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Femminicidio, una piaga sociale da curare, non solo da reprimere

di Enrica Formentin|


Nel 2018 le donne uccise in Italia sono state 72; 68 nel 2019, 69 nel 2020, 62 lo scorso anno, ad oggi, 8 maggio, dopo l’omicidio di mercoledì scorso, a Samarate, in provincia di Varese, in cui un uomo ha ucciso a martellate moglie e figlia e ferito il figlio, la cifra è arrivata a 20 (in https://femminicidioitalia.info/lista/recente). Le donne continuano ad essere uccise. Un martirio che definirlo fenomeno sociale rischia di offendere la memoria delle donne uccise.

La violenza contro le donne basata sul genere si configura sotto molteplici forme: da quella fisica a sessuale, dalla psicologica a economica, da atti persecutori, come lo stalking, al più estremo, denominato femminicidio. La violenza contro le donne è complessa e difficilmente misurabile. Per contrastarla bisogna partire dal contesto culturale e sociale nel quale si realizza. Nella maggior parte dei casi si tratta di violenze all’interno del nucleo familiare, spesso difficili da rilevare, situazioni in cui una donna si sente sola a dover affrontare un dramma che, se portato allo scoperto, sconvolgerebbe anche gli equilibri di vita di tante altre persone. Non è un caso che nella maggior parte degli episodi, la vittima pur impaurita non riesce a chiedere aiuto e a rivolgersi alle autorità competenti. La violenza sulle donne si delinea, dunque, come un vero inquietante comportamento sociale che determina gravi conseguenze non solo nei confronti della donna stessa, ma anche sui figli, sulle istituzioni e sulla società. Oggi le istituzioni centrali e locali sono impegnate ad attivare strategie, politiche di contrasto e di gestione della violenza contro le donne. E l’informazione appare più attenta nella sua “cronaca nera” e a raccontare la violenza di genere nella sua complessità, ma anche con la dovuta delicatezza che reclamano drammatiche situazioni. Gli stessi strumenti giuridici, a disposizione, sicuramente sono più incisivi rispetto al passato, ma sul piano culturale e politico appare evidente che la strada per dare alle donne piena realizzazione personale e professionale è ancora lunga e sconnessa. Aggressività maschile sulle donne e pandemia

L’emergenza sanitaria legata alla pandemia da Coronavirus ha determinato in Italia, secondo i dati forniti dall’Istat, un incremento del rischio di violenza sulle donne soprattutto in ambito domestico. Inoltre le disposizioni normative hanno reso più complesse le azioni di intervento a tutela delle donne. Nonostante tutto, i Centri Antiviolenza hanno attivato e implementato servizi online e telefonici al fine di agevolare gli accessi. Le chiamate registrate dai centri sono state motivate nella maggior parte dei casi da una richiesta di aiuto per violenza subita, mentre nel 28% dei casi nella richiesta di informazioni sui servizi offerti e nel 17% ha registrato sintomi di aperto disagio. Durante il lockdown, il 60,6% delle chiamate si è avuto tra le ore 9 e le ore 17, e solo il 17,5% durante la notte e nelle prime ore della mattinata: nella maggior parte le donne hanno dichiarato una violenza fisica e psicologica principalmente in ambito domestico. Nel colloquio telefonico, il 45,3% delle vittime ha denunciato di aver paura per la propria incolumità e una percentuale molto elevata, il 72,8% non ha denunciato immediatamente il reato. Nel 93,4% dei casi la violenza si è consumata tra le mura domestiche da parte del proprio coniuge o partner e nel 64,1% le donne hanno riportato, nella telefonata, anche casi di violenza assistita da parte dei figli. I casi emersi durante la quarantena hanno confermato la caratteristica trasversalità della violenza, in quanto colpisce tutte le fasce di età e tutti i livelli sociali. In particolare, hanno richiesto aiuto donne tra i 30 e i 50 anni, coniugate e con un titolo di studio medio alto. Circa il 40% risulta svolgere un’attività lavorativa e solo il 27% ha dichiarato di essere disoccupata e in cerca di lavoro. La difficoltà economica delineata durante la pandemia e la limitazione della libertà personale ha però inciso profondamente sulle dinamiche familiari determinando un aggravamento di una situazione già pregressa di violenza, con un aumento della violenza fisica, psicologica e verbale. La giornata mondiale contro la violenza sulle donne

Il 25 Novembre si celebra la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Per consegnare al dibattito sociale il tema della violenza di genere, nel 1999, l’Assemblea Generale dell’ONU ha approvato all’unanimità la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. La data scelta commemora un momento storico simbolico: il 25 novembre del 1960.In questa data furono uccise le tre sorelle Mirabal, dopo aver strenuamente lottato contro le atrocità del regime dittatoriale della Repubblica Dominicana. Il loro assassinio sconvolse, e riuscì a risvegliare le coscienze del paese contro i crimini della dittatura. Parlare di questo tema si spera possa risvegliare le coscienze anche degli uomini di oggi. Troppo spesso avvezzi ad approfittare della loro fisicità, per imporre il loro volere con la forza.Gli esempi che diamo alle nuove generazioni modellano il modo in cui pensano al genere, al rispetto e ai diritti umani. Iniziamo da subito le conversazioni sui ruoli di genere e sfidiamo le caratteristiche tradizionali assegnate a uomini e donne. Sottolineiamo gli stereotipi che i bambini incontrano costantemente, sui media, a scuola, nella vita, e insegniamo loro che va bene essere diversi. Incoraggiamo una cultura dell’accettazione e dell’accoglienza. Parliamo con loro di consenso, autonomia corporea e responsabilità, e ascoltiamo anche quello che hanno da dire sulla loro esperienza del mondo. Istruiamoli sin da piccoli sui diritti delle donne.

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