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Un libro per voi: "Liberi e ribelli. L’antifascismo come scelta esistenziale"

a cura di Alberto Ballerino


Le scelte dei giovani di ieri raccontate a quelli di oggi. È quanto si propone Antonella Tarpino nel libro ‘Liberi e ribelli. L’antifascismo come scelta esistenziale’ (Einaudi, p. 153, 14,50 euro), presentato alcuni giorni fa nella sede della Fondazione Luigi Longo a Castellazzo Bormida. La scelta è una categoria adottata dallo storico Claudio Pavone per cercare di comprendere cosa accade nell’Italia del 1943. Nel caso di Antonella Tarpino e di tutti quelli che si occupano del tema della memoria è doppiamente importante perché ci porta al cuore di una domanda: che cosa è importante ricordare del momento fondativo della Resistenza se non questo atto? Può condizionare in senso positivo la memoria per i giovani di oggi che possono forse riconoscersi in quelli di ieri attraverso una questione non astratta, ma che ha a che fare con la propria esistenza.

Conta anche il fatto che non ci sono più testimoni. Il tema della scelta può aiutarci a ricreare un collegamento tra i giovani di ieri e di oggi in un periodo in cui la memoria è fortemente in crisi e l’estinzione dei protagonisti ha prodotto un collasso nel rapporto tra le generazioni.

L’attenzione privilegiata ai giovani porta l’autrice a cercare linguaggi adatti per rivolgersi a loro. Quindi il libro non si sofferma su documenti d’archivio e materiali storici, cercando invece di indagare il mondo interiore dei partigiani e di rispondere così a domande e interessi di lettori delle ultime generazioni. Questi linguaggi vengono trovati dalla Tarpino nella rilettura dei diari, soprattutto in quelli da cui emergono degli elementi di contraddizione nelle scelte dei diversi autori. Tanti gli esempi: ‘Il sentiero dei nidi di ragno’ di Calvino, ‘Il partigiano Johnny e ‘Una questione privata’ di Fenoglio, ‘L’Agnese va a morire’ di Renata Viganò. L’autrice trova nel materiale narrativo una capacità di andare al di là dello stesso neorealismo. Si supera sicuramente la soglia della Resistenza e dei partigiani come eroi celebrati e si va all'interno del materiale umano esistenziale e del travaglio che questi giovani autori hanno sperimentato.

Particolarmente significativo il caso de ‘Il voltagabbana’ di Davide Lajolo. Qui il commissario politico comunista spiega al protagonista che non si può pensare di cambiare semplicemente la direzione del fucile, bisogna cambiare noi stessi. Si trattava di intraprendere una lotta con il fascismo stesso dentro quei giovani, generazione cresciuta nel regime. Credo che i grandi romanzi possano aiutare ad entrare in questo mondo interiore di sentimenti che ci danno davvero il senso della difficoltà e dell'importanza di quella scelta.

Pur attingendo a queste grandi opere letterarie, le interpretazioni cinematografiche sono state il prodotto di una memoria che cambia nel corso del tempo. Un caso esemplare è proprio il libro ‘L’Agnese va a morire’. Il romanzo esce in tempi non lontanissimi dal dopoguerra ed è stato ripreso dal cinema nella versione di Giuliano Montaldo negli anni Settanta proprio quando si riconoscono le prime tracce dell’esperienza femminista destinata ad avere una forza crescente nel nostro paese. Il romanzo di questa partigiana era stato abbastanza confinato in una produzione letteraria dove le donne erano una minoranza. Invece proprio in occasione della fiammata femminista diventa un film.

Ancora più emblematica è ‘Una questione privata’ dei fratelli Taviani, ispirata al libro di Fenoglio. È davvero come se il film si rivolgesse a un pubblico che non è più quello dei lettori del romanzo. La straordinaria invenzione di Fenoglio ha cambiato i modi per parlare della Resistenza: l'amore di Milton per una ragazza e la sua gelosia per il compagno di partigianato Giorgio è una questione indistinguibile dal piano pubblico come si sarebbe detto nel dibattito politico degli anni Settanta quando si diceva che il privato è politico. Invece nel film questo non esiste più come emerge bene nel finale.

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