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L'Editoriale della domenica. Un fantasma si aggira per l’Europa

di Stefano Rossi


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Nella settimana di Halloween, sono tanti i fantasmi che si aggirano per l’Europa. Sono spettri spaventosi, che minacciano l’avvenire di tutti gli europei e spingono verso il ritorno a un passato che non esiste più, una retrotopia, o peggio verso un futuro distopico.

Uno di questi spettri è incarnato dal premier ungherese, Viktor Orbàn, recentemente in visita a Roma. Nato come politico europeista nell’ottica di allontanare l’Ungheria da un’influenza russa che aveva prodotto risultati economici, sociali e politici devastanti, si è poi trasformato lentamente nel principale nemico di Bruxelles, alfiere di un’Europa vista come una confederazione di nazioni sovrane. Un’Unione che non si intromette negli affari interni degli Stati, neppure quando questi vìolano i principi fondamentali comuni di dignità umana, uguaglianza, libertà, democrazia e Stato di diritto, su cui la costruzione europea si basa, scritti a chiare lettere nella “costituzione” dell’UE, al secondo articolo del Trattato sull’Unione Europea. Un’Unione che aiuta gli Stati membri a perseguire le proprie agende, ma senza diventare un nuovo spazio politico democratico. Il tutto, a scapito degli interessi dei cittadini europei che vedono il loro ruolo nel mondo sempre più marginale, ininfluente, vassallo delle grandi (Cina, Stati Uniti) e medie potenze (Russia, India).


Ma fin dove può spingersi l'ambiguità della Meloni?

È forse la stessa Europa che sogna la Presidente del Consiglio italiana, anche se, rispetto all’intransigenza di Orban, Meloni eccelle in equilibrismo politico, giocando insieme il ruolo europeo di alleata politica del governo più filoputinano dell’UE e di ponte con gli Stati Uniti. Da una parte responsabile a livello di bilancio, rispettosa del ruolo del presidente della Repubblica, e costruttrice di intese con i partner europei: dall’altra parte, populista che alza uno scontro istituzionale con la Corte dei Conti sul progetto del ponte sullo stretto e attacca la magistratura con una riforma dai sapori berlusconiani.

La visita di Orban in Italia ha creato qualche tensione all’interno della maggioranza, tra la fazione leghista che tifa per l’autocrate “democratico” ungherese, e quella forzista che esprime non poche perplessità. Come tensioni si erano create quando all’ultimo Consiglio Europeo del 23 ottobre Meloni e Tajani hanno sostenuto due idee diametralmente opposte: la prima a favore del mantenimento del veto, il secondo per il suo superamento. Veto che peraltro è già stato superato più volte nei fatti, diventando una prassi – promossa dalla stessa Meloni – che proprio Orban esca dalla stanza (“vado a prendere un caffè”) quando si votano le conclusioni dei capi di governo sul sostegno all’Ucraina. Soluzione pragmatica, ma sostenibile soltanto sul presupposto che la posizione filoputiniana in Europa sia sostenuta solo da un Paese.

Queste tensioni riflettono chiaramente la diversa collocazione politica dei tre partiti di maggioranza: Forza Italia nel PPE, a sostegno del governo europeo di Von der Leyen insieme a socialisti e liberali; Fratelli d’Italia nel gruppo di ECR (conservatori riformisti), i cui voti hanno spesso sostenuto proposte della Commissione nel tentativo di condizionarne alcune politiche; Lega nei Patrioti per l’Europa presieduto dal francese Bardella, il terzo gruppo più numeroso al Parlamento Europeo, che porta avanti una battaglia incessante contro la Commissione.


I cittadini europei rialzino la testa  

La complessità di un sistema politico articolato su più livelli può avere effetti più o meno stabilizzanti sui sistemi politici di ciascuno dei livelli. In questo momento Meloni sembra in grado di sfruttare questa complessità a proprio vantaggio: consolidare il proprio peso nei rapporti con gli altri partiti di maggioranza, isolare la forza più sovranista (la Lega), prevalere sull’opposizione presentandosi agli occhi dell’elettorato come una leader responsabile sotto il profilo economico e politico.

Se il governo italiano manifesta grande stabilità, in Francia il fantasma dell’instabilità politica si aggira direttamente nell’Assemblea Nazionale. I numerosi tentativi (falliti) di creare una maggioranza di governo, come il recente voto sugli accordi con l’Algeria, dimostrano la fase di caos e incertezza in cui si muovono le istituzioni francesi. Sembra una vita fa che Macron guidava saldamente una maggioranza europeista e dalla Sorbona lanciava l’iniziativa di rifondare un’Europa unita, sovrana e democratica. Era il 2017, e l’impressione è che l’investimento politico fatto allora non abbia dato i risultati sperati – o forse proprio nessun risultato affatto. E ora tutti aspettano con ansia e in modo quasi ineluttabile che lo spettro di un Presidente del Rassemblement National prenda vita.

Davanti a tutti questi fantasmi, agli europei non resta che svegliarsi, prima che gli incubi prendano vita.

 

 

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