Il libero arbitrio sospeso tra i bimbi nel bosco e negli attici
- Emanuele Davide Ruffino e Germana Zollesi
- 1 giorno fa
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di Emanuele Davide Ruffino e Germana Zollesi

Nuovi rompicapi per gli italiani: è penalmente più rilevante lasciare da soli degli adolescenti in un attico o vivere nella natura dei boschi? La storia della famiglia che rifiuta la modernità sta indubbiamente catturando l'attenzione dei mass media ed invita inevitabilmente a porsi qualche domanda sui limiti della libertà individuale e famigliare. E ad accrescere la disputa si aggiunge anche l'opposizione, e non si tratta di una notizia di colore, di Ilary Blasi all'archiviazione per l'accusa di abbandono di minore da parte di Totti.
La posta in gioco
Il libero arbitrio, quale capacità di scegliere liberamente senza essere determinati da forze esterne è un concetto che ha appassionato per secoli filosofi e teologi nel cercare di determinare come la volontà umana possa essere l'origine delle proprie scelte. Essendo spesso incentrati nel garantire l'assenza di costrizioni esterne, non riusciamo più ad andare alla radice del problema. Occorre, cioè, tornare a distinguere la capacità interiore di decidere (autonomia connessa alla capacità di scegliere), dalla libertà dettata dalle circostanze esterne che permettono o impediscono le scelte (autonomia esterna, ossia la possibilità di agire in base alla propria volontà, senza alcun ostacolo).
Se non vi è dubbio che le costrizioni sono da deprecare e combattere ad iniziare da quelle imposte con la violenza (e le nostre città ne segnalano parecchie, ormai quasi accettate per non turbare l'ordine pubblico) più complesso e momentaneamente più appassionante (o semplicemente si sta rinunciando ad attuare una libertà di movimento di passeggiare nelle vie di notte, ad indossare beni di lusso e, in alcuni casi ad esprimere le proprie posizioni) risulta il dibattito sulla libertà di scelta su come allevare i bambini (che dovrebbe comportare una riflessione su come costruire il futuro della nostra società). Il concetto risale a Tommaso d'Aquino e Agostino d'Ippona che lo consideravano un dono di Dio e ad esso associavano una responsabilità morale che doveva condizionare il comportamento delle persone.
Considerati i condizionamenti presenti nell'attuale società è difficile ipotizzare una libertà di pensiero assoluta, anzi questa diventa quasi un'illusione consolatrice per mantenere la convivenza sociale (aspetto politico) e il benessere psicologico (aspetto individuale). Nel dibattere sul diritto dei genitori di vivere come vogliono senza recare danno alcuno (anzi sembra che questi paghino pure le tasse) ci obbliga a chiederci fino a che punto abbiamo diritto d’imporre una volontà ad altri perché sappiamo ciò che è bene e ciò che è male (mentre si ignora tranquillamente chi ogni giorno, esercita prevaricazioni).
Lo Stato ha il diritto d’intervenire se qualcuno tenta di sopraffare, anzi è la ragione che crea la necessità di una società organizzata. Si sta affacciando l'ipotesi avanzata da Nietzsche, secondo cui il libero arbitrio era un'illusione che deriva da un fraintendimento della realtà e della natura umana, essendo le nostre azioni determinate da forze più profonde come la "volontà di potenza" piuttosto che da una volontà libera e autonoma.
La pretesa della vasta schiera di moderni sacerdoti del tempio composta da demagoghi, influencer, giudici, leoni da tastiera, e tanti altri ancora, di decretare cosa è giusto e cosa no, e stabilire subito un sistema sanzionatorio porta a schierarsi, in forme manichee, a favore di una o dell'altra parte.
La questione essenziale, come esseri inseriti in una collettività, è quale diritto ha un soggetto d’imporre ad un altro la propria volontà, ma insieme a questa ineludibile domanda occorre anche chiedersi che tipo di società vogliamo costruire per il futuro, partendo dal presupposto che, se rispettano la dignità umana e migliorano la convivenza civile, tutte le ipotesi sono utili per realizzare un mondo migliore. Quindi ben vengano le discussioni sull'argomento anche se condite con un po' di gusto per la polemica.
Consumismo ad oltranza
C’è da chiedersi cosa accadrebbe, se potessimo spostare alcune categorie di persone, con una specie di macchina del tempo, in altre epoche storiche: i magistrati farebbero arrestare tutti i genitori vissuti nell'Ottocento, perché non garantivano l'energia elettrica ai propri figli; gli economisti keynesiani avrebbero obbligato a far realizzare tante buche che però poi nessuno avrebbe riempito (come accade nelle strade di Torino...; i giornalisti avrebbero dovuto parlare solo delle liti di vicinato e non ci sarebbero state code nei supermercati o ai pronto soccorso. Il consumismo attuale ha permesso di migliorare notevolmente le condizioni di vita tant'è che da tutte le parti del mondo milioni di persone anelano venire a vivere qui da noi, anche se oggi si cominciano a registrare flussi contrari. Alcuni nostri connazionali preferiscono andare a vivere in altre parti del mondo ben consci che i servizi sono inferiori a quelli che offrono le nostre città (Tunisia, Costa Rica tra le mete più gettonate), ma se queste persone portano con sé un bambino e poi questo, sta male, che si fa? Inviamo le forze armate, denunciamo tutti familiari, proibiamo ogni forma di emigrazione... nell'assurdità di queste ipotesi ci si rende conto che il sistema non può, oltre un certo limite imporre un comportamento, neanche sul piano economico (il fatto che per migliorare il PIL si debba procedere ad aumentare la domanda interna è un indicatore di come si voglia condizionare l'individuo per adattarlo alle esigenze della società).
Si parte dall'assunto che tutti vogliano diventare più ricchi e vivere meglio (anche se le due cose non sono sempre sovrapponibili) senza rendersi conto che la volontà è quell'atteggiamento che precede i fenomeni, ma in una società multimediale la “presentazione della rappresentazione” condiziona profondamente i fenomeni fino a farli apparire come oggettivazioni della volontà e, in quanto tali, condizionabili dal volere collettivo, lasciando sempre meno spazio al libero arbitrio, cosicché ribellarsi porta spesso ad essere accusati di asocialità e violatori delle norme.













































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