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Vaccinazioni, ora il virus fa meno paura agli anziani

di Fausto Fantò


I dati che sentiamo in questi giorni, ci dicono che il numero dei morti per il Coronavirus sono ancora terribilmente alti, e che le strutture sanitarie ed in particolare gli ospedali sono in sofferenza. Gli anziani rappresentano la fascia di popolazione che più di altre ha pagato un caro prezzo in termine di morbilità e soprattutto di mortalità per Covid-19, soprattutto nei paesi come l’Italia in cui la vita media è alta (82-79 anni per gli uomini e circa 84 per le donne) e l’invecchiamento è gravato da patologie croniche e degenerative. Infatti più del 95% delle morti, finora, ha colpito soggetti con età superiore ai 60 anni e più della metà dei deceduti avevano una età superiore agli 80 anni.


In fondo al tunnel però il buio appare meno buio. I dati delle ultime settimane, anche se molti anziani continuano a morire, ci dicono che il tasso di mortalità (deceduti per contagiati) tra gli anziani è sceso dal 9,56% ad inizio pandemia all’1,9% dell’ultima settimana. Una conferma, qualora ve ne fosse ancora bisogno, che il vaccino rappresenta l’arma vincente (anche se non l’unica). Non a caso l’adesione di questa fascia di popolazione alla campagna vaccinale ha evitato di rivedere immagini strazianti di un passato recente che si sono impresse nella nostra memoria.


La campagna vaccinale perseguita con determinazione dal generale Francesco Paolo Figliuolo e dalla politica del governo Draghi, ha portato oggi ad avere il 75% degli anziani con 3 dosi e circa 88% con 2 dosi. Una politica vaccinale che ha dato la precedenza agli anziani ed in particolare ai soggetti più “fragili” ha determinato una riduzione della mortalità in questa fascia di popolazione, anche se ora occorre estendere la copertura anche alle fasce più giovani (dove il virus continua a circolare). Se poi associamo ai vaccini comportamenti opportuni che vanno dal rispetto delle norme igieniche all'evitare gli assembramenti, dal distanziamento alle dovute precauzioni in famiglia, anche per gli anziani è possibile prospettare un superamento della fase pandemica.


Certamente gli anziani ed le categorie “fragili” sono stati anche quelli che hanno dovuto, in cambio di una maggiore protezione, subire le rinunce maggiori ai controlli ed alle visite per le altre patologie di cui sono affetti. Sono state spesso annullate le visite programmate ed i controlli provocando gravi conseguenze sul monitoraggio delle progressioni delle malattie. Non andranno trascurati gli effetti psicologici del lungo periodo di lockdown cui sono stati segregati gli anziani. Quotidianamente, si registrano gli effetti nocivi dell'isolamento protratto sulla psiche di soggetti che già in precedenza faticavano ad intrattenere una normale vita di relazione, causa il rallentamento dei vincoli familiari (sono sempre meno gli anziani che vivono in famiglia, o che hanno una famiglia).


Oltre agli aspetti psichici e l’aumento esponenziale di malattie come la depressione e l’ansia, la solitudine e l’isolamento hanno fatto registrare un incremento di persone con deterioramento cognitivo e un netto peggioramento della malattia e dei sintomi di pazienti già affetti da patologie demenziali.

A differenza del passato, si deve evidenziare come la maggior parte delle attività cliniche sono proseguite, anche se in modo ridotto. Il che ha evitato il peggioramento delle condizioni di salute dei malati cronici e in particolare di chi non poteva interrompere le terapie (oncologici, cardiopatici, patologie autoimmuni, cerebrovasculopatie cerebrali, ecc.).


Anche le RSA, tanto bistrattate e svalutate, non hanno avuto i problemi che si sono verificati nell’inverno/primavera del 2020 perché hanno saputo e avuto, sulla scorta dell'esperienza pregressa, tempo per organizzarsi. Molte RSA hanno cercato di ristrutturarsi cercando soluzioni spesso “artigianali” per consentire ai famigliari di mantenere un contatto con i loro cari, per evitare l’isolamento e la solitudine che in questo momento rappresenta la vera emergenza, soprattutto nei nostri anziani.


Sappiamo che con l’arrivo del caldo la virulenza della pandemia scemerà, ma se non si prendono le dovute misure, potrebbe riacutizzarsi nel prossimo autunno. E gli anziani, sarà anche banale ricordarlo, avranno un anno in più...


Dunque, è necessario che i servizi socio-sanitari, e non solo, sappiano organizzarsi per affrontare nel migliore dei modi un ritorno del virus, con la consapevolezza che la vaccinazione, come ha dimostrato l’attuale fase pandemica, ci consente di evitare conseguenze peggiori.

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