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Un libro per amare la nostra Resistenza: "Fuochi d'artificio"


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Un romanzo per ragazzi che piace anche agli adulti, questo “Fuochi d’artificio” di Andrea Bouchard, maestro e scrittore, al suo quarto libro, da cui è stata anche tratta, ad opera della regista Susanna Ricchiarelli, una miniserie televisiva, in onda su Rai 1 lo scorso 15 aprile, ieri, 22 con il sottotitolo Cinquemila stelle, e prossimamente il 25, che vede protagonisti Anna Losano e Luca Charles Brucini.

Il libro, che mescola fantasia e realtà con un risultato sorprendente, è ambientato nell’immaginaria val Praverso, ma ispirato a persone e luoghi reali – le valli Pellice, Chisone e Germanasca - perché l’autore, figlio e fratello di pastori valdesi, conosce bene quei luoghi.

E’ la storia fantastica di quattro adolescenti, legati da una forte amicizia, nonché di coraggio e spirito d’iniziativa che, in quelle Valli, occupate dopo l’8 settembre 1943 da una dura invasione nazista, li fa diventare partigiani. Marta è magrolina, poco formosa e ha lunghi capelli biondi che la fanno sembrare tedesca. Marta vive nelle Alpi piemontesi negli anni cruciali della Resistenza. I due fratelli maggiori, Matteo e Davide, sono entrambi impegnati nella lotta contro il nazifascismo. Matteo è diventato un comandante famoso, e combatte sotto il nome di Jackie. Davide ha soli 14 anni ma, insieme a Marco, suo compagno di liceo, ha deciso di unirsi anche lui alle file dei partigiani. Il padre è un membro importante del CLN di Torino, e la madre è fuggita in Svizzera a causa della sua attività antifascista. Marta non sa cosa fare di sé stessa, divisa tra il desiderio di normalità e le pressioni familiari, e finisce per farsi coinvolgere in quella sorta di "avventura" che sarà per lei la guerra di sabotaggio partigiana. 

In un suo periodo di impegno giornalistico, Andrea Bouchard ha potuto intervistare anni fa partigiani che ora non ci sono più, tra cui ricorda particolarmente Roberto Malan (il fratello di Frida e Gustavo, anche loro figli di un pastore e impegnati nella Resistenza), che fu capo partigiano di una formazione di Giustizia e Libertà in quelle Valli e nella Valsusa, e che gli disse una frase che lo colpì molto: “insegnavo ai miei uomini a non odiare”. Questa storia risente di quell’insegnamento, e ci insegna ad accostarci alle vicende vere con rispetto per i loro valori e per l’orizzonte di libertà e giustizia che ora negli 80 anni della Liberazione celebriamo.

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