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Crisi Ucraina e Santa Sede: in quanti cercano di "sbarazzarsi" di Papa Francesco?

di Beppe Reburdo


Papa Francesco è ritornato sul dramma del popolo ucraina all'Angelus di oggi, domenica 10 settembre. Il Pontefice, nel ricordare il sacrificio dei martiri beatificati, Giuseppe e Vittoria Ulma con i loro 7 figli, un’intera famiglia sterminata dai nazisti il 24 marzo 1944 per aver dato rifugio ad alcuni ebrei che erano perseguitati a Markowa, in Polonia, ha chiesto di intensificare le preghiere per la martoriata Ucraina. Un richiamo a pochi giorni dalle accuse lanciate da Mikhail Podolyak, capo consigliere del Presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky, che ha sostenuto che il "Il Vaticano non può avere alcuna funzione di mediazione, perché sarebbe una funzione che ingannerebbe l’Ucraina o la giustizia". In proposito, il commento di Beppe Reburdo.


"Parlare di mediatore che si chiama Papa non ha alcun senso... Posizione del Papa pro russa è evidente ormai a tutti… Azzeramento totale di qualunque missione di mediazione del Vaticano e della reputazione della Santa Sede…". Sono le affermazioni pesantissime di Mikhail Podolyak che hanno dell’incredibile e che sono una vera propria provocazione per coprire una volontà di guerra sino "al cuore" della Russia nonostante orrori, morti, eccidi, distruzioni!


La freddezza di Zelensky alle proposte di Zuppi

Va detto che circa due mesi fa, ben prima delle dichiarazioni di Papa Francesco, il cardinale Matteo Zuppi per conto del Pontefice aveva proposto a Zelensky una bozza di idee su un piano di pace che prima di tutto affrontasse le immense questioni umanitarie che la guerra in corso da oltre due anni ha e continua a provocare. Zelensky aveva respinto ogni tipo di proposte a partire da quelle umanitarie. Va ancora una volta precisato che il Vaticano aveva sempre affermato che l’invasione russa era inaccettabile e da condannare, e che il sostegno al popolo ucraino era fondamentale, senza se e senza ma.

Per la Santa Sede, e tanto più per il Papa, questi due punti sono indiscutibili, ma la guerra e il suo ampiamento non può essere accettata come soluzione per il semplice fatto che con le trattative non tutto è perduto, in particolare per il popolo immerso nelle più drammatiche dirompenti conseguenze. Inoltre il tipo di guerra in atto sollecita immense spese militari, motiva la preparazione ad un più vasto scontro con la Russia, spacca il mondo tarpando le ali alle politiche di dialogo e confronto democratico, rinfocola vecchie e pericolosissime divisioni. Infatti ad esempio la politica della UE con un preciso ruolo è di fatto scomparsa, assorbita dalla NATO-UE.

Alle dichiarazioni di Papa Francesco su quella Russia, prima del comunismo, come produttrice di cultura e storia, si è risposto strumentalmente con attacchi sguaiati, falsi, dirompenti subito sfruttati da chi vuole un mondo di tensioni e competizione con tutti i mezzi, compresi quelli militari che subito Zelensky ha utilizzato anche contro gli interessi del suo stesso popolo. Una delle motivazioni è che Putin può utilizzarle per la sua propaganda interna e quindi rafforzare il suo "traballante" potere. Si dimentica però che l’attuale Russia putiniana si ispira non al passato giustamente valorizzato dal Papa, ma a Ivan il terribile e allo Czar Nicola I, tradendo lui stesso la sua storia.


Si mira a indebolire il Papato

Va quindi detto che l’Ucrania di Zelensky, pur avendo tutte le ragioni sulla orribile invasione russa, non vuole né comprendere, né accettare che la guerra sta portando il suo Paese alla distruzione. Emergono sempre più sospetti che egli si presti a dare motivo alla strategia guidata dagli USA che vuole consolidare un fronte culturale-politico-militare per imporre una nuova egemonia strategica di dominio del mondo.

Gli attacchi diretti a Papa Francesco sono centrali per poter dominare il mondo a fronte di un papato che invece "senza peli sulla lingua" agisce con e per il dialogo, la giustizia, il sostegno agli ultimi e agli scartati, sia come individui che come nazioni. I suoi viaggi in Africa, America centrale e Latina, in Asia, le sue Encicliche come Laudato sì e Fratelli tutti, le esortazioni e orientamenti pastorali, il Sinodo sull’Amazzonia, la tipologia delle udienze e della liturgia hanno dimostrato di essere rispettose delle culture locali.

Gli stessi tentativi di indebolire il papato con attacchi interni di vescovi, cardinali e “popolo di Dio” più ligi al potere temporale e alle apparenze va in questo senso, cioè zittire chi ha una immensa credibilità mondiale. “Togliere di mezzo Francesco”, ridimensionarlo nel ruolo, scatenare la sia pur marginale opposizione interna, puntare sui fedeli conservatori a livello italiano, europeo, americano legati al fascio-leghismo e nazionalismo sovranista diventa per lo schieramento americano fondamentale. Altri interventi sono in fase di attuazione come la sempre più debole UE, dalla quale si autonomizzano sempre più i paesi ex-sovietici, l’aumento incontrollato delle spese militari con un due per cento del pil ormai ottenuto, l’accentuarsi del controllo sui media.

Le parole di don Primo Mazzolari

Allora almeno tre domande bisogna farsele. Nell'Unione Europea e in Italia esistono forze culturali, politiche e sociali decisamente impegnate ad opporsi a questo disegno anti democratico? Il movimento pacifista è in grado di cogliere appieno questa sfida? Nella Chiesa il rinnovamento bergogliano viene attentamente colto, sperimentato, attuato? Sono domande dalle quali si deve partire per unificare tutte le forze e le esperienze che nella società e nella Chiesa esistono anche se ancora incerte, divise e troppo auto referenziali. In questo ci aiuta don Primo Mazzolari che riguardo alla guerra già quasi cento anni fa affermava: "La pace è un bene universale, indivisibile: dono e guadagno degli uomini di buona volontà. Per questo noi testimonieremo, finché avremo voce, per la pace cristiana. E quando non avremo più voce, testimonierà il nostro silenzio o la nostra morte, poiché noi cristiani crediamo in una rivoluzione che preferisce il morire all’uccidere".

Che lezione per tanti che si dichiarano credenti.

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