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Mercedes Bresso

Ursula von der Leyen: elezione ben gestita e destre spiazzate

di Mercedes Bresso


Ce l’ha fatta, Ursula, e ce l’hanno fatta i partiti pro europei: non solo il Consiglio europeo è stato obbligato a indicare come presidente della Commissione la spitzen candidat del partito che aveva vinto le elezioni, riconoscendo così che non aveva una vera possibilità di scelta se voleva rispettare il risultato elettorale, ma è stata votata da una maggioranza pro europea e che ha concordato un programma che si colloca in continuità  con la fondamentale azione sul  Green Deal della precedente legislatura. E fa onore ai Verdi avere accettato di indicare che la prossima dovrà però tenere maggiormente conto del ruolo essenziale dell’industria e più in generale dei settori produttivi, se vuole davvero raggiungere l’obiettivo di decarbonizzare l’Europa entro il 2050. Così le destre, che erano certe di vincere e di cambiare l’Europa facendole rinnegare i suoi obiettivi climatici, tema su cui avevano puntato tutto, hanno perso due volte: la battaglia per il controllo dell’Europa e quella contro il Green Deal. Merito anche della eccellente conduzione dei negoziati da parte dei socialisti e democratici.

Ursula von der Leyen avrà  dimostrato, con la perfetta gestione della sua rielezione come Presidente della Commissione Europea, di essere una vera europeista e di avere imparato la lezione sul come si governa l’Europa.

Intanto le era chiaro che i voti dei tre partiti che l’avevano sostenuta nella scorsa legislatura rischiavano di non essere sufficienti alla prova dell’aula e che quindi la maggioranza andava allargata. Molti, tra cui i nostri di FDI e della Lega, le suggerivano di allargare a destra vantando una supposta maggiore democraticità di tale scelta. Con ciò hanno dimenticato che la vera divisione in Europa è tra chi vuole andare nel senso dell’allargamento e dell’approfondimento, con l’attribuzione delle competenze tipiche degli Stati federali (per molti il processo deve essere rapido, per altri occorre procedere con cautela, ma tutti sono coscienti che si tratta di una strada che dovremo percorrere) e chi invece vuole tornare indietro a un’Europa vagamente confederale dove con il voto all’unanimità si rischia di essere sempre bloccati.

Tra questi ultimi spiccano per il continuo ripetere l’argomento, gli eletti del partito di Meloni e la stessa Presidente del Consiglio, che avendo,, a mio avviso, capito poco dell’Europa ha gestito il rapporto con Ursula in chiave amicale, pensando di ottenerne in cambio vantaggi per l’Italia. Ora in Europa la cortesia e il dialogo sono essenziali e nessuno li rifiuterebbe, ma le scelte politiche  di fondo e il voto dell’aula per la presidenza sono una cosa diversa. I Socialisti e Renew l’avevano detto con chiarezza: non avrebbero accettato nessun accordo con le destre anti europee. L’apporto di voti meloniani ottenuto con una trattativa  avrebbe fatto quindi saltare l’accordo con socialisti e liberali e reso impossibile l’elezione.

Questo era ben chiaro a von der Leyen, che infatti ha fatto la scelta di negoziare con i Verdi, che pur creando qualche mal di pancia al PPE, stanno pur sempre nell’ambito dei partiti europeisti e che hanno dimostrato in questa occasione intelligenza ed equilibrio.

È possibile che, come sembra suggerire quel marpione di Pierluigi Casini, qualche voto sottobanco sia arrivato anche dagli italiani di ECR in cambio magari di una promessa di attenzione all’Italia nelle attribuzioni del suo commissario, ma non poteva trattarsi di un accordo palese e così è stato. Il probabile ruolo dei meloniani sarà quindi ancora quello che è stato finora: fare da stampella al PPE sugli emendamenti ai singoli provvedimenti in modo da frenare alcuni eccessi che si potrebbero verificare, particolarmente sui temi ambientali.

Certo è un ruolo molto diverso da quello di far parte in modo strutturato di una alleanza come forse sarebbe stato possibile con un ingresso nel PPE di Fratelli d’Italia. Ma Meloni ha preferito la leadership di un partito della destra europea, forse scommettendo sul futuro: può darsi che abbia ragione, ma secondo me la parabola delle destre europee è già giunta al punto di svolta: cominciano a perdere colpi nei Paesi in cui erano forti da più tempo e non riescono a darsi una convincente proposta politica unitaria a livello europeo.

 

 


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