amnesty International, "le autorità iraniane stanno intensificando il ricorso alla pena di morte come strumento politico di repressione. Stanno usando questa punizione estrema, crudele e disumana per tormentare e terrorizzare le persone in Iran e imporre il silenzio e la sottomissione".

Nel 2024, la maggior parte delle esecuzioni ha interessato reati legati alla droga, ma sono stati giustiziati anche dissidenti e persone collegate, donne in particolare, alle proteste del settembre 2022, dopo l'assassinio della giovane curda Mahsa Amini.

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