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Autonomia differenziata: "Una corsa verso il nulla"

Aggiornamento: 3 feb 2023

di Anna Paschero



Ddl_autonomia_differenziata_2_febbraio_2023
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, anziché rappresentare il capitolo conclusivo di una storia iniziata da più di 20 anni con la riforma istituzionale del 2001, lascia aperte ancora troppe questioni irrisolte. Non si comprende quindi la soddisfazione del Governo Meloni e il rumore della notizia che, oggettivamente, lascia il tempo che trova. Una storia già vista che, quand’anche portasse all’approvazione del disegno di legge da parte del Parlamento, di per sé non introdurrebbe nessuna modifica significativa per gli enti territoriali e per la loro autonomia. Una legge la cui attuazione resta subordinata ad un aspetto cruciale: la definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni, ossia i LEP, (vedi art. 3 c. 1 del DDL) già affrontata e mai risolta con la legge 42 del 2009 (Federalismo fiscale). I LEP, sia pure previsti dalla Costituzione non sono stati ancora definiti. Almeno non tutti perché al netto di quelli impliciti nelle norme vigenti (es. anagrafe) sono ancora molti i settori in cui i LEP devono essere definiti, dai servizi sociali al trasporto locale. Ciò rappresenta una questione istituzionale di primaria importanza, perché significa che il dettato costituzionale resta inattuato su un punto dirimente.

Il motivo è che dalla determinazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni consegue necessariamente un aggravio di spesa per le casse dello Stato e il DDL non indica le fonti di finanziamento. Anzi. Il DDL è esplicito nell'affermare che l’attuazione della legge non deve comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e l’invarianza finanziaria con le regioni che non faranno parte dell’intesa (vedi art. 8 del DDL). Ciò vorrebbe dire che le attuali risorse saranno redistribuite su tutto il territorio nazionale togliendo a qualcuno e dando a qualcun altro risorse finanziarie da parte dello Stato.

Il percorso dell’autonomia differenziata si presenta quindi ancora lungo (e "periglioso") perché i passaggi istituzionali ancora da percorrere possono bloccarne il cammino, come si è già visto con la legge 42 del 2009. Una cosa è certa: la legge porterà, ad una proliferazione di centri decisionali e di ulteriore sovrapposizione di competenze tra Stato e Regioni (ed enti locali) che non faranno bene né alle finanze pubbliche, né ai cittadini.


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