"Armiamoci e partiamo", ma per costruire una difesa europea
di Michele Corrado*
Le parole del Presidente Emmanuel Macron sull’invio di Forze militari francesi nel teatro di guerra ucraino hanno destato scalpore e sconcerto in numerosi Paesi, Italia compresa, mentre il presidente della Federazione russa Vladimir Putin avverte che vi saranno ritorsioni sull'Europa qualora venissero dislocati aerei F16 in Ucraina come richiesto da Zelensky per contrastare i missili supersonici lanciati da Mosca. Ma, ritornando a Macron, nessuno si è chiesto il motivo della “fuga in avanti” dell'Eliseo. Personalmente, si è portati a credere che il presidente di una grande nazione come la Francia non sia disponibile a dichiarazioni di quel tipo solo agitare l'aria, se dietro non vi è un disegno articolato che deve portare a risultati concreti. Delle varie chiavi di lettura è forse possibile approfondire il dibattito sulla Difesa europea, tema ora diventato di estrema attualità vista l’evoluzione del conflitto ucraino.
Il problema vero sulla costituzione della Difesa europea è il sistema di Comando e Controllo che deve essere adottato. Nella Nato questo problema non si pone, in quanto è un “prodotto” americano con il totale supporto inglese. Ne consegue che il comandante delle forze dell'Alleanza Atlantica è per Statuto un Generale americano ed il vice un Generale inglese, ruoli che non sono “a rotazione” fra i vari Paesi componenti. Ciò significa che i francesi, che sono anche potenza nucleare come Stati Uniti e Gran Bretagna sono fuori dalla vera linea di comando e decisionale. Se poi si aggiunge che il generale americano, Comandante delle Forze Nato, è anche Comandante di tutte le Forze americane in Europa, permanenti o temporanee che siano, il quadro di riferimento e di egemonia è chiarissimo.
La Nato è una alleanza politica con un Segretario Generale (che ha rango di Capo di Stato), che si avvale di un Comitato Militare come consulente tecnico e di un braccio militare operativo che ha il compito di condurre le operazioni. Quindi, indipendentemente da come viene “confezionato” il pacchetto d’ordini per il Comandante Nato, questi, una volta “ingaggiato”, risponde su una catena di comando nazionale, sempre supportato dal suo vice inglese. Ovvio, che anche in questa situazione i francesi siano fuori da queste dinamiche, ma in caso di costituzione di una Difesa europea, gli americani sarebbero tagliati fuori e gli inglesi, figli della Brexit, non sono più parte dell'Unione Europea.
Morale: i francesi, unici ad avere il doppio arsenale (nucleare, la force de frappe, e convenzionale, armée de terre) e in virtù della loro storia, sarebbero i primi ad aspirare al comando permanente dell'ipotetica Difesa europea. In questo lasso di tempo, il protagonismo mediatico diviene funzionale a rivendicare la leadership militare.
I concorrenti, i grandi Paesi europei anche di tradizione militare - Germania, Italia e Spagna - sono rimasti alla finestra, così mostrando di non comprendere il corso degli eventi dall'inizio della guerra in Ucraina e, aggiungiamoci, con la ripresa su vasta scala della tensione in Medio Oriente e nel Mar Rosso per le azioni degli Houthi. Dunque, non comprendere la necessità di ricercare una distensione internazionale e raffreddare il ricorso alle armi come soluzione delle controversie su nuove basi, per quanto paradossale possa apparire, è limitante proprio per la politica europea.
L'idea di "armiamoci e partite" di Macron va dunque letta non in chiave guerrafondaia, che non è l'aspirazione da quasi 80 anni di noi europei, ma come una proposta dell'Europa per riprendere autonomia e autorevolezza sullo scacchiere internazionale da una posizione di coesione politica e militare (partnership, ricerca, produzioni) delegata da decenni all'esterno, cioè alla Nato.
Certo, l'iniziativa di Macron può destare stupore in chi segue l'evoluzione storica dei progetti di un esercito europeo. Fu infatti la Francia, nel 1954, a far crollare l'ipotesi di un'alleanza militare europea - la famosa CED, Comunità europea di difesa, ma non del tutto emancipata dalla Nato - che lei stessa aveva proposto e sostenuto anche con l'appoggio dell'Italia, in particolare del presidente del Consiglio Alcide De Gaspari. In quella circostanza giocò la riserva al riarmo della Germania, superata poi con la costituzione della CECA e del Mec.
Anni dopo, in piena bufera politica e sociale e a rischio colpo di Stato per la sanguinosa guerra in Algeria, che seguiva la sconfitta in Indocina, la Francia tornò ad aggrapparsi al generale de Gaulle, cioè ad una rinnovata grandeur che lo stesso de Gaulle espresse nel 1958 incontrando Indro Montanelli e l’ambasciatore Quaroni con questi termini: "Signori, la Francia, per diventare la Francia, ha speso sei secoli di storia e di sangue, e sessanta Re. E ora dovrebbe contentarsi di ridiventare un pezzo d’Europa e basta?".
I tempi cambiano ed è cambiato lo scenario mondiale. La frase di Macron, pur nella sua estrema provocazione, è indicativa di quanto sia indispensabile prendere atto dei cambiamenti per non ritrovarsi a rimorchio degli eventi e, soprattutto, di situazioni che non si è in alcun modo determinato e quindi compreso nella loro reale genesi e possibili soluzioni. La guerra in Ucraina è una di queste. Comprendere la prospettiva che si para di fronte a noi è complicato, forse neppure alla nostra portata, ma abbiamo il dovere di provarci, proprio per evitare nuove catastrofi sul nostro vecchio continente.
Primo paese dell’Unione europea in classifica, la Francia è una delle poche nazioni ad avere due portaerei e si è classificata tra i primi dieci per numero di elicotteri, di navi da guerra e per la forza totale della flotta di trasporto, con 438 elicotteri, di cui 69 d’assalto, e 10 cacciatorpediniere. Inoltre, Parigi può contare su una forte presenza in Africa, in particolare nella regione del Sahel.
*Col. (aus.) Esercito Italiano
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