L'Editoriale della domenica. Il Vangelo è con il lavoro, la visione del cardinale Repole
- Luca Rolandi
- 29 giu
- Tempo di lettura: 3 min
di Luca Rolandi

Qui in forma estesa "Cosa voleva dire il cardinale Roberto Repole nell’omelia di San Giovanni"? Se lo stanno chiedendo in molti, forse colpiti nel segno, ma soprattutto vogliosi di conoscere se essi stessi possano essere in qualche modo destinatari di una riflessione. Nel merito l’Arcivescovo di Torino riprendendo e commentando il Vangelo del Battista tratto da un brano di Luca ha richiamato a concetti evangelici fondamentali: la centralità della persona, ogni donna e uomo, persone uniche e irripetibili che hanno una dignità superiore ad ogni altra legge e contesto metatemporale. Un richiamato forte, forse anche sottaciuto, al primato della vita in una società decadente, anziana, spesso astiosa, in cui l’inverso demografico si configura come una espressione di negazione della speranza, fino, nei casi estremi ad essere una cultura di morte e di sopravvivenza nichilistica dell’Io, costi quel che costi, rispetto al contesto sociale. E infine il tema più dibattuto, l’immobilismo di patrimoni e depositi bancari e finanziari a Torino, terza città d'Italia per numero di famiglie benestanti, con 76 miliardi di euro chiusi nelle banche che contrasta con le sacche di povertà dalle conseguenze drammatiche: precarietà, fragilità sociale, incapacità di guardare lontano di tutti gli attori sociali e istituzionali. Una denuncia. Che non poteva non provocare reazioni tra gli esponenti dell'industria e della finanza locali, alcune anche piccate.
Interrogato dai media, il cardinal Repole ha però ricordato che lui non è un economista, ma solo un pastore e come fece già il suo predecessore mons. Cesare Nosiglia ha constatato che il richiamo alla condivisione e dei mezzi economici per tutta la comunità è una espressione evangelica fondamentale. Se Nosiglia richiama spesso la presenza delle due città, quella dei pochi che possiedono molto e si possono permettere tanto e quella di chi fatica ad arrivare ad una dignitosa esistenza avendo davvero pochissimo non solo a livello materiale ed economico, ma come possibilità di poter usufruire di un ascensore sociale. Nell’omelia il cardinale Repole ha fornito anche qualche dato ma non essendo sociologo o economista ha di fatto ribadito che servirebbe avere più coraggio, liberare risorse, rimettere in gioco talenti e patrimoni, scommettendo sul futuro, sui giovani, sulla vita.
In che modo? Non credo sia giusto, e così è stato che sia un esponente autorevole e importante, ma pur sempre non deputato a questo, di una comunità religiosa ad indicare ricette. La guida morale e spirituale di un pastore però pone degli interrogativi e delle domande al mondo della politica, dell’economia, della finanza, del sociale, della cultura per trovare risposte, cioè strade diverse da quelle attuali, inchiodate in un orizzonte troppo piccolo, stretto, impaurito. In questo senso le parole del cardiale Repole richiamano ad uno storico intervento che papa Francesco indirizzò ai torinesi esattamente dieci anni fa in una piazza Vittorio gremita sotto il sole cocente di giugno nell’ambito della sua visita pastorale “Torino vai controcorrente”.
In quella domenica e in quel lunedì del giugno 2015, Papa Francesco pronunciò sul tema del lavoro e, per alcuni versi, sulla redistribuzione della ricchezza, parole inequivocabili in Piazzetta Reale, davanti agli allora sindaco di Torino Piero Fassino, al presidente della Regione Sergio Chiamparino e all'amministratore delegato di Fca Sergio Marchionne. Il pontefice esplicitò il suo fermo "no" ad "un'economia di scarto, all'economia usa e getta, all’idolatria del denaro, alla corruzione, all’iniquità che genera violenza", quanto il suo solidale "sì" ad un patto sociale e generazionale per il lavoro a misura d’uomo, perché il lavoro è necessario anzitutto «per la persona umana e per la sua dignità» e per sottrarsi alle diseguaglianze e ricadute negative che genera la mancanza di lavoro.
Potrebbe essere interessante riprendere quelle parole e collegarle al grido di dolore e speranza insieme del cardinale Repole, allora già più di un promettente teologo.













































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