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Covid c'è, non si vede, ma i numeri lo provano...

di Giuseppina Viberti e Germana Zollesi


Se prendiamo i dati che gli istituti accreditati diffondono oggi sulla pandemia e li confrontiamo con quelli degli ultimi due anni ci accorgiamo di come, se pur non si raggiungano i picchi record, gli attuali 66mila contagiati, 80 morti, 500mila persone positive con un tasso di positività pari al 19,8% sono sovrapponibili a quelli raggiunti nel settembre 2020 e nel gennaio 2022. Eppure, la dimensione pandemica ora è letta in chiave di ridimensionamento e di riduzione della sua pericolosità e letalità. A ciò hanno contribuito in ordine i vaccini,

l’immunizzazione di gregge e una umana forma di "convivenza" con l'emergenza.


Precauzioni d'obbligo

Ovviamente, e per non ricadere in una nuova fase isterica, sarebbe opportuno riflettere sul decalogo di precauzioni che, non fosse altro per rallentare la diffusione dei classicissimi virus influenzali, tutt'altro che salutari, se pensiamo alle migliaia di vittime degli ultimi decenni. Del resto, non si può sottoacare la possibilità che da qualche parte del mondo, in condizioni igieniche deprecabili, si possa sviluppare una qualche variante in grado di sfuggire ai vaccini.

Allora, ricapitolando: lavarsi frequentemente le mani, mantenere distanziamenti sociali, evitare laddove è possibile assembramenti, uso delle mascherine in pubblico (abitudine questa già in uso da molti anni in metropoli come Tokyo). Insomma, poche ma basilari precauzioni permetterebbero di mantenere una condizione di vita vicino alla normalità, senza intasare gli ospedali e gravare sulle finanze pubbliche. Ma come tutte le soluzioni logiche e di buon senso si fatica a trovare una loro pratica attuazione. Il fatto che oggi l’attenzione è catalizzata su altri fronti, può forse creare le condizioni per affrontare la situazione su basi scientifico-epidemiologiche, evitando gli isterismi di alcune soluzioni manichee.


Le nuove formulazioni anti-covid

L’approccio scientifico impone di poter disporre del massimo livello di conoscenze, ma questo requisito vacilla davanti alla non affidabilità dei dati essendo accertato che le coorti di chi effettua i tamponi può non rappresentare correttamente la realtà (specie se si considera la reticenza nel comunicare gli esisti positivi). Disporre di nuovi vaccini, se poi non si sa a chi somministrarli rappresenta una deficienza del sistema da superare.

Infatti, nonostante la presenza di alcuni detrattori dell’utilità dei vaccini, oggi sono disponibili due nuove formulazioni bivalenti di vaccini a m-RNA (original/omicron BA.1 e original/omicron BA.4-5) commercializzati da Moderna, Swissmedic e da pochi giorni anche da Pfizer. La formulazione bivalente dei vaccini a m-RNA viene raccomandata prioritariamente ai soggetti di età uguale o superiore ai 12 anni che devono ancora ricevere la terza dose (booster) e a coloro che devono ricevere la quarta dose (second booster), e in particolare:


- persone di età superiore ai 60 anni,

- persone con elevata fragilità di età superiore ai 12 anni,

- operatori sanitari,

- ospiti e operatori delle strutture residenziali,

- donne in stato di gravidanza.


L’allentamento della paura tuttavia ha ridotto la percentuale di persone disponibili a completare i cicli vaccinali, il che fa venire meno uno dei fattori maggiormente efficaci per contrastare il virus. Più volte si è sottolineato come l’avvicinarsi della stagione autunno-invernale, avrebbe comportato una situazione di rischio, ma esigenze politiche e remissività verso gruppi organizzati di pressione, la cui forza accresce in vicinanza delle elezioni, predispone la classe politica a essere accondiscendere agli umori della piazza.


Situazione degli ospedali, MMG, influenza e vaccini

Come è sempre accaduto anche prima della pandemia, nel periodo autunno-inverno, gli ospedali erano presi d’assalto da persone anziane affette da molte patologie (diabete, insufficienza cardio-respiratoria, renale, patologie oncologiche, ecc. le cosiddette polipatologie) non vaccinate per l’influenza che, per la riduzione dei posti letto effettuata negli anni, venivano tenute giorni interi sulle barelle.

I medici di famiglia (MMG) non ritenevano spesso opportuno curarli presso il loro domicilio per la cronica mancanza di assistenza domiciliare e per i difficili rapporti con i parenti. Situazione che il covid ha ulteriormente peggiorato. L’ospedale è così diventato la cura di tutti i mali.

La statistica e l’esperienza sono molto chiare: un MMG massimalista (1.500 assistiti) fa circa 250-300 vaccinazioni anti influenzali che corrispondono al 15-20 % degli adulti assistiti con punte (rare) del 30 %. È del tutto evidente che la mancanza di fiducia nei vaccini anti influenzali associata all’idea di considerare l’influenza una malattia banale, non contribuisce ad affrontare con la doverosa cautela la stagione invernale. Inoltre, la sfiducia verso le istituzioni che serpeggia sotto traccia nei cittadini associata all'altra nefasta convinzione del "tanto c’è l’ospedale che risolve tutto", non aiuta a a convincere le persone a chiedere la quarta dose della vaccinazione anti covid.

Ultimo, ma non meno importante, si aggiunga che fino al 31 dicembre numerosi sanitari sono sospesi perché non vaccinati. Ma poi che cosa succederà? Torneranno al lavoro privi di vaccinazione? Saranno obbligati a vaccinarsi, visto il lavoro particolare che svolgono? Oppure torneranno come è successo per gli insegnanti?

Sono interrogativi impellenti cui dare risposte certe perché l’inverno è alle porte e la nostra sanità è carica di problemi strutturali e non (obsolescenza degli ospedali, carenza di personale, case di comunità da organizzare, medici di famiglia prossimi alla pensione e privi di sostituti, limiti dell’assistenza domiciliare, ecc.) che devono essere affrontati. Tuttavia, il puzzle non è completo se non si inserisce l'ultima decisiva tessera: il contributo dei cittadini a essere artefici del loro benessere con comportamenti virtuosi che, nel caso delle malattie infettive, sono anche molto semplici da applicare.




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