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La Porta di Vetro

25 luglio 1943, crolla il regime

Aggiornamento: 25 lug


Alle 17,20 di domenica 25 luglio 1943 le "cimici", i distintivi del Partito nazionale fascista, caddero nella polvere. Con l'arresto di Benito Mussolini a Villa Savoia, il fascismo andato al potere con la marcia su Roma del 28 ottobre 1922, crollava rovinosamente. Il colpo di stato della Monarchia con l'appoggio dei vertici dell'Esercito, lo stesso che aveva suggerito oltre vent'anni prima di non essere messo alla prova nel contrastare la "rivoluzione" delle camicie nere, era riuscito. Paradossalmente, si era alla ricerca del medesimo obiettivo: uscire dal caos. Nell'ottobre 1922, la classi dominanti e la piccola borghesia del Paese erano stanche della strisciante guerra civile e degli scontri di piazza alimentati dei fascisti. Mussolini garantiva il ritorno alla normalità e la sicurezza di Casa Savoia. Nel luglio del 1943, i rovesci militari erano insostenibili e rischiavano di pregiudicare il futuro della Monarchia.

Re Vittorio Emanuele III, piccolo di statura e di coraggio, preso atto del voto del Gran Consiglio del Fascismo all'ordine del giorno Grandi che sfiduciava Mussolini, si mosse secondo la sua personale vocazione: la ricerca di protezione. Un pavido: dal fascismo alle Forze armate, all'ombra del Maresciallo d'Italia Pietro Badoglio, il militare che aveva dribblato con grande disinvoltura la rotta di Caporetto e che meglio di chiunque altro aveva messo a profitto (soprattutto economico) la conquista dell'Impero. Un'accoppiata "vincente" sul breve periodo, ma esiziale per il futuro del Paese costretto alla vergogna e all'infamia dell'8 settembre e al collasso dello stato.

Il cavaliere Benito Mussolini era entrato a Villa Savoia alle 17. Ne era uscito deprivato del potere 20 minuti dopo. Nella canicola estiva, l'ambulanza si cui era stato costretto a salire, s'infilò nella caserma Podgora, in via Quintino Sella, sede della Legione Carabinieri Reali di Roma. Un'ora dopo, il capo del fascismo fu trasferito in una camera della Caserma della Legione Allievi dell'Arma in via Legnano. Alle 22,45 le trasmissioni radio furono interrotte per la lettura del seguente comunicato:

Sua Maestà il Re e Imperatore ha accettato le dimissioni dalla carica di Capo del Governo Primo Ministro Segretario di Stato di Sua Eccellenza il Cavaliere Benito Mussolini, ed ha nominato Capo del Governo Primo Ministro Segretario di Stato, sua Eccellenza il Cavaliere, Maresciallo d'Italia, Pietro Badoglio.

A Roma la gente si riversò nelle strade felice per la libertà ritrovata e cominciò l'abbattimento dei simboli fascisti e dei busti di Mussolini. Ma le speranze di uscire dal conflitto furono gelate da un immediato comunicato di Badoglio: «[…] La guerra continua. L'Italia duramente colpita nelle sue Provincie invase, nelle sue città distrutte, mantiene fede alla parola data, gelosa custode delle sue millenarie tradizioni […]».

Ciò che sarebbe seguito in quelle drammatiche ore era imperscrutabile. Ma per la Monarchia sabauda, con la fine della dittatura, sarebbe stato l'inizio della fine, per il Paese l'inizio di una salutare catarsi.

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