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Osservando i nostri tempi

Dove nasce l’amore? Cosa lo rende autentico?


di Domenico Cravero


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La base psicologica dell’esperienza spirituale dell’amore consiste nel trasferire parti di sé in un'altra persona e amarle in essa. L’equilibrio e la maturità dell’amore sono dati dalla reciprocità: amare l’Altro come se stessi. Tentare di rendere compatibile l’amore per sé con il riconoscimento dell’altro è un paradosso che accompagna tutta la vita. Solo chi ha ricevuto amore si sente se stesso. Se si è potuto godere in abbondanza dell’attaccamento primario, si può rinunciarvi in parte, per entrare in rapporto con gli altri. La coscienza morale, secondo Freud, s’instaura quando, attraverso l’ideale dell’Io, si assicura il soddisfacimento narcisistico. In questo caso è possibile rappresentare la Mancanza e sviluppare l’umano. Il simbolo è l’esperienza del corpo-mente in cui significante e significato hanno modo di congiungersi in coerenza. Maggiore è la loro estraneità, più alte sono le probabilità che il bambino soffra, fino alla psicosi. Più si è sperimentato la certezza dell’amore, più significante e significato coincidono e la capacità di significare aumenta. Quando la madre manca (separazione) il bambino la può introiettare e pensare attraverso il simbolo (Il bambino per tollerare di stare lontano dalla mamma può giocare a “mamma e figlio”. I bambini possono reagire all’angoscia della separazione e creare il loro “oggetto transizionale”).

I ragazzi violenti psichicamente non delirano, ma sono stretti in un realismo senza affetti, sempre meno vicino al reale e sempre più prossimo al delirio. Rinnegano la realtà, non riuscendo a rappresentarla. Essa diventa totalmente "cosificata", esclusivamente concreta. Tutto è ridotto a livello dell’agito. Il bambino produce rappresentazioni in conseguenza al modo in cui gli oggetti primari (la Madre e il Padre) sono vicini e lontani. Se troppo vicini il piccolo non è forzato a produrre rappresentazioni per sopportare l’assenza. Se troppo lontani egli cade preda dell’angoscia. Riesce, invece, quando l’adulto di riferimento è assente in tempi e modi calibrati, tali da permettergli di organizzarsi per ricreare con il simbolo l’”oggetto mancante”, senza essere preso d’angoscia (il dolore d’amore).

Secondo Melanie Klein, a certe condizioni, l’angoscia (l’assenza, l’”odio” delle madri che non ne possono più, la coartazione delle vita quotidiana) favorisce la creazione di rappresentazioni. Il dono reciproco della propria imperfezione libera dalla dipendenza e crea le condizioni di un tipo di presenza non possessiva, promuove l’autonomia, sviluppa le abilità e le attitudini creative, educa alla responsabilità. La capacità di stare soli, segno inequivocabile di autonomia e maturità, deriva dal rapporto complesso di legame e rottura, di continuità e sospensione.

Un bambino che non riesce a creare un legame tra le pulsioni e le loro rappresentazioni simbolico-affettive, non apprende. La sua mente che rimane legata al percepito, vede solo la concretezza. Non dispone delle condizioni adatte a collegare gli affetti alle nuove rappresentazioni. Stenta a utilizzare il simbolo e, per questo, non riesce ad apprendere.

Nella ricerca freudiana l’affetto è un derivato dalla pulsione, la quale è il luogo di compresenza di un’eccitazione e di una rappresentazione, di una certa quantità di moto pulsionale e di una qualità soggettiva, le forme vitali che designano la parte energetica della rappresentazione e l’affezione. Doppio in se stesso, quantitativo e qualitativo, l’affetto si pone come crocevia dove l’energia diventa tonalità psichica.

Nei bambini adeguatamente amati il sistema simbolico (l’intelligenza emozionale umana) si sviluppa potente. Essi apprendono precocemente e facilmente il linguaggio perché l’esperienza affettiva può essere rappresentata.

 

 

 

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