Zelensky e la rinuncia alla Nato, prove generali di pace?
Aggiornamento: 25 giu 2023
di Stefano Marengo
“L’Ucraina si rende conto che non è nella Nato. Abbiamo sentito per anni parlare di porte aperte, ma abbiamo anche sentito dire che non possiamo entrarci, e dobbiamo riconoscerlo”. Queste le parole pronunciate ieri da Volodymyr Zelensky in collegamento telematico con Boris Johnson e gli altri leader dei paesi nordici che compongono la Joint Expeditionary Force, che gli hanno comunque garantito l’invio di nuove armi.
Alcuni commentatori hanno osservato che questa dichiarazione è l’ultima di una serie di prese di posizione piuttosto incoerenti da parte del presidente ucraino. Il quale, in effetti, nelle ultime due settimane ha alternato timide aperture al dialogo a veementi appelli al combattimento. L’ultima di alcune ore fa riportata dalle agenzie, in cui Zelensky ha affermato che la guerra deriva dalla debolezza mostrata nel 2014, quando la Russia occupò la Crimea. “Ma oggi siamo molto forti, uniti, grande popolo e nazione e sono sono sicuro che vinceremo e torneremo alla pace”, ha concluso in un video su Instagram.
Evidentemente, i pericoli e le pressioni a cui è sottoposto rendono in parte comprensibile l’incoerenza del presidente ucraino. L’impressione, tuttavia, è che ci sia anche dell’altro, ossia che egli sia costretto ad un certo funambolismo per tenere insieme chi, nel suo governo, sembra maggiormente predisposto al compromesso negoziale con Mosca e chi, invece, respinge ogni ipotesi di accordo e punta tutto sulla lotta armata. Se così stanno le cose, c’è da chiedersi con una certa preoccupazione e urgenza fino a che punto queste anime potranno convivere e quale delle due è destinata a prevalere.
In questo quadro, le parole di Zelensky sulla Nato segnano comunque una discontinuità rispetto alla linea finora tenuta dal governo di Kiev. Ma qual è il senso preciso della sua presa di posizione? Si tratta solo della consapevolezza che oggi, alla luce dell’invasione russa, appare decisamente improbabile l’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica? Oppure Zelensky ci sta dicendo di aver capito che la cooptazione nella Nato non è mai stato un progetto davvero realizzabile? Se seguissimo questa seconda ipotesi, non dovremmo forse concludere che l’Ucraina, in tutti questi anni e oggi in particolare, è stata utilizzata soltanto come terreno di scontro tra interessi di potenza contrapposti? Nel silenzio dell’Europa interessata più alle forniture di gas che all’assetto geopolitico che si realizzava con l’annessione della Crimea. E se tutte queste riserve fossero state espresse a tempo debito, non si sarebbe potuto evitare il massacro di queste settimane? La dichiarazione di Zelensky pone e alimenta questa angosciosa questione e, ciò che più è grave, rischia di far crescere a dismisura l’alibi della Russia, se non a dare credito all’aggressore Putin.
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