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"Se si vuole la revoca dello sciopero, Draghi cambi passo su fisco e previdenza”

di Pier Massimo Pozzi*


Aver sollevato il dissenso sindacale rispetto all'azione del governo, con l'annuncio dello sciopero generale programmato per il 16 dicembre, ha fatto scattare in più ambienti una sorta di riflesso pavloviano. Quasi che la parola sciopero sia sinonimo di scandalo, dunque vietato... Eppure, non se ne dichiarava uno da sette anni, a conferma del senso di responsabilità che attraversa i sindacati italiani.


Ora prova a ricapitolare i passaggi che vi sono stati in questi mesi con il governo presieduto da Mario Draghi. Intanto, è d'obbligo una premessa: l'esecutivo è nato con il compito precipuo di scrivere il PNRR, approvare importanti riforme indicate dall’Unione Europea e spendere bene i miliardi di euro che l’Italia riceverà, in parte a fondo perduto, in parte come prestiti a lungo termine con tassi di interesse bassi. In parallelo, il governo ha proseguito la lotta alla Covid-19, gestendo direttamente la campagna di vaccinazioni. Compiti eccezionali che si sommano e si intersecano con l’attività “normale”.


Ora, per gli interessi che il sindacato rappresenta, in questo contesto, sono almeno tre i punti di rivendicazione più importanti. Essi riguardano il lavoro, il fisco e la previdenza. Sul lavoro si devono abrogare alcune norme sostituendole con altre per ridurre la precarietà in un periodo in cui si faranno molti investimenti e in presenza di una ripresa economica che speriamo possa stabilizzarsi dopo il rimbalzo. Sul Fisco chiediamo di ridurre le tasse a chi le paga con una riforma strutturale possibile se si combatte l’enorme evasione fiscale italiana.

Sulla previdenza si chiede di cambiare la legge Monti-Fornero, inserendo norme che consentano le flessibilità proprie del sistema contributivo, tutelando i lavoratori con mansioni gravose e dando una speranza previdenziale anche ai giovani e alle giovani che entrano nel mondo del lavoro con lavori precari. Su questi temi CGIL CISL e UIL hanno presentato al Governo delle proposte specifiche, delle “piattaforme”. Ad oggi, è bene ribadirlo, perché non è marginale, non abbiamo ottenuto risultati tangibili.


Nulla sul fronte della precarietà ed infatti la stragrande maggioranza delle assunzioni sono a termine, fatte con le molteplici modalità di assunzioni consentite dalle attuali norme. Sul fisco, i redditi medi e bassi sono quelli che ricevono meno e non si prospetta una riforma che sia veramente progressiva. Inoltre non vi sono provvedimenti efficaci di lotta all’evasione.


Sulla Previdenza si promettono “tavoli” ma non si convocano, e soprattutto non si capisce se si potranno affrontare davvero i nodi per fare una giusta riforma previdenziale, sostenibile economicamente e socialmente. Quindi, pur non sottovalutando alcuni risultati della Legge di bilancio come l’estensione degli ammortizzatori sociali, per le lavoratrici ed i lavoratori rimane troppo poco.


In sintesi, ripercorrendo il percorso delle mobilitazione di CGIL CISL UIL ricordo che abbiamo presentato le piattaforme e le abbiamo sostenute con tre manifestazioni interregionali a giugno, una delle quali a Torino; abbiamo indetto assemblee nei luoghi di lavoro sui temi in discussione nella Legge di bilancio, organizzato altre manifestazioni il sabato, come quella svolta lo scorso 27 novembre a Torino. Abbiamo cioè fatto tutto quello che potevamo per essere ascoltati dal Governo, dal Parlamento, dalle forze politiche. Dire che non abbiamo ricevuto risposte sufficienti è scandaloso? E di conseguenza, proclamare uno sciopero generale non rientra nelle prerogative di un sindacato che tutela tutti i lavoratori e i suoi iscritti? Il nostro è stato un percorso lineare e coerente per rispondere alle aspettative dei lavoratori. I nostri interlocutori, possano davvero dire altrettanto?


*Segretario generale Cgil Piemonte







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