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Alberto Trentini, 209 giorni nelle carceri venezuelane


"Questa volta sarete voi giornalisti ad aiutare a far liberare Alberto”. Sono le parole di Armanda Colusso Trentini, l'appello della madre di Alberto, pronunciate ieri, 11 giugno, nella conferenza stampa presso la sede dell’Ordine dei giornalisti a Roma, cui la Porta di Vetro si associa, come fa mesi.

Le riportiamo integralmente (www.odg.it):

“Si deve parlare di mio figlio come si è fatto per altri italiani che, grazie anche al clamore mediatico, hanno fatto ritorno a casa. Vi prego non stancatevi di parlare di Alberto. Sono certa che chi ha il potere di far liberare mio figlio con una forte pressione mediatica si adopererà senza più tentennamenti".

Alla conferenza stampa hanno partecipato il presidente dell'Ordine dei Giornalisti Carlo Bartoli, Don Luigi Ciotti, Beppe Giulietti, gli onorevoli Rachele Scarpa, Gianni Cuperlo e Giuseppe Provenzano (PD) e l’avvocata della famiglia Trentini, Alessandra Ballerini.

Ha aggiunto Armanda Colusso Trentini, ricordando che il figlio è detenuto in un carcere di Caracas, senza alcuna accusa specifica, dal 15 novembre scorso:

"[...] Si deve parlare di mio figlio come si è fatto per altri italiani che fortunatamente anche grazie al clamore mediatico hanno fatto ritorno a casa. Vi prego non stancatevi di parlare di Alberto finché non me lo porteranno a casa! Sono certa che chi ha il potere di far liberare mio figlio, con una forte pressione mediatica, si adopererà senza più tentennamenti. Alberto era (e uso l’imperfetto perché dopo 6 mesi e mezzo di prigionia non so come sarà ora) era dicevo, un ragazzo normale, sereno e pieno di ideali. Ha iniziato la sua attività in America Latina con il servizio civile nell’isoletta di Muisne Ecuador. Aver svolto il servizio civile in quell’isoletta è stata un’esperienza che ha segnato positivamente la sua vita e che in qualche modo ha deciso il suo avvenire, perché gli ha fatto conoscere da vicino situazioni di persone in difficoltà, che con l’aiuto delle ONG potevano cambiare la qualità della loro vita. Ha poi lavorato come cooperante in Bosnia Herzegovina, Ecuador, Etiopia, Paraguay, Nepal, Grecia, Perù, Libano e Colombia. Ha frequentato il liceo scientifico, ha preso la laurea in storia, ha frequentato l’Erasmus a Parigi, un periodo scuola lavoro in Australia, ha un diploma in assistenza umanitaria conseguito a Liverpool ed un master in acqua e sanificazione ingegneristica c/o l’Università di Leeds (Eng). Al ritorno dalle missioni ritrovava la sua famiglia, gli amici e amava immergersi nella natura e leggere. Scorreva così la sua vita, fino a scegliere nell’ottobre del 2024 il Venezuela con un progetto con la ONG Humanity & Inclusion. Dopo appena tre settimane, è stato arrestato ad un posto di blocco a Guasdualito assieme all’autista della ONG che lo aveva accolto all’aeroporto.

[...] La gente che ci è vicina è convinta che ormai Alberto sia in viaggio per tornare a casa. Pensano che sia solo questione di giorni, ma i giorni passano e Alberto ancora non torna. Abbiamo promosso insieme agli amici vecchi e nuovi molte iniziative di sensibilizzazione (raccolta firme, digiuno a staffetta, pedata, camminata ecc.) ma ancora non bastano.

Ora provo a darvi le consegne: scrivete, parlate di Alberto, perché quel qualcuno che non si è attivato a dovere fino ad ora dovrà sentirsi motivato, senza più esitare, a fare l’impossibile per riportare a casa questo figlio di cui l’Italia deve andare fiera."

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