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Alpini in Russia e la libertà, secondo il presidente Cirio

di Gianna Pentenero


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Modesta conoscenza della storia? Affannoso desiderio di svalutare attraverso la storia i valori fondanti del centro sinistra? Ammesso che il diretto interessato, il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, voglia dare od offrire una risposta, è davvero stupefacente la leggerezza con cui egli oggi, 16 aprile, ha ricostruito l'invasione italiana in Russia nel 1941 al seguito delle armate della Wermacht impegnate in quella che prese il nome di "Operazione Barbarossa".

Il prologo si è avuto a Biella, alla presentazione della 96ª adunata degli Alpini, tradizionale appuntamento delle penne nere che quest'anno "invaderanno" pacificamente dal 9 all'11 maggio Biella. L'atto successivo sono state le parole che hanno spiegato l'invio del primo contingente, il CSIR (Corpo di spedizione in Russia) al comando del generale Giovanni Messe (all'epoca il migliore stratega dell'Esercito italiano) e del successivo, l'ARMIR (Armata italiana in Russia) al comando del generale Italo Gariboldi, in una guerra di conquista che si rivelò una catastrofe e che gli italiani pagarono con 85 mila morti. Una pagina di storia di cui l'Italia repubblicana non si è mai dichiarata fiera, ma il presidente regionale, a una settimana o poco più dalla Festa della Liberazione del 25 Aprile, ha liberamente associato al raduno degli alpini con una interpretazione singolare: a Biella ci "sarà un evento di popolo ma anche di valori ed è il tributo ai tanti Alpini che nella Campagna di Russia hanno perso la vita per la nostra libertà".

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Dunque, sono parole, a mio avviso, "gravi, sbagliate e offensive", che negano la verità storica e offendono la memoria di quegli stessi alpini, da Nuto Revelli a Mario Rigoni Stern e a Egisto Corradi, per citare i più noti, che furono testimoni e seppero raccontare con onestà e senso di grande umanità quella tragedia, sfociata nella ritirata di Russia, dopo l'accerchiamento della VI armata tedesca del maresciallo Paulus a Stalingrado agli inizi del 1943, in una aggressione militare che nulla aveva a che fare con la libertà, ma solo con l’ambizione fascista di affiancare Hitler nell’invasione dell’Unione Sovietica.

All'opposto, il frasario del presidente Cirio rischia di prefigurarsi come un inutile frasario che nulla spiega e molto toglie proprio a quegli alpini che dopo l'8 settembre 1943, scelsero la strada della montagna per dare inizio alla Resistenza che in Piemonte vivificò la lotta per libertà, quella vera, per 20 durissimi mesi.

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