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ORIZZONTI D'EUROPA. Nuove politiche di sviluppo verso il Continente Nero

di Mercedes Bresso


Colgo l’occasione del grande rumore fatto dal lancio dell’iniziativa del governo Meloni sul cosiddetto Piano Mattei, che al di là delle intenzioni conclamate ha partorito un topolino da neppure cinque miliardi, peraltro recuperati dai tradizionali fondi per le politiche di aiuto allo sviluppo che già si trovavano nel bilancio dello Stato, per ricordare come l’Unione Europea abbia avviato una profonda riflessione sulle proprie politiche di aiuto allo sviluppo. In realtà è solo al livello dell’Unione Europea che possiamo sperare di fare una politica incisiva in questo campo, soprattutto se sapremo riformarla in modo  serio ed è lì che dovrebbe collocarsi anche l’azione del governo per essere davvero efficace. Chiamiamolo pure fondo Mattei. ma inseriamolo all’interno di una rinnovata strategia comune di rapporti con l’Africa e con il resto del mondo.


Allontanarsi dal modello post coloniale

Come ricordavo, proprio in questi giorni si discute del ripensamento di queste politiche, nelle Commissioni e nella plenaria che sta iniziando a Strasburgo. La riflessione parte dalla convinzione che le tradizionali politiche di aiuto, siano superate e abbiano un sapore un po’ “post-coloniale”, quando la maggior parte dei paesi che aiutiamo dispone di risorse naturali mal utilizzate e di una classe dirigente che concentra le ricchezze che provengono dalle royalties per lo sfruttamento di queste risorse da parte di potenze straniere.

Piuttosto che in elargizioni a fondo perduto l’Unione dovrebbe quindi usare i propri fondi per proporre e avviare con questi paesi dei partenariati strategici, per far crescere insieme le loro imprese e le nostre in progetti di uso sostenibile ambientalmente e socialmente delle risorse strategiche di cui ad esempio l’Africa dispone. Convincere le nostre imprese a investire  vuole in sostanza dire garantire la sicurezza dei loro investimenti attraverso sistemi assicurativi, aiutare la nascita di imprese locali, formare la manodopera, garantire un equo trattamento dei dipendenti, evitando lo sfruttamento minorile purtroppo frequente. Creare insomma delle politiche di sviluppo solide e basate sul principio della parità fra i partner in modo ben diverso da come stanno facendo cinesi e russi.


L'alternativa alla Via della Seta cinese

Questa nuova impostazione si è tradotta nel progetto Global Gateway che, con una dotazione di 300 miliardi appare la vera alternativa alla cinese Via della Seta, per affrontare in modo organico le sfide globali e dare risposte alla domanda che arriva dai nostri partner di un cambio di passo e di strategia. Al Progetto sono associate la BEI (Banca Europea per gli investimenti) e la Banca Europea per la ricostruzione e lo sviluppo, per assicurare insieme il giusto mix fra donazioni e investimenti sia pubblici che privati.

È solo lavorando insieme a livello europeo e in modo nuovo, che possiamo pensare di scrollarci di dosso il sapore post coloniale delle tradizionali politiche di aiuto dei diversi paesi della nostra Unione, di solito concentrate sui loro antichi possedimenti. È solo così che potremo essere competitivi con la spregiudicata azione cinese, che sotto le spoglie di aiuti, sta perpetrando una vera spoliazione del continente africano. Purché, naturalmente, ciò che proponiamo sia davvero un modello diverso, che porti i paesi in via di sviluppo a seguire un percorso virtuoso di sostenibilità che aiuti le persone e non poche élites.


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