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Europa, è il momento dell’azione

Aggiornamento: 5 apr 2023

di Daniele Viotti

“When in trouble go big”. È una espressione molto nota agli americani e usata in tutto il mondo per convincere la politica, i governanti a farsi coraggio e a prendere le decisioni e le scelte che necessitano di essere prese. Questo è quel che però non sta avvenendo a proposito del prossimo bilancio pluriennale europeo. La discussione su quel bilancio è stato spinto sullo sfondo del dibattito pubblico europeo, scordato dai politici europei, tralasciato dai giornali. Ma non dimenticato dai burocrati della Commissione Europea che diventeranno, stante che l’attenzione dei leader europei è giustamente orientata sull’emergenza globale del coronavirus, i maker del prossimo bilancio. Senza voler rivangare in questa sede il dibattito delle scorse settimane, voglio solo ricordare come le prospettive che i “ventisette” si erano dati erano quelle di un bilancio di contenimento, senza investimenti, senza prospettive e con il solo mantenimento delle spese che vengono considerate come usuali, ma invece sono quelle che hanno spinto la crescita del nostro continente. Si tratta di veri e propri investimenti: Erasmus, Horizon, i grandi progetti europei. Oggi la prospettiva è totalmente cambiata. Il coronavirus ha portato sul tavolo delle cancellerie la necessità di fare una scelta non più procrastinabile: o si rilancia, finanziandola, una nuova prospettiva di Europa o si continuerà sempre più a mettere l’Europa in una riga della voce “spese varie” dei bilanci nazionali. Ci sono i temi della sanità, della prevenzione, delle sfide climatiche, ma c’è davanti agli occhi di tutti noi il grande tema delle politiche sociali e delle politiche industriali. Su queste spese non possiamo più di “tirare a campare” con grandi dibattiti: si deve intervenire e intervenire tutti insieme. Tutti i Paesi e oggi, probabilmente, l’Italia ha una nuova autorevolezza per guidare e indirizzare un dibattito. Infine una riflessione a chi oggi, insieme agli attori politici, ha grandi responsabilità economiche e finanziarie nel Paese e in Europa: non è più il momento di fare grandi elucubrazioni sul pensiero europeista e sull’identità del nostro continente. È il momento dell’azione e – mi sia consentita la parola – della rivoluzione. Lo richiedono i tempi che viviamo e lo richiedono i cittadini che questi tempi stanno subendo. A fronte a una necessaria e inevitabile nuova epoca di investimenti pubblici occorrono anche responsabilità e coraggio degli investitori privati.


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