Dagli aceri di corso Belgio al Parco della Confluenza: la "coerenza" verde del Comune di Torino
Aggiornamento: 22 lug 2024
di Aida Dell'Oglio
Gli aceri della discordia di corso Belgio, dopo la sentenza dello scorso 31 maggio[1], saranno nuovamente oggetto del giudizio della magistratura il prossimo 31 luglio. L'amministrazione comunale di Torino, infatti, ha impugnato il 14 giugno l'Ordinanza del giudice Sburlati. Una scelta legittima sul piano giuridico, ma stranamente rappresentata dai media come conseguenza di recenti eventi atmosferici, che avrebbero evidenziato nel concreto le criticità dell'alberata di corso Belgio e, quindi, conseguenza della conseguenza, la necessità di procedere al taglio degli alberi per la sicurezza dei cittadini. Ora, pur apprezzando le ragioni di chi segue con comprensibile sensibilità lo stato di salute degli alberi torinesi, altrettanto comprensibile è la preoccupazione di chi scopre che ogni evento pericoloso che si registra a Torino - dalla quercia caduta in corso Brianza all'albero di corso Moncalieri - sia puntualmente messo in relazione con gli aceri di corso Belgio.
Tra l'altro, credo, sia opportuno ricordare che il Comitato “Salviamo gli alberi di Corso Belgio”, sorto lo scorso anno a difesa degli aceri negundo e autore del Ricorso al Tribunale di Torino, ha accolto con soddisfazione il provvedimento del giudice Sburlati, che riconosce la fondatezza del ricorso basato sulla salute dei cittadini. Ma nello stesso tempo vi ha rilevato una sorta di contraddizione nel metodo, perché il Giudice ha disposto che l'abbattimento venga comunque effettuato, benché in tempi più lunghi: cinque anni, contro i diciotto mesi previsti dall'Assessorato al Verde.
E nel merito, perché , in virtù del principio , cui nessuna persona di buon senso, può derogare: “non si abbattono alberi sani”. E' un principio sostenuto da tredicimila firme di cittadini, che si scontra con la richiesta dell'amministrazione comunale di ricevere carta bianca sui tempi di abbattimento.
Ma non è finita. Lo stupore continua. Giovedì 20 giugno nella Sala dell'Orologio del Municipio di Torino, si è discusso dei concerti all'aperto che alcuni gruppi musicali dovrebbero tenere al Parco della Confluenza, opposto al Parco del Meisino, dal 23 agosto al 2 settembre, nell'ambito del “Todays festival 2024”.
La location, come dicono gli addetti ai lavori, scelta dagli organizzatori - la Fondazione Reverse - prevede l'occupazione di un'area di mille metri quadri all'incirca, per il palco e il pubblico, oltre ad una serie di spazi per la sistemazione di tutto ciò che un'organizzazione del genere comporta, alla confluenza della Stura con il Po. Si tratta di un'area, lo si ricorda, di ripopolamento di flora e fauna acquatica e terrestre. Zone oramai rare, in cui in qualunque momento dell'anno, anche d'inverno, ci si emoziona dinanzi alla varietà della fauna acquatica che vive in quel luogo o viene a nidificare in alcune stagioni, o semplicemente lo attraversa nelle sue lunghe migrazioni. L'elenco di specie rare o rarissime, intercettate dagli studiosi o, semplicemente, dagli amanti della natura, è lunghissimo. Sono luoghi in cui fino ad oggi una bassa e rispettosa antropizzazione ha permesso che si ristabilisse un notevole livello di naturalità, che deve essere protetta e conservata e che, in particolare nei fine settimana, vengono visitati da centinaia di persone, a piedi o in bici, dove è possibile.
Al parco del Meisino molti si recano semplicemente per sedersi a leggere un libro ed intanto godere dell'ombra di maestosi alberi che intrecciano i rami tra di loro, fino a provocare degli autentici miracoli della natura. Come ad un grande albero, cui sono spuntate le ciliegie. Seguendo l'intreccio dei rami, si è scoperto che il grande ciliegio, vari metri più in là, appoggiava alcuni dei suoi lunghi rami sul vicino compiacente. Abbiamo visto più volte come si stabilisca una sorta di mutuo soccorso all'interno di un'alberata, un frutteto, ad esempio, per cui persino un pero sradicato può continuare a produrre frutti perché nutrito, in alto, dove i rami si intrecciano, dal pero più saldamente radicato.
La natura ha ritmi e respiri che noi conosciamo ancora poco, dopo esserci orgogliosamente posti al suo centro, come dominatori.
Che però si potesse immaginare di creare al Meisino una “Cittadella dello sport”, abbattendo molte delle grandiose essenze arboree e di alcune antiche e affascinanti strutture, per lasciare spazio alle varie attrezzature sportive, o che si potesse radunare sull'altra sponda una massa di migliaia di persone per una kermesse musicale di undici serate, è cosa che supera qualunque fantasia di persona normale e soprattutto, indigna i cittadini sensibili, rispettosi della natura e desiderosi di mantenerne l'integrità.
Ma l'indignazione non ha colpito i consiglieri comunali della commissione preposta che all'unanimità, salvo due, hanno approvato l'uso della Confluenza, indifferenti ai guasti all'habitat in cui nidificano e vivono decine e decine di specie di volatili e gli altri selvatici. Insieme all'indignazione, sono mancati all'appello anche alcuni fondamentali passaggi organizzativi: su tutti, la consultazione dell'Ente di Gestione delle Aree Protette del Po Piemontese, che ha dichiarato di aver appreso la notizia del festival dai giornali.
Del resto, perché stupirci? Da qualche tempo la natura ci sta inviando dei chiari segnali, degli ammonimenti a cercare di uscire dal vecchio antropocentrismo e considerarci, invece, parte di un unico grande sistema nel quale le piante hanno pari dignità, come gli uomini e le altre creature viventi.
E' noto come, se abbattiamo uno degli alberi di un sistema, tutte le altre piante, ma in particolare quelle immediatamente vicine, si indeboliscano e siano più esposte ai pericoli derivanti dalle variazioni meteorologiche. Questo spiega anche i catastrofici fenomeni che, da alcuni anni, si stanno abbattendo sulla nostra città, dove una discutibile politica del verde ha fatto sì che mai, o quasi mai, siano stati rimessi a dimora i numerosi alberi. Come in corso Belgio, dove, per dichiarazione degli esperti nominati dal giudice Sburlati, a partire dal 2006 , è già stato abbattuto un terzo dell'intera alberata, senza che sia stato operato alcun rimpiazzo.
Recentemente proprio nello stesso Corso, sono stati abbattuti diciassette aceri negundo. E il 24 maggio, durante una furiosa tempesta, un acero giovane è stato sradicato e abbattuto. Un caso? Tutto attorno, per decine di metri si può ancora osservare come, già nel tempo passato, ma in particolare a causa degli abbattimenti del mese di febbraio, attorno a quell'acero fosse stato fatto il deserto... Il commento a stretto giro di posta del sindaco Stefano Lo Russo non si è fatto naturalmente attendere: quale migliore occasione per sostenere che la caduta dell'acero era la prova provata che il Progetto di abbattimento era giusto... Eppure, se riflettiamo sui cataclismi, sappiamo bene che è da tempo che la natura ci avverte di non continuare a danneggiarla.
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