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"Difendiamoci dalla cultura dello scarto"

di Enrica Formentin

Sanità pubblica. Il Papa torna a difenderla: “È una ricchezza: non perderla, per favore, non perderla”. Tiziana Frittelli (Federsanità): “Preservare l’universalismo del SSN è la strada giusta per vincere la sfida delle disuguaglianze”


Ci sono Paesi come il nostro che nell'emergenza della pandemia, ormai lasciata alle spalle, tirano fuori il meglio della loro identità. E mettono in campo tutte le forze sia economiche, sia fisiche, senza fare alcuna distinzione per rispondere alla domanda di cura. Malgrado l’eccellenza della ricerca medica e la qualità del suo personale, però, l’Italia si trova davanti ad un importante dibattito sulla cultura dello scarto anche in sanità. Gli italiani, in maggioranza, appoggiano risolutamente il sistema sanitario pubblico, perché ne riconoscono la qualità elevata. Di conseguenza, il pensiero comune, è quello pensiero di conservare i posti letto in ospedale, di ridurre le liste di attesa, di assumere infermieri e medici per dare alla parola territorialità concretezza ed efficienza a sostegno di sempre più numerose fragilità, di pazienti anziani con cronicità che meritano di essere assistiti[1]. Insomma, una sanità dove prevalga la cultura della vita o comunque di un fine vita dignitoso[2].


Le parole di Papa Francesco

Anche il Santo Padre ha parlato di questo problema che piano piano sta emergendo nella nostra quotidianità

ed ha affermato che ci sono persone, soprattutto anziane, che per scarsità di mezzi non riescono a curarsi, per le quali anche il pagamento di un ticket è un problema. Inoltre, ha denunciato le “lunghissime liste d’attesa, anche per visite urgenti e necessarie”.

Il Papa parla di quello che definisce "il ritorno della povertà di salute'" che, osserva, “sta assumendo in Italia proporzioni importanti, soprattutto nelle Regioni segnate da situazioni socio-economiche più difficili.” Il suo sguardo è ancora una volta particolarmente rivolto alla condizione degli anziani. Papa Francesco poi aggiunge:

“Un anziano deve prendere queste medicine, e se per risparmiare o per tale o quale motivo non gli danno queste medicine, questo è una eutanasia nascosta e progressiva. Dobbiamo dire questo. Ogni persona ha diritto alle medicine“.

Non dimentichiamo le persone con disabilità non solo fisica, ma anche mentale, che richiedono cure differenziate, personalizzate e indifferibili. Esse sono spesso portatori di complesse problematiche psico-cognitive come depressione e demenza, e non di rado presentano anche bisogni sociali (povertà, solitudine, rete amicale/familiare carente o non idonea, perdita del coniuge di sostegno ecc.).


L'esasperata icerca del benessere edonistico

In Europa si stima (2022) che le malattie croniche, nel complesso, siano responsabili dell’86% di tutti i decessi e di una spesa sanitaria valutabile intorno ai 700 miliardi di Euro/anno[3].

C’è oggi una tendenza forte alla ricerca del benessere, che si identifica con quell’attenzione alla propria salute quanto mai diffusa e promossa nella cultura attuale che non di rado si materializza nel culto del corpo in senso igienistico o estetico ed è centrata sul rapporto con se stessi. Il che favorisce atteggiamenti individualistici.

Tali atteggiamenti non sono altro che l’inizio di una differenziazione sociale: chi è benestante paga e non solo si può curare ma può anche permettersi di ambire alla perfezione. Sia individualmente, che come società, dovremmo combattere e abbattere le distanze, fare in modo che non ci siano malati di serie A e malati di serie B, pensare a strategie di cura, dove nessuno è escluso dall’assistenza socio-sanitaria.

Lo scopo della nostra società deve essere mettere al centro la persona per poter ritornare al concetto di salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che definisce ”una condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale e non esclusivamente l'assenza di malattia o infermità.”



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