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Ivo Saglietti, l'incontro che ci cambia

di Sergio Durando



Domani, 24 gennaio, alle 17, la mostra organizzata dalla Porta di Vetro al Museo Nazionale del Risorgimento di Torino dedicata al fotografo Ivo Saglietti, scomparso il 2 dicembre scorso, avrà un momento di riflessione con un dibattito sulla propensione dell'artista a coniugare nelle sue immagini il piano laico e quello spirituale. Una sensibilità particolare che gli è stata riconosciuta nel mondo della fotografia e gratificata da numerosi premi internazionali.[1] In particolare, gli ultimi anni hanno visto Ivo Saglietti seguire la rotta dei migranti. I suoi scatti hanno saputo denunciare anche l'incertezza dell'Occidente europeo, dei Paesi più ricchi, ad affrontare il tema delle migrazioni, diventato elemento di speculazione politica, da cavalcare in tutte le stagioni, tirando fuori dal cilindro del qualunquismo e dei luoghi comuni il "meglio" della rozza propaganda sulla sicurezza con cui agitare le paure della gente. E su questo importante tema, parteciperà alla discussione il responsabile della Pastorale Migranti della Curia torinese, Sergio Durando, autore dell'articolo di oggi, insieme con Federico Montaldo, presidente dell'Archivio Ivo Saglietti, Michele Ruggiero, presidente de La Porta di Vetro, e Tiziana Bonomo, curatrice della mostra, nel ruolo di moderatrice.


L’incontro con l’altro ci cambia, di questo sono certo. Le migliaia di persone che ogni anno valicano la porta dei centri di ascolto danno un volto ai dati statistici, alla conta degli sbarchi, a quell’esodo di migranti che investe buona parte del Pianeta e che solo marginalmente tocca l’Europa. Ognuno porta la sua storia, la sua malinconia, ciò che ha perso nel viaggio ma anche la sua forza, le sue speranze, la sua spiritualità. Gli scatti di Ivo Saglietti ci permettono di proseguire il viaggio dell’incontro. Le sue immagini colgono l’anima delle persone che ritrae, propongono agli occhi dello spettatore i segni tangibili dell’ingiustizia sociale, degli effetti della prevaricazione, della guerra che ha conosciuto in un viaggio durato quasi quarant’anni. L’incontro ha bisogno di tempo, di fiducia, di conoscenza, di rispetto. E se Ivo Saglietti è riuscito con il suo lavoro a emozionare lo spettatore, significa che è andato oltre lo scatto, che ha conosciuto i personaggi che ha ritratto, che si è preso del tempo e si è immerso nelle tante realtà che ha raccontato.

Le sue fotografiche restituiscono dignità, evocano sentimenti profondi, fanno immergere lo spettatore nelle storie raccolte da nomade in giro per il mondo. Ma non si viaggia senza meta. Ivo Saglietti è andato in cerca di qualcosa che va oltre il racconto delle singole situazioni in cui si è trovato. Il motivo del suo vagabondare negli angoli più bui dell’umanità lo si percepisce nella delicatezza delle sue immagini e al contempo nella loro forza evocativa capace di provocare intense emozioni nello spettatore, di avvicinare situazioni e protagonisti al suo immaginario, a fargli conoscere la parte più intima e profonda dell’essere umano.

L’incontro ci cambia, ci mette in discussione, ci interroga, ci insegna a metterci nei panni dell’altro. Ci indica la strada della misura, del rispetto e dell’umiltà. Accresce la curiosità, motiva al cambiamento, ci fa sentire parte di un tutto. Ivo Saglietti ci dona con la sua arte momenti di profonda conoscenza e condivisione dove tra i protagonisti lui scompare.


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