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Un libro per voi: “Amedeo Ugolini, un mite intellettuale comunista”

Piera Egidi Bouchard

Aggiornamento: 16 lug 2024

di Piera Egidi Bouchard


Figura poco nota al grande pubblico quella raccontata da Vincenzo Santangelo nel suo ultimo lavoro, ma non per questo meno degna di attenzione per la sua caratura intellettuale e di uomo della Resistenza.[1] Ed è con un autentico lavoro di scavo, per alcuni versi anche introspettiva, che Santangelo ci cala nella vita venata di molte avventure dello scrittore Amedeo Ugolini (cui il Comune di Torino ha dedicato una via nel quartiere Mirafiori Sud, che fa angolo con via Palmiro Togliatti). "Un mite intellettuale comunista", lo definisce nel titolo l'autore, che ritrova la libertà dopo il 25 luglio del 1943, alla caduta di Mussolini, scarcerato dalla prigione di Fossano, in provincia di Cuneo, dove era stato rinchiuso per una condanna del Tribunale speciale a una pena di 5 anni.


La sua vita era stata complessa: nato nel 1896 a Costantinopoli, dove era emigrato, in esilio per motivi politici, un nonno, repubblicano rivoluzionario, romagnolo. Nel 1917 sposa “Rina”, si trasferisce a Bologna, dove nasceranno i tre figli e inizia la sua carriera letteraria, fondando nel ’22 la rivista mensile “L’Accigliata” e cimentandosi, lui, autodidatta, con la sua vocazione alla scrittura, che lo porterà alla pubblicazione di romanzi e racconti tradotti anche in varie lingue, nel filone di quello che sarà denominato “realismo lirico”. E in quegli anni egli assiste a quella che fu chiamata “la prova generale della marcia su Roma” con l’occupazione di Bologna da parte degli squadristi (maggio-giugno 1922). Saranno queste vicende alla base del suo “ antifascismo morale”, che via via diventerà sociale e politico.

Dal 1927 Ugolini si trasferisce con la famiglia in Liguria, a Chiavari: “Sarà , questo, un periodo cruciale per la sua formazione professionale e politica, nel quale letteratura e antifascismo costituiranno il suo orizzonte esistenziale”. Così come l’esperienza di vita in varie città dalla ricca storia costituiranno il suo caratteristico “ cosmopolitismo” , e la disposizione al dialogo e al confronto. Frequenta  un gruppo di amici più giovani di quindici o venti anni , operai e studenti, collegati tra di loro da un antifascismo come scelta etica, e tra il ’29 e il ’34 si afferma come scrittore, pubblica e riceve premi per i suoi romanzi, che privilegiano il tema del dolore, dell’individuo umiliato e offeso. Nel 1937 aderirà al Partito comunista “non tanto e non solo perché giudica quel partito più in prima linea degli altri nella lotta contro il regime fascista, ma perché quel mondo a cui il partito si rivolge è, non a caso, quello a cui si ispira la sua produzione letteraria di scrittore, poeta e giornalista".

Dopo alcuni viaggi a Parigi, sperando di essere inviato dal Partito come corrispondente nella guerra civile spagnola, Ugolini rimane nella capitale francese, dove gli viene affidata la terza pagina del giornale “La voce degli italiani”, firmando articoli come Aldo Bruti e corsivi con lo pseudonimo di Bertoldo”, adottato in omaggio alla saggezza popolare cui intendeva richiamarsi “conducendo“ una vivace polemica e una spietata critica nei confronti del fascismo “che gli varranno l’arresto e la condanna a 5 anni di reclusione".

Nella redazione de “La voce degli italiani” aveva incontrato “Gina”, anche lei un’espatriata politica, che scriveva articoli sulla questione femminile. Ma avendo frequentato solo fino alla quinta elementare, era lui a revisionarle i testi. Inizia così una collaborazione fattiva che diventa amore: Gina sarà fino alla fine sua compagna di vita e gli darà nel dopoguerra una figlia, Mirella (dal nome assunto da Gina nella Resistenza francese). Nel frattempo il matrimonio con Rina, negli anni di distanza, era sempre più diventato un rapporto con “la madre dei miei figli”.

Intanto era scoppiata la guerra con la Francia, (la “pugnalata alla schiena” del giugno 1940), che mutò in senso radicalmente peggiorativo il rapporto con i fuoriusciti italiani, e in questo contesto avvenne la chiusura de “La voce degli italiani” e di tutte le organizzazioni politiche (lo stesso Partito comunista francese fu messo fuori legge e i suoi deputati privati dei loro seggi in Parlamento). Nel gennaio 1942 Ugolini venne arrestato, estradato prima a Innsbruck, tradotto in carcere a Roma e poi a Fossano. Durante i 45 giorni del governo Badoglio, in seguito alla domanda della moglie Rina, venne graziato e il 26 agosto 1943 lasciò il carcere, tornando brevemente a Chiavari in famiglia, ma entrando in clandestinità col nome di “Sacchetti” dopo l’8 settembre (quando si era subito costituito il Cln cittadino, in riferimento al Cln ligure, in attività già dal 9 settembre).

Nel gennaio 1944 Ugolini viene inviato a Torino nel Cln piemontese, in sostituzione di Osvaldo Negarville, il cui carattere “poco flessibile”, “rigido, vicino alle posizioni filo- bolsceviche di Secchia”, alimentava le difficoltà nei rapporti con gli altri partiti, mentre Ugolini “subito si qualificherà per il suo approccio unitario, a tal punto che Paolo Greco enfatizzerà l'intesa con lui, per lottare con perfetta lealtà sul piano democratico e con piena solidarietà tra tutti i Partiti del Cln’. Sono mesi di grande attività resistenziale, durante i quali viene costituito il Comando regionale militare del Piemonte, in seguito catturato: otto dei suoi membri sono fucilati al Poligono del Martinetto di Torino (5 aprile 1944), e solo “per un caso” Ugolini non era tra di loro, come rappresentante comunista, al posto di Eusebio Giambone.

Con la Liberazione, in quanto delegato del Cln Alta Italia, collaborò alla formazione del governo Parri. Viene nominato direttore dell’Unità piemontese, e nel novembre 1946 viene eletto al consiglio comunale di Torino. Nel frattempo Gina lo aveva raggiunto “con un rocambolesco viaggio da Parigi”, e nel marzo1946 era nata la figlia Mirella.

Ma perché “mite” questo intellettuale comunista? L’aggettivo insolito non può non rimandare a un altro intellettuale impegnato nell’antifascismo, Alessandro Galante Garrone, il “Mite giacobino”.[2] Certamente i suoi interessi letterari ne fanno “uno scrittore prestato alla politica”, più che un quadro di attività e di battaglie, e anche quando scrive corsivi o articoli di terza pagina, scelti e raccolti nell’ “Appendice documentaria” a cura di Luciano Boccalatte, si nota la sua formazione e vocazione (particolarmente interessanti quelli dedicati alla “giovane letteratura italiana” o a D’Annunzio). Ma anche nella sua attività politica, come rimarcano tante testimonianze, fu una persona capace di ascolto e di mediazione, e questo fu il suo contributo più prezioso.

Tutt’altro che “mite” era invece il  sanguigno condirettore dell’Unità piemontese, Davide Lajolo, in una sorta di “dualismo redazionale”, “ nel quale a ogni editoriale di Ugolini faceva da contraltare un articolo di Ulisse (nom de plume di Lajolo), che firmerà quasi tutti i giorni il giornale. I contrasti portarono a una spaccatura nella redazione, e questo fu il motivo per la sua rimozione dall’incarico, oltre a critiche sulla sua vita privata - predilezione per “bacco e tabacco”- come scrisse Giorgio Amendola - inoltre un matrimonio con tre figli da una parte e una convivenza con una figlia dall’altra. Era una aperta contraddizione col moralismo del Pci, in cui “i tratti del buon padre di famiglia della tradizione cattolico-rurale italiana non erano esattamente sovrapponibili all’intellettuale cosmopolita e laico, che incarnava un modello familiare alquanto anomalo". Così  Ugolini viene mandato come “inviato speciale “ a Mosca e poi a Praga. Già minato nel fisico, cessò di vivere per un’emorragia interna il 6 maggio 1954. Il suo funerale a Torino fu seguito con grande partecipazione della cittadinanza, dei militanti  e degli intellettuali dei partiti della Resistenza. E a un anno dalla sua scomparsa, sarà il suo giornale, l'Unità, a ricordarne ancora una volta i meriti, con un mirabile articolo firmato da Mario Montagnana, torinese, uno dei dirigenti più prestigiosi del Pci, fondatore del Partito e redattore dell'Ordine nuovo con Antonio Gramsci.[3]

Giustamente lo storico Aldo Agosti nella sua Prefazione nota che “ la memoria plumbea del comunismo-sistema e delle sue tragedie rischia di rendere invisibile fino a cancellarla la memoria e le storie individuali dei comunisti. Tra queste, la biografia di Amedeo Ugolini meritava di essere riscattata dall’oblio, anche perché è insieme complessa e atipica. Vincenzo Santangelo, confermando la sensibilità di cui ha già dato prova calandosi nelle storie di vita di personaggi ‘minori’ e in qualche modo ‘irregolari’ dell’antifascismo comunista, riesce a farlo in modo convincente.”


Note

[1] Vincenzo Santangelo, Amedeo Ugolini - Un mite intellettuale comunista, prefazione di Aldo Agosti, appendice documentaria a cura di Luciano Boccalatte, Edizioni Seb27, 2024. 

[2] Alessandro Galante Garrone, Il mite giacobino - Conversazione su libertà e democrazia raccolta da Paolo Borgna, Donzelli Editore, 1994.


 

 

 

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