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Marco Travaglini

Estate 1969, a Woodstock nasce lo spirito "pace, amore, musica"

di Marco Travaglini


Nell’agosto del 1969, cinquantacinque anni fa, in una piccola località dello Stato di New York, si svolse il più celebre raduno nella storia della musica rock. Al festival di Woodstock quel mezzo milione di persone raccolte sotto l’insegna di “tre giorni di pace, amore e musica” erano convenute da ogni parte d’America per celebrare con la musica le idee, i suoni e i colori della generazione cresciuta nella contestazione alla guerra del Vietnam. Era ferragosto quando salì per primo sul palco Richie Havens e l’aria diventò immediatamente elettrica. Lo straordinario cantante folk afroamericano suonò tra gli applausi e concluse la sua performance con un finale memorabile, improvvisando su un brano gospel, Motherless child, che parlava dei figli degli schiavi. Ripeté all’infinito, suonando la chitarra con ritmo ossessivo, la parola freedom, libertà. Nasceva in quegli istanti uno degli inni più conosciuti di quella generazione pacifista.

L’elenco di cantanti, gruppi e musicisti fu lunghissimo: Country Joe McDonald and the Fish ,The Incredible String Band, l’indiano Ravi Shankar con il suo Sitar, Santana e Janis Joplin, Grateful Dead, Creedence Clearwater Revival, Jefferson Airplane, Crosby, Stills, Nash & Young. Gli Who con le straordinarie See Me Feel Me, Pinball Wizard e My Generation; Joan Baez che concluse la sua esibizione cantando We Shall Overcome, l’inno del movimento per i diritti civili.

Chi non ha ascoltato e visto almeno una volta un grande e al quel tempo giovane Joe Cocker cantare con voce graffiante su quell’immenso palco la cover dei Beatles With a Little from My Friends? E infine Jimi Hendrix, il talento puro che rivoluzionò il modo di suonare la sei corde. E’ sua l’immagine forse più simbolica di quel concerto dove salì sul palco per ultimo, vestendo una giacca bianca ornata di frange e perline, blue jeans e una fascia rossa in testa: un chitarrista talentuoso e mancino che suona l’inno americano con la sua Fender Stratocaster.

In una intervista Hendrix ricordò così quei giovani: “Se un genitore ha a cuore i propri figli dovrebbe conoscere la musica che ascoltano. Il ruolo della musica è fondamentale in quest’epoca. E’ necessario prenderne coscienza. La musica è più forte della politica. Agli occhi dei ragazzi noi musicisti diventiamo un punto di riferimento, molto più in fretta di quanto faccia il presidente coi suoi discorsi. Ecco perché a Woodstock erano tantissimi”. Questo è stato lo spirito di Woodstock, simbolo di un’epoca, di un pezzo di storia degli Stati Uniti e di una musica che porta ancora un soffio di modernità e poesia.


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