L'EDITORIALE DELLA DOMENICA. Ritorno a scuola con la speranza di ricevere lo stipendio...
di Antonio Balestra
Domani suonerà la campanella negli istituti scolastici, dopo le vacanze natalizie. Uno stop che anche quest'anno, puntualmente, ha riservato una coda al dramma, in servizio permanente effettivo da decenni, che vive la scuola pubblica italiana: la notizia che molti supplenti non percepiscono lo stipendio da inizio anno scolastico. Chiamato in causa sul grave ritardo nell’erogazione degli stipendi, il ministro dell'Istruzione e del Merito, il professor Giuseppe Valditara, si è difeso sostenendo che questa situazione si verifica ogni anno. Insomma, è una questione annosa. Il che suona come una giustificazione che assolve, superando le dirette responsabilità che competono a chi assume un ruolo di grande rilievo all'interno del Governo. Responsabilità le cui scelte o omissioni hanno un impatto concreto sull'esistenza di numerosi docenti che vivono ormai in una condizione di precariato costante.
Proviamo a fare chiarezza su quanto sta accadendo, anche perché, come spesso accade, quando si tratta di questioni scolastiche, le informazioni sono frequentemente incomplete, fuorvianti e sensazionalistiche. In primo luogo, il problema del mancato stipendio, che riguarda esclusivamente i supplenti brevi, sia docenti, sia personale ATA, ovvero coloro che devono coprire le assenze temporanee e che non rientrano nel sistema di pagamento diretto gestito dalla ragioneria.
Un gruppo ristretto di "invisibili" che fa parte del più ampio esercito di personale precario nella scuola, una componente ormai consolidata di un organico che tutti i governi fino ad oggi non sono riusciti a stabilizzare, lasciando migliaia di lavoratori in una condizione di incertezza perpetua.
Per cogliere appieno la portata del problema, è importante considerare che circa un quarto dei docenti in Italia si trova in una condizione di precariato, e molti di loro vantano un'esperienza di insegnamento superiore ai tre anni. La maggior parte di questi insegnanti opera per coprire le posizioni nelle scuole del Nord, dove la cronica carenza di personale docente è diventata "endemica".
Tra di loro si distinguono due categorie di supplenti: coloro con contratto fino alla fine di giugno e quelli con contratto fino al 31 agosto. Entrambe queste categorie, pur non godendo degli stessi diritti dei docenti titolari, possono almeno contare sulla certezza del pagamento regolare dello stipendio, essendo retribuiti direttamente dal Tesoro. Senza addentrarci nei dettagli tecnici che determinano queste differenze contrattuali, va notato che, nonostante la loro condizione precaria e incerta, questi insegnanti riescono, grazie all'esperienza accumulata, a garantirsi una continuità lavorativa e una "sopravvivenza" economica nei periodi in cui non hanno un contratto, grazie anche alla NASPI.
Ciò che chiamo il "piccolo plotone degli invisibili" comprende quei docenti supplenti temporanei incaricati di sostituire i titolari per periodi più o meno brevi, che variano da dieci giorni fino alla conclusione delle lezioni. È un fenomeno che non rientrerebbe nemmeno con la stabilizzazione dei precari, ma che in qualche maniera vede coinvolte decine di migliaia di docenti ogni anno.
Come accade annualmente, spesso suscitando sorpresa tra i non addetti ai lavori e tra i media che privilegiano il sensazionalismo per l'esposizione di una cronica carenza organizzativa, questa categoria di lavoratori riesce ad ottenere gli stipendi solo dopo tre o quattro mesi dalla sottoscrizione del contratto. E', purtroppo, l'effetto di una procedura tecnica che impone alle scuole la richiesta mensile della copertura finanziaria necessaria per pagare gli stipendi dei docenti supplenti temporanei. Ne consegue, come è facile comprendere, che il ritardo (grave) nell'erogazione delle risorse si riflette sulla tempestività dei pagamenti. È importante notare che solo ora, nei primi giorni di gennaio, gli istituti scolastici stanno ricevendo le risorse necessarie per autorizzare gli stipendi relativi ai primi quattro mesi di lezione, somme che i docenti supplenti temporanei riceveranno alla fine di gennaio.
Esaminando la tipologia di questi docenti che si trovano annualmente a fronteggiare questa situazione umiliante, ritroviamo per lo più insegnanti giovani, spesso in posizioni di graduatoria non favorevoli, che devono affrontare spese di viaggio, spesso in direzione del Nord Italia, oltre a spese di affitto e sostenimento in città in cui il tenore di vita e i costi sono particolarmente elevati.
Concretamente, molti di loro devono riuscire a sostenersi autonomamente per quattro mesi lontani da casa senza poter contare su alcuno stipendio. Questo annualmente offende la dignità di questi lavoratori "invisibili" e "silenti" e mina la credibilità dello Stato che non riesce a garantire in tempo reale retribuzioni già significativamente inferiori alla media nazionale. Parliamo dello Stato, all'opposto, estremamente ricettivo e "sensibile" alle lobby, che non esita a mettersi al servizio di piccole, ma temute categorie professionali, come i tassisti e i gestori balneari, le cui ragioni sono da anni difese a spada tratta nonostante cozzino contro le normative europee e il decoro politico.
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