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Intelligenza artificiale e massa critica, cura per lenire “l’umiliazione” Stellant

di Pietro Terna|


La delusione per il mancato insediamento di un polo produttivo Stellantis finalizzato alla produzione di batterie per auto elettriche (terza gigafactory in Europa) non è stata certo metabolizzata a Torino e dintorni. Anzi. Le proteste della politica e dei sindacati locali hanno occupato a tamburo battente i media, ricordando che il capoluogo piemontese, sacrificato a favore di Termoli (Molise), si ritrova da quasi tre lustri con operai transitati da Fiat in Fca in cassa integrazione e lo stabilimento di Mirafiori sempre meno considerato tale e destinato all’archeologia industriale come buona parte di ciò che resta di Fiat. Le reazioni, sia a livello governativo, sia a livello sindacale (nazionale) non sono state però senso unico. Il che isola nella sostanza chi ha parlato di “Torino umiliata”. Il preludio ad archiviare la pratica ed a accogliere senza riserve la decisione dell’AD di Stellantis Carlos Tavares. Intanto, nella seduta dell’8 luglio, la Commissione bilancio della Camera ha approvato la costituzione di un centro di ricerca sull’automotive a Torino.

La ricerca nel campo dell’intelligenza artificiale ci tocca da vicino, per il cambiamento che induce e sempre più indurrà nelle nostre vite e per gli effetti sulla società e sull’economia. Per Torino, rappresenta anche un settore su cui cercare di fare affidamento per ripartire. Alcuni sondaggi in corso chiedono ai residenti a Torino come pensano sarà la città tra 5 anni: migliore, uguale, peggiore. So che molti rispondono “uguale”, ma come atto di ottimismo. Dell’intelligenza artificiale in chiave torinese ho scritto sulla Porta di Vetro a maggio1; ora abbiamo la notizia dell’articolo 62bis “Fondazione Centro italiano di ricerca per l’automotive” approvato dalla Commissione bilancio della Camera, nella seduta dell’8 luglio2in relazione alla “Conversione in legge del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, recante misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali”. Il comma 1 recita: Al fine di incrementare la ricerca scientifica, il trasferimento tecnologico e più in generale l’innovazione del Paese nel settore dell’automotive e di favorire la sua ricaduta positiva nell’ambito dell’industria, dei servizi e della pubblica amministrazione, è istituita la Fondazione Centro italiano di ricerca per l’automotive, competente sui temi tecnologici e sugli ambiti applicativi relativi alla manifattura nei settori dell’automotive e aerospaziale, nel quadro del processo Industria 4.0 e della sua intera catena del valore, per la creazione di un’infrastruttura di ricerca e innovazione che utilizzi i metodi dell’intelligenza artificiale. La Fondazione ha sede a Torino. Per il raggiungimento dei propri scopi la Fondazione instaura rapporti con omologhi enti e organismi in Italia e all’estero. E il comma 2: Sono membri fondatori della Fondazione il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero dell’università e della ricerca e il Ministero dello sviluppo economico, ai quali è attribuita la vigilanza sull’istituto. Le parole importanti sono: aerospaziale, che da ulteriore visione alla ricerca, oltre all’automotive; intelligenza artificiale, pur limitata da quel “utilizzi i metodi”, quasi si trattasse solo di applicazioni; Torino, dove l’interazione con le attività produttive può ancora essere feconda. A giorni, forse il prossimo 12 luglio, dovrebbe esserci il passaggio in aula; auguriamoci che tutto sia positivo, poi ci sarà il Senato. Intanto prepariamoci sui contenuti. Il nascente Istituto, sin dalla fase statutaria, deve avere ben delineato un sentiero proprio, che lasci da un lato i mega consulenti produttori di slide piene di colori e prive di contenuti e, dall’altro, il rischio di alimentare la ricerca settoriale, solo potenziando l’esistente. Quel sentiero deve essere diretto alla individuazione di studiose e studiosi di livello mondiale, con idee innovative e interdisciplinari, e a giovani promettenti assunti in Italia e all’estero; tutti con la libertà di collaborare con l’accademia, con l’industria e con i ricercatori di tutto il mondo. Alcuni potrebbero avere contratti a tempo determinato di lunga durata, ad esempio 7 anni, con possibilità di partecipare poi a concorsi presso le università; altri con un contratto a tempo indeterminato, ma solo se di altissimo livello. Inoltre, possiamo immaginare contratti di collaborazione con imprese, anche startup e imprese piccole e medie, che operino nel campo dell’intelligenza artificiale e che possano realizzare il vero trasferimento tecnologico, al di fuori delle burocrazie pubbliche e private. L’intelligenza artificiale non si vende in barattoli come crema da spalmare qua e là, ma si adotta muovendo da una massa critica di ricerca locale collegata mondialmente, con al centro il ruolo e la consapevolezza delle persone, come ben spiega don Luca Peyron – responsabile della responsabile della pastorale universitaria del Piemonte e della Valle d’Aosta – cui dobbiamo il passo iniziale e determinante, ma anche l’impegno costante, per la nascita dell’Istituto. >br>_______

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