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Covid-19 ovvero l’esplosione del disagio psichico

di Emanuele Davide Ruffino e Germana Zollesi |

Sembrerebbe un gioco di società ed invece è una triste realtà da prendere in massima considerazione. A dirlo è il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres secondo cui “la pandemia sta colpendo famiglie e comunità causando molto stress: gli operatori sanitari, gli anziani, gli adolescenti, le persone con patologie mentali pregresse sono i più esposti e noi dobbiamo occuparci di loro e aiutarli”. A rafforzare la necessità di contenere il rischio di un disagio è anche Devora Kestel direttrice del dipartimento di salute mentale dell’OMS che ha sottolineato come “l’isolamento, la paura, l’incertezza, le turbolenze economiche, causano o potrebbero causare sofferenze psicologiche”. Controprova di queste osservazioni è la crescita nel consumo di psicofarmaci. Del resto, lo constatiamo quotidianamente, l’irrompere della pandemia nella nostra società ha stravolto molte abitudini e la stessa capacità di ragionare. La sfera personale, familiare e sociale, ha subito delle sostanziali modifiche spazio/temporali con conseguenze ancora tutte da valutare. I prodromi di una fase di decadenza erano in incubazione da tempo, ma la paura del contagio, l’isolamento forzato, il timore di perdere i propri cari, aggravato dall’incertezza economica hanno provocato una serie di conseguenze tutte caratterizzate da un crescente livello di irrazionalità, cui non solo non si riesce a porre rimedio, ma si fatica addirittura ad esplicitare, nei diversi settori della vita. In ordine, analizziamo alcuni fattori diventati sempre più visibili. La progressiva alienazione della Politica

Non si riesce più ad operare una sintesi delle attività da porre in essere per realizzare il benessere dello Stato e della collettività in esso insediata. Con lo scoppio della pandemia si è persa la lucidità nel ridefinire le priorità e l’ordine delle cose dando origine ad una kermesse di soluzioni costose che ci lasceranno molto più poveri ed indebitati, senza aver realizzato opere di ammodernamento strutturale. Ma ciò che è peggio non si sta creando una visione condivisa sul futuro. Società senza più punti di riferimento e valori morali in crisi

Se il concetto di società viene riferito all’unione dei suoi elementi caratterizzati, l’irrompere della pandemia ne è diventato il fattore di maggior condizionamento (difficilmente controllabile da nessuno degli attori). Di fatto, la società è il contenitore dentro il quale possono costituirsi e svilupparsi tutte le azioni di una collettività e dei suoi individui, e questi inevitabilmente sono condizionati dagli obblighi dettati dal prevenire il contagio e gestire la pandemia. La schizofrenia economica e finanziaria

L’impossibilità di un libero scambio, inficia i fondamenti del mercato e le basi produttive di una nazione. Nella crisi, molte aziende sono riuscite a trovare spazi, come testimoniano il buon andamento nelle Borse europee, asiatiche e a Wall Street di alcuni titoli, ma la ricchezza complessiva è sicuramente diminuita o più esattamente, e diminuita la prospettiva di crearne di nuova. E per un sistema basato soprattutto sulle aspettative la presenza di un male oscuro costituisce un handicap pericoloso. Il caos nella comunicazione e il protagonismo degli “specialisti”

Il livello di sfiducia nei confronti del sistema informativo è cresciuto, vuoi per l’imprecisione e la contraddittorietà con cui il mondo scientifico ha comunicato le informazioni sul Coronavirus, vuoi per la ricerca del sensazionalismo che, associato alle morbosa curiosità dei complottisti, fanno dubitare su qualsiasi notizia (generando negazionisti, terrapiattisti, i rettiliani…). Stress e limiti evidenti della Globalizzazione locale

Critiche e contrasti ai processi di globalizzazione si erano già accentuati prima della pandemia, ma si trattava di posizioni ideologiche, mentre oggi le scelte sono condizionate dalle misure restrittive poste in essere dai vari stati per necessità. Si fa così strada la cosiddetta economia della ciambella, dove nessuno deve essere lasciato dentro il buco (ossia senza un minimo di risorse da garantirgli una vita dignitosa), ma nessuno può oltrepassare l’altro limite della ciambella vivendo al di sopra delle possibilità che il pianete offre, garantendo un’equa distribuzione all’interno di essa. Ma su chi deve stabilire quali sono questi limiti non vi è ancora nessun accordo. Il vulnus della Sanità: ma non c’è soltanto la Calabria…

La pandemia ha sovvertito i parametri su cui si sviluppa il sistema obbligando a mettere in secondo piano l’approccio meccanicistico di diagnosi/prescrizione, per porre l’accento sulle attività preventive basate sul rapporto “individuo/sistema di cura”. L’abbuffata burocratica-consumistica con cui si pensa di superare la fase critica denotata l’incapacità di un management sanitario a utilizzare le risorse disponibili producendo soluzioni contradditorie (l’esempio della Calabria è solo la punta dell’iceberg). Il minimo comune denominatore delle declinazioni del Coronavirus negli aspetti sopraelencati è la riduzione, se non il venir meno, delle capacità di razionalizzare l’approccio ai problemi in una visione complessiva. Siamo cioè in una psicopandemia dove le capacità di analisi e di elaborazione sembrano affievolirsi, fino al punto da non saper più esprimere un condotta comune. Ma la colpa non può essere attribuita solo al microbo esportato dalla Cina. Per vari aspetti i presupposti per una crisi di sistema erano già evidenti e la Covid-19 è stata solo il detonatore. Certamente il futuro sarà condizionato dalla capacità o incapacità di gestire i passaggi cui siamo obbligati a superare, se vogliamo garantirci il domani. Alla prova dei fatti (cioè della pandemia) gli apparati internazionali, nazionali e locali, non solo non hanno saputo reagire tempestivamente, ma la cultura e il mondo scientifico faticano addirittura a formulare ipotesi generali di sistema. Siamo diventati bravissimi a calcolare gli indici di fiducia, ma paradosso della conseguenza consideriamo sempre meno affidabili chi li calcola. Le diverse discipline scientifiche sono chiamate a ridefinire i principi regolanti la comunità al fine di realizzare il bene comune e condurre a un’esistenza indipendente e dignitosa a tutti i suoi componenti. Alla tanto vituperata Politica toccherà il compito di tradurre le elaborazioni provenienti dai vari settori in leggi e comportamenti. A preoccupare però è la sempre più incalzante mancanza di autorevolezza che le istituzioni, in tutti i settori, non sembrano più riscuotere. È proprio questa degenerazione il più pericoloso impatto dello psicovirus in quanto priva della capacità di reazione tutte le componenti della società.

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