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Addio Monica Vitti, vera diva nell’arte di far ridere

di Vice|

Con la scomparsa di Monica Vitti, nome d’arte di Maria Luisa Ceciarelli, cala il sipario su una lunga e meravigliosa stagione del cinema italiano, passata dal Neorealismo del secondo dopoguerra alla commedia dei mostri sacri, Mastroianni, Gasmann, Tognazzi, Manfredi, Sordi, guidati con sapienza dai raffinati Visconti, De Sica, Monicelli, Antonioni, Risi, Scola, i primi a venire alla mente di elenco di grandi professionisti. Ed è il pensiero comune di milioni di italiani commossi dalla definitiva uscita di scena a 90 anni, dopo una dolorosa malattia, di una delle più vibranti attrici italiani, precisa e pignola, come veniva definita nell’ambiente cinematografico, intellettualmente forgiata dall’incontro di importanti registi ed attori. Uno su tutti: Michelangelo Antonioni, mentore e compagno, colui che seppe caratterizzarla agli inizi degli anni Sessanta, dilatando le sue capacità di recitazione nella figura di donne intellettualmente in crisi. Come ne L’avventura, La notte, L’eclisse, e ancora in Deserto rosso, Monica Vitti, donna di una bellezza intrigante, proiettava sullo spettatore le lacerazioni interiori al femminile che finivano nel labirinto dell’incomunicabilità, manifesto della prosa filmica di Antonioni, e dall’incomunicabilità risalivano ad una crisi esistenziale della società più in generale. Semplificando, storie dure amate dalla critica, mal digerite dal grande pubblico, cui Monica Vitti, solare, allegra, ironica si rivolse nei panni di Assunta Patanè in La ragazza con la pistola, diretta da Mario Monicelli. Amava far ridere e quel film rappresentò il visto d’ingresso alla commedia all’italiana che le regalò, dopo la notorietà internazionale, una popolarità straordinaria nella parte della popolana Adelaide Ciafrocchi in “Dramma della gelosia”, indimenticabile interpretazione accanto a un superlativo Marcello Mastroianni ed un altrettanto talentuoso Giancarlo Giannini, un cast di stelle diretto da Ettore Scola. In alcune note autobiografiche, scrisse che dal film L’avventura aveva capito che doveva soltanto “servire”, che nell’Eclisse si era accorta che non era soltanto un film, una storia, ma una particolare visione della vita, dei rapporti uomo-donna. Rapporti questi ultimi per lei non facilmente decrittabili ma sofferti, tormentati, come quando sul set di Deserto rosso, mentre si sfilacciava l’amore con Antonioni, sbocciava quello con il direttore della fotografia Carlo Di Palma. Sofferenze e tormenti che non le impedivano di viversi sempre con un pizzico di comicità accanto, sul set come nella vita quotidiana. Alla domanda sul segreto della sua comicità, rispose: “La ribellione di fronte all’angoscia, alla tristezza, alla malinconia della vita”.

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