Uno sguardo sul passato: le elezioni del 18 aprile 1948
- Vice
- 18 apr
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Aggiornamento: 18 apr
di Vice

Democrazia cristiana 48,51 per cento, Fronte democratico popolare 30,98 per cento; 305 seggi contro 183 alla Camera: dalle urne del 18 aprile 1948, da una campagna elettorale portata avanti senza esclusione di colpi, alla quale partecipò il 92 per cento degli avanti diritto al voto, uscì quell'inossidabile stagione politica che avrebbe governato per oltre quarant'anni l'Italia nel segno iniziale e persistente del centrismo, anche se con sfumature diverse; un periodo storico che viene comunemente definito I Repubblica. Quel 18 aprile 1948 certificò anche in maniera indelebile la rottura del clima di concordia politica costruito nel CLN durante la Resistenza tra la Democrazia Cristiana e i partiti di sinistra, Partito socialista (Psi) e Partito comunista (Pci), e si schiuse ad un'altra epoca, contrassegnata da forti contrasti e acute divisioni sul piano sociale e politico mai del tutto sopiti. Anzi, destinati a rafforzarsi nel tempo con l'uscita di scena dei partiti tradizionali e di massa, espressione plebea di coaguli di pregiudizi o di preclusioni da resuscitare strumentalmente per fomentare paure e fantasmi inesistenti.
Una netta scelta di campo
Il 18 aprile di settantasette anni fa schierò l'Italia nel campo occidentale, senza più se e senza più ma, ufficializzando l'estromissione dei partiti di sinistra avvenuta il 31 maggio 1947 da parte del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, decisione che raccoglieva i "suggerimenti" dell'amministrazione americana che faceva leva sul piano di aiuti economici, denominato "Piano Marshall". Suggerimenti diventati diktat ad un mese dalle elezioni, quando Washington dichiarò senza mezzi termini che in caso di affermazione dei partiti di sinistra l'Italia poteva dire addio ai finanziamenti del piano, peraltro giudicato come forma di asservimento al capitale americano dal segretario del Pci Palmiro Togliatti, in linea con la posizione del capo dell'Unione Sovietica Stalin. Dal 26 novembre del 1993, dopo essere stato declassificato, ricercatori e storici hanno la possibilità di consultare un rapporto segreto della Cia inviato il 15 marzo 1948 al presidente Truman e ai membri del Consiglio di sicurezza nazionale. con cui in undici pagine si ricostruiva lo scenario in caso di sconfitta della Dc con "le conseguenze della salita al potere dei comunisti con mezzi legali" e si ipotizzava un intervento armato di Esercito e dell'Arma dei carabinieri per "prevenire con la forza il consolidamento al potere dei comunisti".

In questo contesto, lo scontro tra due mondi antitetici, Occidente e Urss e stati occupati dall'Armata rossa, cominciava a caratterizzarsi in una forma eloquente, dopo la prima e immaginifica dichiarazione a Fulton di Winston Churchill, cui la storia avrebbe dato il nome di Cold War, Guerra fredda, con tutte le conseguenze e le implicazioni vissute nel Novecento, i cui cascami sono ancora presenti ai giorni nostri.
Le premesse della divisione si erano già lette per intero nel 1947, sia sul piano interno con la strage di Portella della Ginestra in provincia di Palermo, episodio ancora avvolto nel mistero e di cui si conosce soltanto la mano criminale, la banda di Salvatore Giuliano, mentre rimangono ancora nell'ombra i mandanti, sia sul piano strettamente politico con la scissione di Palazzo Barberini, che determinò l'11 gennaio il distacco dell'ala moderata del Psi e la formazione del Partito socialdemocratico (Psdi) che aveva nel futuro presidente della Repubblica Giuseppe Saragat il suo leader più autorevole. Un "divorzio" nell'aria da tempo, anticipato dalle continue critiche rivolte da Saragat al segretario del Psi Pietro Nenni, complice soprattutto il risultato delle elezioni amministrative del novembre 1946, che avevano visto prevalere i comunisti sui socialisti. Un'operazione perfettamente funzionale alla formazione del nuovo governo De Gasperi e l'anno successivo alla netta sconfitta del Fronte popolare di Togliatti e Nenni.
Del resto, le avvisaglie di una netta sterzata dell'esecutivo degasperiano che l'Avanti, l'organo del partito socialista, un mese dopo l'addio di Saragat annotò con estrema preoccupazione per “la relativa facilità con la quale le forze interne di conservazione e di reazione hanno ripreso il sopravvento; la docilità del governo nei confronti del partito del capitale interno e straniero; la tendenza democristiana a restaurare l’originario Stato di polizia; il divorzio che ne deriva fra la Repubblica e le masse che la Repubblica hanno fondato il 2 giugno; tutto ciò è la conseguenza in un certo senso fatale di una rivoluzione a metà." Resa ancora più cocente per le sinistre e per il movimento operaio nel decennio successivo, con il netto rovesciamento dei rapporti di forza nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro più in generale a favore del padronato.
Il contesto storico
Tuttavia, sarebbe inopportuno e scorretto se non si guardasse al 18 aprile 1948 con più lenti d'ingrandimento. Gradazioni di visus storico e politico che non possono prescindere dal contesto generale, dalla presenza militare americana, che un anno dopo si sarebbe trasformata nell'Alleanza Atlantica (Nato), dalla dura contrapposizione tra Est e Ovest, da eventi esterni, come per esempio il colpo di Stato comunista in Cecoslovacchia (21-25 febbraio), dall'influenza della Chiesa cattolica e in particolare di Papa Pio XII. E non ultima, dalla legittima e sincera aspirazione del presidente del Consiglio italiano Alcide De Gaspari di mettere stabilmente il nostro Paese sui binari della crescita economica e sociale. Lo stesso De Gasperi che sottoscrisse una frase, diventata poi una sorta di mantra negli anni successivi e adottata non soltanto dalle forze cattoliche: "La Democrazia cristiana non ha vinto per sé, ha vinto per l’Italia, ha vinto per l’Europa, ha vinto anche per il continente occidentale".
Ciò che però rimane il "vulnus" più autentico e non ancora cicatrizzato della società italiana, da cui quel 18 aprile 1948 ha piena responsabilità per essere stato impiegato per regolare i conti con le sinistre, da cui non è riuscito ad emendarsi, è la mancata discontinuità con il passato fascista, con gli apparati e i corpi separati dello Stato che ha marchiato e continua a marchiare il deficit morale del nostro Paese.
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