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  • Menandro

Guerra in Ucraina: dove ci vogliono portare?

di Menandro


Nel 351° giorno di guerra, il presidente ucraino Volodymir Zelensky è stato accolto da una ovazione nell'aula dove ha partecipato al Consiglio d'Europa di Bruxelles. La presidente Roberta Metsola ha parlato di "occasione storica" e ha aggiunto che "quando il mondo pensa all'Ucraina pensa agli eroi che combattono le avversità, a Davide che batte Golia. Pensano alle icone di Snake Island, ai guerrieri di Mariupol, ai liberatori di tante città e villaggi occupati. I loro nomi saranno pronunciati per generazioni". La presidente Metsola si riferiva con tutta probabilità al mondo che ha votato la risoluzione di condanna dell'invasione russa approvata nel marzo del 2022 dall'Assemblea dell'Onu con 141 voti a favore, cinque i contrari (Russia, Bielorussia, Eritrea, Corea del Nord, Siria) e 35 astenuti, tra cui Cina e India, cioè tra un terzo degli abitanti del pianeta. Dopodiché la presidente Metsola, in linea con la posizione dell'Occidente ha ribadito la necessità di fornire all'Ucraina i jet da combattimento più moderni per contrastare le forze armate russe.

In precedenza, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nell'accogliere Zelensky ha affermato che l'Unione Europea sosterrà "l'Ucraina in ogni fase del cammino verso la nostra Unione". In perfetta sintonia con quanto ieri, al termine di un incontro a Parigi tra il presidente francese Emmanuel Macron, il Cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente ucraino, è stato ribadito dal primo, che si è detto sicuro che le prossime settimane saranno decisive per l'esito della guerra". Ne consegue, ha aggiunto Macron che "bisogna privilegiare le forniture militari utili per permettere al popolo ucraino di condurre le operazioni e resistere, piuttosto che impegni che arrivano troppo tardi" Traduzione: "dobbiamo valutare ciò che può essere inviato sul breve termine e corrisponde ai bisogni ucraini, è questo che determinerà la nostra volontà di inviare equipaggiamenti militari".

In appena ventiquattr'ore, dunque, il tour del presidente ucraino ha raccolto la completa adesione delle più potenti macchine militari (per qualità, produzione e ricerca) dell'Occidente europeo che gli forniranno missili a lungo raggio e aerei da combattimento per sostenere e dare un senso alla presenza sul terreno dei carri armati Leopard2, Leclerc, Challenger2 concessi rispettivamente da Berlino, Parigi e Londra. In altri termini, un ulteriore passo in avanti militare dell'Unione Europea insieme alla Gran Bretagna contro il Cremlino, in una guerra il cui teatro bellico tende sotto il profilo geopolitico a dilatarsi progressivamente ben oltre i confini dell'Ucraina. Un'interpretazione che il presidente Zelensky ha rafforzato davanti agli europarlamentari in piedi e uniti nell'applauso, ricordando loro che combatte per la libertà dell'Europa e a garanzia degli europei, perché l'Unione Europea è libertà".

Un concetto che ieri a Londra, nel discorso a Westminster Hall, sede della Camera dei Comuni e dei Lord, aveva espresso con i toni che gli sono propri ogni qual volta indossa la felpa verde da combattente: "Lo vedo nei vostri occhi: vinceremo. Sconfiggeremo il male, come nella Seconda guerra mondiale. La Russia soccomberà. Anche il mondo cambierà. La libertà vincerà...". Un autentico grido di battaglia accanto all'alleato britannico che, da Boris Johnson all'attuale primo ministro Rishi Sunak, è sempre in prima fila nell'accogliere le richieste di armi avanzate da Kiev. Nella retorica - che gli è propria - del discorso, il presidente Zelensky ha soltanto usato un "noi" di troppo, perché nella Seconda guerra mondiale, come è noto, gli ucraini combatterono al fianco dei nazisti dal 1941, quando il leader dell'Esercito insurrezionale ucraino, nazionalista e filo fascista al comando di Stepan Bandera giurò fedeltà a Hitler e ne condivise i piani espansionistici. Ma non solo: fino al 1944, l'Ucraina si trasformò in un mattatoio a cielo aperto con l'uccisione di chiunque fosse sospettato di attività contrarie al regime e i fedelissimi di Bandera diedero pieno sostegno ai rastrellamenti di ebrei da parte delle SS che gettarono a morte sicura nei lager oltre un milione e mezzo di ebrei ucraini.

Tuttavia, oggi, 9 febbraio, a chiusura del suo tour in Europa, nonostante non risulti abbia mai chiarito che cosa significhi per lui la parola vittoria (l'occupazione della Russia? la resa di Putin?, il disarmo delle forze armate russe?, un intervento di mediazione terzo?) al presidente Zelensky è stato formalizzato con il nuovo "pacchetto" di armi l'avallo per il passaggio da una guerra di difesa dall'invasione russa a una guerra di contrattacco. Dove lo possa portare il cambio di strategia o dove lui voglia andare, però, non è mai stato spiegato all'opinione pubblica dell'Occidente che lo sostiene e paga le forniture militari anche a detrimento di alcuni servizi sociali interni e di un aumento del proprio deficit.

Eppure, proprio la massa di armamenti che Europa e Stati Uniti gli hanno finora fornito dovrebbe autorizzare l'Occidente a reclamare l'informazione sugli obiettivi militari dell'Ucraina, a meno che essi non coincidano con quelli dell'Alleanza Atlantica, nel qual caso le spiegazioni di Zelensky sarebbero davvero pleonastiche. Molto meno, invece, lo sarebbero per la Russia e per i russi che si ritrovano a combattere contro il mondo, o contro quella parte del mondo di cui ha parlato esplicitamente la presidente Metsola, oggi a Bruxelles. Non è una bella prospettiva per il Cremlino che, secondo l'intelligence occidentale, ha ripreso l'iniziativa in Ucraina e ha lanciato una nuova grande offensiva nell'oblast di Lugansk anche con l'impiego di di truppe aereo trasportate.

Un'analisi che stride con i commenti dominanti in cui si parla di centinaia di migliaia di soldati russi caduti e di forze armate, dirette dall'uomo della provvidenza Gerasimov, ancora in palese difficoltà. Delle due, allora l'una: o la forza dell'esercito ucraino è già tale da mettere in seria difficoltà il Golia russo, per cui sarebbe sufficiente mantenere il punto, aspettare che l'operazione speciale di Putin imputridisca, o la situazione militare per l'Ucraina non è rosea e ciò si spiegherebbe la richiesta a tutto campo di armi per riequilibrare la situazione, fino al prossimo punto di crisi. Nella seconda ipotesi, però, è doveroso domandarci dove ci porterà questo crescendo che ora non è più soltanto militare, ma è politico, economico, sociale, psichico, verso cui si corre, sempre che non lo si sia già, verso il punto di non ritorno per imporre, ed è sempre più chiaro, la nostra per il dominio di zone e materie strategiche.

Una corsa che l'Occidente, però, gestisce come se la strada fosse ad una sola corsia, con quella d'emergenza riservata soltanto a chi ne fa parte, un po' come accade per il terremoto in Turchia e in Siria. Lasciando poi a un moderno cantore, il compito di esaltare il principio della libertà e di assurgere al ruolo di garante dei nostri diritti, sebbene non vi sia piega del suo governo che non sia attraversato da corruzione e inefficienze, e con uno stato nelle mani di ricchi oligarchi tanto meno affidabili quanto lo sono quelli russi. E trascurando, infine, quel piccolo dettaglio che la libertà - nata nella culla della cultura europea e difesa dagli stessi europei che si sono adoperati per costruire una casa comune - deve agire, per non suonare falsa, conservando nel proprio vocabolario la parola pace, oggi letteralmente desaparecida.



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