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Carri armati e perdite russe, Kiev insegue la svolta della guerra

Aggiornamento: 21 gen 2023

di Vice


Un massacro: 188mila morti. Non è descrivibile in altro modo l'incredibile numero di perdite subito dalle forze armate russe dall'inizio dell'operazione speciale in Ucraina, dal 24 febbraio 2022. A rivelarlo è il tabloid inglese The Sun, più specialista in pettegolezzi da Buckingham Palace e cronaca rosa che dai fronti di guerra, che accredita però l'informazione all'Intelligence statunitense. La notizia ha innescato tuttavia un rumore di fondo per il contemporanea aut aut posto nell'incontro di ieri a Ramstein dalla Cancelleria tedesca per l'invio all'Ucraina dei carri armati Leopard di ultima generazione. Il Leopard è un mezzo dalla grande potenza di fuoco e altrettanto costoso, e superiore secondo gli esperti anche al russo T-72.

In sostanza, la singolare coincidenza dell'uscita di The Sun il giorno successivo alla dichiarata incertezza tedesca è stata interpretata come una forma di pressing più generale, i cui fili sono mossi sia dall'intelligence Usa, sia dai servizi segreti britannici, per coinvolgere i media occidentali a sostegno di Kiev, all'interno dell'ormai collaudato disegno di disinformazione ad ampio raggio che contrappone Occidente e Russia. In questo caso però c'è di più. Le cifre dei soldati russi caduti in Ucraina sono tali da lasciare attoniti, ammutoliti, soprattutto se paragonate alle perdite pagate in Afghanistan dell'allora Unione Sovietica: 26 mila vittime e oltre 50 mila feriti in dieci anni di conflitto. E la stessa parziale mobilitazione ordinata dal Cremlino negli ultimi mesi unita ai ripetuti cambi ai vertici nella catena di comando militare potrebbe essere la conferma più attendibile dell'incredibile decimazione subita dalle forze armate russe. Ciò spiegherebbe di riflesso le dichiarazioni fondate sull'incrollabile fede nella vittoria del presidente ucraino, cui segue puntualmente la richiesta di nuovi e più sofisticati mezzi corazzati e, elemento non secondario, l'accettazione dello stato di guerra, senza si combatta, dell'Occidente.

Ultima richiesta, appunto, quella dei tanks Leopard e degli statunitensi M1 Abrams con i quali il presidente ucraino, sfruttando anche le sue considerevoli qualità di attore, alimenta nell'opinione pubblica occidentale l'ipotesi dell'ultima e decisiva "spallata" contro il nemico - oramai dissanguato - che giustifica l'arrivo dei carri armati, srotolando di fatto nell'immaginario collettivo la suggestiva visione di una eroica "battaglia dei giganti", versione Seconda guerra mondiale, con il suo esercito che irrompe nella pianura sarmatica, travolgendo l'Armata russa, magari arrivando fino a Mosca, impresa che fu negata sia a Napoleone, sia ad Hitler. Naturalmente, con il popolo russo che applaude gli ucraini nuovi liberatori, gli stessi che il loro presidente un anno prima definiva "banditi fascisti".

A questo punto, però, la realtà non può più inseguire la spinta offensiva di Kiev, vuoi per gli interessi divaricanti che suscita, vuoi per lo scenario internazionale che tende a complicarsi. Infatti, per quanto il presidente americano Joe Biden sia arciconvinto, insieme con i vertici del Pentagono, della necessità di sostenere l'Ucraina con l'invio di nuove forniture di armi difensive per logorare la Russia, sa perfettamente che anche l'accettazione dello stato di guerra senza si combatta dell'Occidente deve avere una ragionevole data di scadenza, se non si vuole precipitare nell'avvitamento di una estensione per quantità e qualità del conflitto. Allo stesso Biden non è ignoto, peraltro, l'aumento della produzione di armamenti militari convenzionali e degli stanziamenti per la ricerca scientifica a scopi bellici in Russia, determinato anche dall'andamento dell'operazione speciale, che ha ulteriormente rafforzato gli oligarchi dell'industria di guerra e, di fatto, anche modificato il delicato gioco di equilibri delle influenze sul Cremlino.

E' il rovescio della guerra per procura che paradossalmente fa scoprire ora agli Usa che se la Russia perde, a vincere sono quelli che meno servono sullo scacchiere mondiale. E che magari, occorrerebbe (ri)scoprire la parola Pace.

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