L'Editoriale della domenica. Gaza, l'unità dei portuali per fermare l'orrore e la guerra
- Gianni Alioti
- 27 set
- Tempo di lettura: 3 min
Le manifestazioni in Italia sono lo spartiacque di un cambiamento concreto
di Gianni Alioti

Lo sciopero generale indetto dal sindacalismo di base (Usb, Cub, Adl, Sgb, Usi, Cobas ecc.) il 22 settembre 2025 rappresenta uno spartiacque. La redazione di Jacobin Italia, ha scritto “è nato un movimento”. “Un movimento ampio […] in solidarietà con la Flotilla, soprattutto in solidarietà con Gaza e contro il genocidio in corso. Lo sciopero ha messo in mostra una forza dentro alla società italiana […] di cui si percepiva la consistenza”.
La partecipazione imponente ai cortei, ma soprattutto dei porti e della logistica (meno della produzione), nonostante l’assenza dei grandi sindacati confederali è andata oltre qualsiasi aspettativa. Sono state coinvolte tantissime persone fuori da qualsiasi appartenenza sindacale o politica. Comprese persone che per la prima volta aderivano a uno sciopero o partecipavano a una manifestazione (e non sto parlando della moltitudine di adolescenti e giovani studenti che hanno riempito le piazze).
Il volano di questa protesta diffusa, plurale e autonoma, penso sia riconducibile in gran parte ai “camalli” genovesi del Calp. Il loro rifiuto di essere un ingranaggio della logistica di guerra e le loro innumerevoli azioni dirette, messe in campo da oltre 6 anni, per impedire l’esportazione e il transito di armi verso qualsiasi paese in guerra o che non rispetti i diritti umani fondamentali, li hanno resi credibili.
Una lotta caparbia e coraggiosa, coerente con le migliori tradizioni storiche dei lavoratori portuali in tutto il mondo (dalla solidarietà con il Vietnam, al boicottaggio del rame cileno contro il regime militare di Pinochet, alle azioni contro il regime dell’apartheid in Sudafrica), che si è estesa ad altri porti italiani (da Livorno a Salerno, da Ravenna a Trieste) e ha saputo collegarsi con lotte analoghe negli altri porti mediterranei ed europei (dal Pireo a Tangeri, da Marsiglia a Barcellona, da Bilbao e Santander a Le Havre, da Anversa a Göteborg), fino ai porti californiani di Oakland e San Francisco e australiani di Melbourne e Sidney.
Lo storico del movimento operaio e della società industriale, oltre che esperto di logistica, Sergio Fontegher Bologna, vecchio amico dei portuali genovesi ha scritto una pagina bellissima su quanto di straordinario sta succedendo, sulla rivista on line “Officina Primo Maggio”. “Genova, ancora Genova. I portuali, ancora i portuali. Come si fa a non pensare al luglio ‘60, a quegli avvenimenti che sono stati uno spartiacque? Hanno chiuso un’epoca e ne hanno aperto un’altra, durata vent’anni, dove l’Italia, le sue e i suoi operaie/i, studenti, professionisti (insegnanti, medici, architetti, giornalisti, urbanisti) hanno messo in discussione non dei governi ma il capitalismo stesso. […] La Generazione Z... avevamo dato per scontato che fossero degli alieni e invece eccoli lì accanto a quelli di 60 anni, alle mamme con figliole, tutti presi dallo stesso sentimento e tutte, tutti allegri. Che sia veramente un cambio d’epoca? Che cominci a finire quella, interminabile, dove tutto sembrava dover andare sempre peggio, sempre al ribasso?”.
La cosa da fare, adesso, è lavorare per una crescita unitaria e sempre più ampia di questo movimento, che ha saputo affermarsi anche di vita propria andando ben oltre le sigle sindacali, le loro divisioni e le logiche auto-referenziali. Genova, mercoledì sera nel sit-in davanti la Prefettura ha sancito l’unità operativa di Cgil e Usb per uno sciopero generale in caso di attacco alla Flotilla, coinvolgendo anche gli altri sindacati di base e non rinunciando all’adesione degli iscritti a Cisl e Uil, sempre più insofferenti verso la passività delle burocrazie sindacali che governano le loro organizzazioni.
E nella serata di ieri, 27 settembre, ha dato un ennesima dimostrazione unitaria e di forza, con 25 mila persone in un corteo “senza confini e senza bandiere” (eccetto quella palestinese) partite da San Benigno, davanti la sede di Music for Peace, e conclusosi in Piazza Matteotti insieme a quanti avevano partecipato con il vescovo mons. Marco Tasca alla veglia di preghiera nella cattedrale di San Lorenzo. Altre migliaia hanno invece accompagnato i portuali al varco Etiopia per bloccare le operazioni di carico su una nave della compagnia israeliana Zim, diretta ad Haifa, di dieci container contenenti materiali pericolosi ed esplosivi. La nave in tarda serata ha dovuto lasciare il porto di Genova senza quei container.
La sfida e la prospettiva futura di questo movimento sarà però legata, come ha scritto Sergio Fontegher Bologna, anche alla capacità di saper “gestire il passaggio da una coscienza per Gaza a una coscienza per le condizioni esistenziali cui ci ha ridotto il peggiore capitalismo di sempre [quello dell’economia di guerra, subordinato agli interessi e al potere del complesso militare-industriale e finanziario], quello che costringe giovani, medici, intere famiglie a scappare dall’Italia e riduce in miseria e al silenzio chi resta”.













































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