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Dal buonismo alla possibilità reale di risolvere i problemi

di Emanuele Davide Ruffino e Germana Zollesi


L’apparire buoni non sempre aiuta a risolvere i problemi, anzi la ricerca di voler compiacere al pensiero dominante e di accanirsi nel condannare chi sbaglia, rischia di abbagliare la razionalità indispensabile per affrontare i problemi.

La politica, arte nobile, è la prima a farne le spese in quanto si rinuncia ad elaborare una visione generale del futuro per rincorrere un consenso immediato, ma è tutta la società ad essere vittima di ricerche forsennate di atteggiamenti rispondenti a principi altruisti che però non si trasformano in comportamenti concreti.


Lo scarto tra enunciazione e prassi

Vi è poi una sottile differenza tra essere buoni e il semplice ostentare sentimenti di tolleranza e di benevolenza verso gli altri, ma le conseguenze di questa confusione sono sempre più deleterie in quanto l’attenzione della società si concentra sul sensazionalismo immediato, lasciando la risoluzione dei problemi ad una sterile rivendicazione.

Ad una continua enunciazione di buoni principi fanno seguito comportamenti di una violenza e di una illogicità inaudita e i recenti adolescenti morti per pestaggio in Francia, probabilmente ad opera dei coetanei, sono drammatici espressioni di una società che non riesce più a trovare coesione e pensa che enunciare buoni principi sia sufficiente per essere a posto con la coscienza. Gli adolescenti riflettono il comportamento degli adulti e della società stessa sempre più impegnata a lasciare irrisolti piccoli e grandi problemi.

Sicuramente non si può ipotizzare una relazione tra l’enunciazione di buoni principi e le concretizzazioni di situazioni allucinanti, ma occorre chiedersi se il nostro modo di affrontare i problemi risponde al problem solving o si ricerca ossessivamente l’acquisire notorietà e compiacenti gradimenti. Gli esempi non mancano e, partendo dalla cronaca di questi giorni, si osserva come l’Ordine degli ingegneri segnali che l’80% delle case presentano piccole e insignificanti difformità che però impediscono la loro vendita. Il che porta, da un lato, a discutibili proposte preelettorali e, dall’altro, a gridare al condono come male assoluto, anche quando si parla di minime difformità senza nessun impatto ecologico. Morale: entrambi gli atteggiamenti fanno guadagnare un pugno di voti, ma il problema non si risolve o si risolverà male, con un ennesimo provvedimento che complicherà ulteriormente la situazione (e nuova linfa vitale per i burocrati).  

Analogo discorso per le liste di attesa in sanità, dove la richiesta di maggiori prestazioni fa sicuramente guadagnare voti (ed infatti tutte le forze politiche concordano nel richiederle), mentre lo scarso senso civico che porta il 21% delle prenotazioni a decadere, perché il soggetto, senza disdire, non si presenta all’appuntamento, interessa decisamente meno. Alla stessa stregua, non conquista le prime pagine dei quotidiani la facilità di prescrizione che porta a richiedere esami non necessari più collegabili alla medicina difensiva.

E come non ricordare l’annosa questione dello smaltimento rifiuti, dove tutti proclamano il volere condizioni ambientali vivibili e verdi (che fa guadagnare voti), ma nessuno dice dove e come installare le discariche (fa perdere voti), ma anche a livello locale nessuno vuole il bidone dell’immondizia davanti alla propria casetta (meglio se viene posizionata, non troppo lontana, ma davanti al vicino): problema irrisolvibile per qualsivoglia partito o ideologia (e forse non è neanche compito loro), ma argomento utile anche per contrattare una manciata di voti, secondo l'inchiesta della Procura di Torino. Quando poi non si riesce a trovare una soluzione efficace, ecco che si spariglia, invocando maggiori controlli e aggiornando la famosa massima di Tommaso di Lampedusa nel Gattopardo con il nuovo motto “controllare tutto, per non controllare niente”.

 

La bontà sul piano internazionale

Non sapendo risolvere i nostri problemi quotidiani nei nostri condomini (le maggiori cause giudiziarie riguardano proprio le liti tra condomini e, almeno su questo fronte, i partiti non hanno responsabilità), nei nostri quartieri e nelle nostre città, allora si diventa buonisti a livello internazionale, invocando ieraticamente la pace. Chiunque, sano di mente, non può non auspicare la pace e la civile convivenza tra i popoli, ma poi si tende a lasciare inevasa la domanda sul “come”, ossia su cosa bisogna fare se Putin invaderà la Lituania, la Lettonia e l’Estonia o la Finlandia o bombarderà qualche aeroporto della NATO o se un missile, che ogni tanto lancia il Nord Corea, cadrà sul Giappone o se l’Iran clericale continuerà ad uccidere le donne che non indossano correttamente il velo.

Chi vuole aggredire trova sempre una giustificazione e riesce, con una buona propaganda, a far accettare un’unica verità alle popolazioni sottomesse: noi, in Occidente, qualche volta fatichiamo a capire qual è la verità,  attratti come siamo dalle mille sirene, ma la pluralità di opinioni e fonti di informazione ci permettono, anche se con notevole fatica ad elaborare una verità, o almeno una “nostra verità/opinione”. Si suole dire che “se non vuoi che una cosa non si sappia, non pensarla”, ma un altro modo di dissimulare la verità è quella di nasconderla in mezzo ad un’infinità di notizie.

Bisogna infatti considerare che se il buonismo è inutile, grande successo, a livello mediatico, sembra invece riscontrare il suo contrario, il “cattivismo”, ossia chi intenzionalmente adopera toni aspri o esibisce cattivi sentimenti per richiamare l’attenzione, sapendo che così ottiene notorietà. Sarà la nostra capacità intellettuale e la nostra maturità civica a scindere le informazioni necessarie da quelle superflue fatteci affluire per colpire la nostra sensibilità. E conoscere la verità ed acquisire maggiori conoscenze è sempre la precondizione per risolvere i problemi.

 

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