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Michele Corrado

L'OPINIONE DELL'ESPERTO. Le minefields, incubo della controffensiva di Kiev

di Michele Corrado*


I risultati della contro-offensiva ucraina non sono pari alle attese dello Stato maggiore di Kiev. In effetti, dopo un anno di preparazione e di martellante propaganda, l'osservatore esterno si aspettava risultati decisamente più concreti di quelli al momento conseguiti. Si è data la colpa prima all’insufficiente supporto di fuoco dell’artiglieria, poi allo scarso numero di carri a disposizione, all’impossibilità di reale contrasto nei cieli per sostenere l'offensiva, per poi ammettere pesanti perdite delle unità corazzate e meccanizzate (fanterie) nei primi giorni combattimento. Il problema consiste nella lentissima progressione offensiva ucraina, nella loro difficoltà a guadagnare terreno occupato dai russi, dalle perdite di molto superiori a quelle che dovrebbero esserci in questa fase della contro-offensiva, nonostante le comprensibili affermazioni del presidente Zelensky.

Su disposizione del generale russo Geramisov, capo delle operazioni, le forze armate russe hanno organizzato a difesa il terreno dalla linea di contatto all’indietro per diversi chilometri utilizzando principalmente campi minati attivati da unità contro carri, artiglierie ed unità di elicotteri d’attacco dove si realizzavano concentrazioni di carri ucraini in progressione offensiva. Pare che gli ucraini non siano preparati ad affrontare campi minati o, abbiano sottovalutato la loro efficacia e consistenza. Un altro indizio della preoccupazione emersa nelle stanze del Pentagono sui piani militari degli ucraini e trasferita dal presidente Biden nei colloqui a Vilnius, in occasione del vertice Nato.

Il campo minato è una vecchia conoscenza delle operazioni miliari moderne e segue la parallela evoluzione dei carri armati. Quando i carri apparvero durante la Prima Guerra Mondiale, suscitarono scalpore e spavento; successivamente, si pensò a qualcosa che potesse bloccarli con semplicità nel loro punto debole che era rappresentato dal cingolo. Si pensò quindi ad un ordigno esplosivo che schiacciato dal cingolo detonasse riuscendo a rompere le maglie costituenti la cingolatura. In tale situazione il carro non riusciva più ad avanzare e doveva essere abbandonato dal suo equipaggio. La mina, detta poi anticarro, divenne, in particolare durante il secondo conflitto mondiale, lo strumento difensivo perfetto per contenere le unità carri in offensiva. Venivano realizzate delle ampie zone dove le mine, disposte secondo un ordine geometrico, costituivano un ostacolo a volte insormontabile.

Naturalmente, era possibile per le fanterie che accompagnavano i carri riconoscere e spostare tali ordigni, essendo a pressione e tarati per i carri. Per evitare ciò, i difensori ( le mine sono ordigni difensivi ed economici che hanno lo scopo di rallentare o bloccare i carri, che sono sistemi d’arma offensivi, tecnologicamente avanzati ed oltremodo costosi), misero a punto mine molto più piccole, tarate per gli umani, che dovevano impedire alle fanterie di precedere i carri e liberare il terreno dalle mine anti carro. Alcune di queste, venivano dotate di congegni anti rimozione per evitare che potessero essere rimosse in maniera semplice. Era nato il campo minato moderno che consentiva a chi era in difesa di affrontare con successo un avversario attaccante con mezzi corazzati preponderanti.

Ovviamente questi campi minati, di tipologia e funzioni diverse, essendo realizzati sul proprio terreno dovevano essere attentamente registrati (essendo le mine interrate), per essere poi facilmente rimosse a fine ostilità. Questa è la teoria. Nella pratica, è necessario avere unità specialistiche per la posa ed il successivo recupero delle mine. Non sempre si dispone di tali unità e spesso, negli eserciti meno avanzati, non vengono seguite le specifiche regole per la stesura dei campi minati, facendo diventare complesso e laborioso il successivo recupero.

Superare un campo minato è possibile anche in presenza di un avversario che lo presidia, ma c’è bisogno di specialisti e di una intelligence dedicata per sapere dove inizia e finisce il campo minato, la densità di posa, il tipo di mine usate, ecc. Del resto, i campi minati hanno due scopi fondamentali: far guadagnare tempo ai difensori ed imporre un tasso di logoramento alle unità corazzate attaccanti. Risultati che Mosca, evidentemente, ha saputo raggiungere, sfruttando le caratteristiche proprie dell’impiego dell’ostacolo minato, che da sempre ed anche in questo scenario, costituiscono un formidabile opportunità per chi sa usarle in un contesto appropriato quale il terreno ucraino sta confermando di essere. E di riflesso, pare che gli ucraini non abbiano questo tipo di capacità ed avendo anche un numero limitato di carri, non siano riusciti a superare quella fascia di terreno organizzata a difesa dai russi imperniata sull’uso intensivo di campi minati.

Resta comunque strano che Kiev non abbia valutato adeguatamente l’organizzazione difensiva posta in atto dai russi. Per realizzare quanto hanno fatto, sono stati necessari mesi di preparazione e centinaia di migliaia di mine di vario genere; tutte attività che possono essere osservate nel tempo e che non potevano essere ignorate.



*Col. in Ausiliaria Esercito Italiano


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