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Francesco, la ricerca di una comunicazione che svilisce il suo messaggio di pace

di Luca Rolandi

L’autorevolezza del Papa, la sua figura guida per i credenti cattolici, rispettata in campo ecumenico e interreligioso, lodata o avversata dal mondo laico, agnostici, indifferente o ateo è oggi più che mai centrale per capire come si muove la comunicazione e come la sua, che si chiama testimonianza, possa essere svilita. Dopo due millenni, il Papato con Francesco è diventato famigliare come mai lo è stato nei secoli precedenti. Desacralizzato e riportato all’umiltà del servo di Dio, il successore degli apostoli che ha solo un maestro Cristo e il suo mistero di salvezza. In questo contesto Bergoglio è il Papa della porta accanto, il padre, ma anche il fratello, il nonno. Molti si stracciano le vesti e lo accusano, altri ne sottolineano la svolta, altri ancora approfittano per mettersi al centro dell’attenzione.


Un ritratto che altera la dimensione evangelica

La recente intervista del direttore del Tg1 Gian Marco Chiocci sarà ricordata non tanto sui messaggi e gli appelli alla pace, alla lotta contro le ingiustizie sociali, alla necessità di cambiare rotta come umanità per non andare incontro all’autodistruzione, ma su chi il papa venuto dalla fine del mondo preferisse come calciatore invece che le due leggende argentine, Diego Maradona e Leo Messi, Pelé, che ha definito un uomo di cuore.

Nulla di male parlare di tutto con il Papa, ma anche scendere su temi e amenità tutto sommato di cornice rispetto al ruolo e alla dimensione universale del magistero di un pontefice ci porta ad una deriva comunicativa davvero esagerata e senza limiti, soprattutto se rappresentata in una fase drammatica per le sorti dell'umanità, con ministri di un governo - quello israeliano - che non esitano a minacciare l'uso dell'atomica su Gaza.

Il tema è che le parole e le azioni del Papa colpiscono le coscienze dell’umanità degli uomini e le donne, di potere e senza potere, riporta a principi e valori etici di convivenza, di pace e di giustizia che oggi appaiono smarriti nella fluidità di un mondo che accetta di nuovo come quasi cento anni fa tutto, la guerra e la violenza in particolare come mezzi di esprimere la propria visione della vita. Il Novecento, secolo di nefandezze e gloriose conquiste, sembra arretrare in una età digitale, artificiale e meccanica, senza pensiero, senza etica, senza orizzonte. Il Papa richiama a questa sfida antropologica ed ecologica insieme, come il pellegrino che annunciò il Vangelo, ma non lo impone e si mette in cammino insieme a tutti noi.

E anche oggi all’Angelus nella catechesi ha ricordato come i cristiani siano chiamati a dire e fare allo stesso tempo un invito a tutti ad essere responsabili nella società o nella Chiesa, a non avere “il cuore doppio” e a non preoccuparsi solo “di mostrarci impeccabili all’esterno”. Soprattutto ha nuovamente lanciato un accorato appello per la pace. Basta, fermatevi. Negli occhi dei bambini uccisi e mutilati, degli ostaggi oltraggiati vede il volto di Dio. E alla violenza come leva della storia, papa Francesco si oppone con la forza della fede e il coraggio della Parola e delle parole per dare senso ad una umanità ferita che non impara mai la lezione della storia.



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